venerdì 26 luglio 2013

PARTO 3, IL RITORNO




fotomiafattadame

C'è di nuovo che posso dire che Budapest non mi piace.
Che si è rivelata un bluff.
C'ho le prove!

È vero che ci son le Terme che non ho fatto. Vero anche che la birra costa poco e che pare che questa sia una delle città a più alta disponibilità erotica del continente...
E pure questo non l'ho provato. Però che delusione!

Ho visto e percepito una città con ancora pesante l'accento sovietico, sconclusionata, stranamente sciatta. Dove nella maggior parte degli esercizi commerciali sono stato trattato a pesci in faccia, come se esistesse un baratro non superabile: chi tratta col turismo in attività strettamente a questo correlate, più o meno se la cava. Ma appena giri l'angolo per osare acquistare al supermercato... Zak, pesciate garantite! Son tornato che puzzavo di aringa!

Poi tutto quel cemento fine '800/primi '900 da fotografare! Che barba mostruosa! Manco un opus reticulatum in vista! Ecchecavoli! Manco fosse la parte bassa di Mahattan!

Tutti lì con l'apparecchio in mano a prender foto di leoni, ponti con catene o non, danudi, parlamenti, bastioni, basiliche... Per portar a casa non la certezza di essere stato in un posto figo, ma la mera testimonianza di essere stato lì.

Poi in pasticceria, quella che i siti di settore definiscono la migliore della città, mi impediscono di assaggiare la torta più famosa del luogo, anche questa cioccolata e marmellata, a meno che non mi abbuffi in un tris malefico con altri dolci banali. E stavolta non la do vinta alla gola.

I ristoranti segnalati sono un monte ma parecchi si rivelano chiusi per ferie, così passo un fottio di tempo al telefono a contattare e cercare di prenotare prima di affrontare la scarpinata fino alla saracinesca abbassata.

Insomma: a me la città non è piaciuta.

Allora perché ci sono stato?
Primo perché sono italiano e con la visita mi son guadagnato il diritto a lamentarmene! E non è poco;
secondo perché il tour lo prevedeva, l'hotel era "TRIVAGOPAGATO", la benzina in auto c'era già, quindi perché non andare?;
terzo perché non avevo idea di che cosa si trattasse fino a che non vi sono arrivato.

Quarto e ultimo: ho avuto modo di ammirare il mercato coperto. Enorme. Al piano terra, interamente dedicato al cibo, una varietà di umanità, colori e odori da inebriare la mente ottenebrata dalla stanchezza. Uno spettacolo molto più vero di quel cemento orrendo che mi son dovuto sorbire.

Almeno quella mezz'ora me la son goduta.


Inviato da iPhone di Melinda

lunedì 22 luglio 2013

PARTO / 3


fotomiafattadame


Ci sono momenti in cui ti accorgi che il viaggio ha inizio solo perché ti sei spostato dai percorsi noti, quando benedici di essere partito per tre capitali europee senza uno straccio di guida turistica, fidandoti solo di quello che ti passa giorno per giorno internet, e dell'intuito da "fuori pista".

Una rivoluzione assoluta per me ed il mio modo di viaggiare. Totale.

Ho affrontato con lucidità ma anche senza volontà o costruzione, il mostro del controllo, fidando su cose che prima di adesso avevo seguito raramente.

Eppure mi rendo conto che stavolta il viaggio inizia lì.
Inizia nel paesello vinicolo dove sei capitato per cena e dove vedi che due bambini stanno andando, vestiti a festa, DA SOLI, a teatro. La più grandicella stringe i biglietti anche per il fratello. Shakespeare li aspetta con "Le Allegre Comari Di Windsor".

Inizia quando ti allontani dai gruppi che imperversano in città alla ricerca delle labili tracce di "Sissi", gruppi compatti e rumorosi, che non ce la fanno però a mettere in forse, neppure per un attimo, la quiete e l'eleganza di questa città: entrano veloci nella chiesa dove la loro eroina si è sposata, fanno una foto e spariscono dalla vista.
Allora scopri passaggi nei cortili, galleria inizio secolo dove decidi di fermarti a pranzo, chiese antiche e, ahimè chiuse.

Oppure quando percorrendo chilometri di strada da un punto all'altro, ti fermi d'istinto a mangiare il "solito" gulasch nella cittadina in cima al colle dove scopri case ordinate e ben tenute.

Cambiando percorsi, accettando viaggi che prima non si sarebbero accettati, si scoprono prospettive diverse. Allora benedico l'ira che mi ha assalito il giorno prima della partenza e che per dispetto non mi ha portato in libreria. E benedico il mio coraggio nel guardare dritto avanti e non cadere nella solita mania dell'aggiustare tutto.
Non avrei goduto queste sbavature dovute alle svirgolate dal tour preconfezionato.

