sabato 11 dicembre 2010

PUNTO



Pensare meditare decidere:
i verbi che ho messo in fila nell'ultimo post.
Poi basta un attimo, una telefonata prevedibile ma non attesa, e le decisioni vengono da sole portate a maturazione da mere considerazioni economiche. L'I.C.I. si paga, e basta!
Quelle tristesse.

A volte si spreca una vita per cercare di entrare in contatto con qualcuno, qualcuno con cui si da per scontato tu sia in contatto, sia inteso, e la soluzione, la porticina di accesso non si trova mai. E se si trova la porta, come fare per ottenere la chiave? Così, dopo anni di tentativi, ricerca di tecniche e di metodi - bussare, scampanellare, chiamare, gridare sotto le finestre - mi accorgo che, per motivi che restano ignoti, l'ingresso continua ad essere negato.
Lo sconforto regna sovrano. La familiarità non si crea, la comunicazione resta a senso unico. o come a Babilonia ognuno parla la propria lingua e non riesce a comprendere quella dell'altro: ne avverte solo il silenzio.
Aguzzare le orecchie non basta più. Trincerarsi dietro un'indifferenza che non trovo nell'anima, pare l'unica soluzione, ma non quella che vorrei.
Lasciare gli altri alla propria vita e distruggere un mito nel quale trovano spazio le mie radici: la soluzione è semplice, spietata, inammissibile.
Ripenso ad un passato che si vela col passare degli anni di alone di mito, di figure sfuggenti e imponenti. Possibile che l'odio sia stato il motore di troppe relazioni? Possibile che nulla si salvi e nulla "valga la pena"? Possibile non riuscire a mostrare la propria anima per quella che è, con dolore e accoglienza, aspettativa e romanzo? Possibile non essere amati, sfiduciati, esclusi con così ferrea certosina perseveranza?
E' possibile accettarlo?
E' un cammino diverso da oggi: l'abbandono di una certezza che era solo per uno, col vuoto che lascia lo spazio non più occupato. Ed i segni sul muro.

2 commenti:

ignominia ha detto...

bellissimo post, bellissima immagine (manca il credit)
I feel your pain brother! Tutto si salva e vale la pena perchè è la TUA esperienza, ma non possiamo sperare di poter essere amati, creduti, confidanti da tutti.
Per questo io da lungo tempo ho capito che uno la propria famiglia se la sceglie tra coloro con cui uno riesce ad instaurare tale rapporto, seppure privo di memorie antiche comuni. E che se anche si condivide il sangue non sempre si condivide lo spirito, l'anima. E questo purtroppo uno lo deve accettare.
Ma vedrai che con il tempo il divario fra questi due mondi, sembrerà meno profondo, che le cose, una volta passato l'occhio del ciclone, si rimetteranno in una temporanea, parvenza di calma.
cureanti

UnoQualunque ha detto...

E' davvero bello quello che hai scritto (e, ovviamente, non vuole essere un giudizio puramente 'estetico'). Porte e porticine che non si aprono, chiavi che non si trovano (o non vogliono farsi trovare), familiarità che non si creano, lingue che non si comprendono: sono pur sempre due (o più) parti che devono incontrarsi, mai tutto dipende da una sola. Se poi è una sola di queste a chiamare e l'altra non risponde, beh...forse la priorità, a questo punto, resta il non venire meno a se stessi, guardarsi con un valore accresciuto, comunque. Forse...