E domani Parto/3




venerdì 19 luglio 2013

GENTE = PARTO 2





In metrò a Praha c'è un Tin Tin tatuato che al posto del ciuffo ha un rostro appuntito. Non guarda il resto del mondo in maniera truce, ma il fatto che abbia una frusta in cuoio arrotolata a tracolla mi interdice anche il farmi sorprendere a fissarlo: che non gli venisse in mente di improvvisare uno spettacolo da circo...

Il casino incombe sul centro e nei luoghi più turistici della Capitale. Una fiumana multietnica che intasa e blocca i monumenti e le strade e che te ne fa scappare non appena possibile.

Se penso che questo Paese ha pochissime autostrade completate e non ha accesso al mare, mi domando come abbiano fatto tutti questi umani ad arrivare fin qui. Possibile tutti in treno o aereo?
Comunque in qualche modo devo essere arrivati.

Sono un imbarazzante numero di persone. Insomma un macello di gente che non ti consente di fare una singola foto che non sia stata già fatta o fatta in contemporanea da centinaia di altri obiettivi: una foresta di mani alzate a riprendere lo stesso scorcio. Un po' come se si fosse tutti intorno ad innumerevoli Torri di Pisa, tutti a puntare lì, nessuno che s'interessa di Duomo e Cimitero...

Mi da fastidio la calca, tanto. Non posso non ricordate che arrivo dalla quiete e dal garbo del Borgo del Sale. Chiedo asilo in una pasticceria storica appena riaperta. L'eleganza e i locali semi deserti ristorano il sistema nervoso amareggiato. La fetta di torta un po' meno perché è davvero basica nel sapore.

Meglio la folla allora? No, infatti procedo per vie traverse per dare un'occhiata a pz. Venceslao in versione diurna. Vista, fotografata, via di corsa.

Neppure un cestino di ciliegie mangiate al mercato mi mette in pace con il luogo.
Spero allora nell'abbondante cena, che mi riconcili con la città.

Intanto scappo in camera a preparare la valigia: domani si PARTE/2


Inviato da iPhone di Melinda

giovedì 18 luglio 2013

PARTO




fotomiafattadame Salisburgo


Parto da Salisburgo verso Praga.

Carico la macchina dei bagagli, saluto l'hotel e le sue addette di una gentilezza inusuale e lascio la città quieta per quella che ancora non conosco bene. Lascio gli arditi cetrioli delle sue piazze centrali per avviarmi verso i cristalli intagliati e le torri illuminate.

Lascio gli stucchi barocchi non dorati, il silenzio delle vie del borgo, la calma dei cantieri che non emettono suoni, le strade in ripida salita percorse a piedi, le cialde Nespresso a prezzo inferiore, i pozzi cisterna nelle piazze abbacinanti di sole degno di Suk arabo per immettermi in una campagna che non da sorprese paesaggistiche. Solo le nuvole alte e con la parte inferiore piatta fanno notare se stesse.

Salisburgo mi pare graziosa, viva e un po' contraddittoria. Mentre Ignominia la definisce "leccata" - come darle torto vista la cura del particolare, la raffinatezza delle finiture - non posso non notare che al piano terra della casa natale del divo locale imperituro, W. A. Mozart, è stato aperto un bel supermercato della catena Spar. Così mentre si scende dalla visita della casa museo, MAGARI CON L'ANIMA UN PO' IN SUBBUGLIO, raggiunto il piano terra, da una grande finestra sulle scale si vedono penzolare prosciutti, ripiani occupati da affettatrici ed un'addetta che prepara panini senza soluzione continuità. Con tanto di cuffietta igienica sui capelli.

Disturba? Un po' sì, inutile negarlo. Però perché protestare se c'è lo Spar invece che una bella boutique di abiti di marca? Che cambia? Un prosciutto od un manichino alla fine della visita, cambiano il concetto che quella casa non dovrebbe essere altro che un sacrario della memoria dell'artista? Costava molto fare un piccolo sforzo per preservarla solo alla memoria?

Probabilmente sì.

Ma riparto soddisfatto: Salisburgo mi è piaciuta parecchio.

Praga, dopo ore di viaggio mi accoglie con un turbinio di turisti che neppure a Rimini ce ne sono così tanti. Tutti brutti, tutti sciatti, seduti a tavole sciatte di sciatti ristoranti, oppure a caracollare per le vie del centro storico rimodellate ad uso e consumo del souvenir da turista. Che tristezza!

Ceno abbondantemente in un ristorante fuori dal baccano, uno di quelli scovati in internet da cui esci che puzzi di fumo di sigaretta e odore di cucina non novella.
Digerisco la bistecca di maiale girando per il centro.
Nugoli di persone in attesa dello spettacolo serale dell'orologio della torre: lo si distinguerà appena, al contrario di altre costruzione, quel lato non è illuminato.
Lì vengo fermato per strada dal solito "buttadentro" da night club.
"Amico, vuoi un bel night club? Belle ragazze? Berlusconi, bunga bunga?".
Gli dico in faccia: "Vaffanculo".
Chissà perché...

Che bello! Ci siamo finalmente emancipati dal trito concetto: "Italiani, uguale mafia". Ora sì che mi sento meglio.
Dopo questa italica figura di merda, non vedo l'ora di andarmene da qui.


fotomiafattadame Praga

lunedì 15 luglio 2013

LA NUOVA MIRABILANDIA


culturehunter.org

Per me, più o meno, è di questo che si tratta: un enorme parco di divertimenti da ammirare, bocca aperta e sguardo sorpreso, quasi incredulo, pure mentre faccio la fila al supermercato dove non oso più chiedere una busta per contenere la spesa, ma un provvidenziale sacchètto.

Perdo le parole in tutte queste novità. Le perdo così tanto, così a fondo da non trovarne più per scrivere qui.

Più che altro non trovo termini per definire questo periodo d'assestamento: in pochi mesi ho cambiato, ed hanno cambiato parecchio della mia vita. Altro ancora lo sarà ma adesso non lo intravedo, e se lo percepisco mi viene da distogliere lo sguardo.

Di tutti i cambiamenti incontrati, la somma e la sintesi potrebbe essere questo nuovo modo di invadere le mie orecchie: questi rumori diversi, queste voci diverse incastrate nell'incapacità di gestione delle vocali nella loro stessa chiusura o apertura, che porta la mia mente malata ad immaginare di offrire un succo d'aringa, quando mi chiedono un succo di pésca.

Son perfido lo so, ma come tutti quelli che si spostano per lavoro, ho necessità di mantenere saldi alcuni principii che conclamano la mia identità. Non foss'altro che attraverso un'attaccamento alle pagine magiche e rassicuranti del DEVOTO-OLI.
Quando le macerie - della trasformazione - non hanno ancora fiori ed erbacce sopra di loro a rivendicare il passare del tempo, servono le radici per restare in piedi.
Un tempo lontano mi fu consigliato di non rinnegare queste radici che mi fanno diverso da chi mi circonda, raccomandazione che arrivò da chi poi, banalmente, si comportò come in un trito feuilleton, come tutti gli altri che lo accomunavano.

Non le posso lasciare le mie radici, come nessun altro può farlo, sono le basi attraverso le quali resto in piedi sul mondo.
Adesso capisco meglio tanti degli atteggiamenti pervicacemente separatisti di tante comunità di migranti: non le giustifico nei loro risvolti più truci e razzisti, ma mi riesce più facile vedere in esse una sorta di difesa dell'identità.

Ripeto: non sono qui a giustificare la stupidità e la crudeltà degli estremismi, quello mai.

Ed io mi son spostato di poche centinaia di chilometri, all'interno del mio stesso Paese, a fare un lavoro tutto sommato da privilegiato.

Con la capacità, gli strumenti per percepire e godere della meraviglia di questa Mirabilandia, del cambiamenti e quindi di godermela pure un pochino.


Inviato da iPhone di Melinda

sabato 13 luglio 2013

IDIOTA



fotomiafattadame

Da sempre ho avuto vergogna della mia personale ginecomastia. Avere le tette ha segnato d'imbarazzo la mia adolescenza e, a seguire, l'età adulta: chi mi conosce sa bene quanto io possa essere estraneo all'uso delle t-shirt.

Però d'estate mi piace comunque correre a torso nudo. Scelgo posti isolati, semi deserti.

Un paio di giorni fa mentre vado tette al vento in una strada bianca di campagna, vedo in lontananza avvicinarsi un auto.
L'istinto mi porta a coprirmi con la maglietta.
Ma non so per quale inaspettata illuminazione, stavolta oppongo resistenza attiva: questa vergogna ha da passà!

Avanzo, testa alta, fiero e intontito dal volume della musica che ho alzato per non sentire la vicina interiore che m'intima di coprirmi, incontro alla vettura che rallenta solo un po' per non coprirmi di polvere bianca ma certo non si ferma.

Al volante paparino che guida un gomito fuori dal finestrino, l'altro teso a sollevare il telefono all'orecchio. Parla al telefono. Sulle ginocchia un bimbo di poco più di un anno che gioca libero col volante...
QUI i puntini di sospensione ci stanno tutti...

Allora finalmente realizzo che sono un idiota a vergognarmi di mostrare le tette, se quell'idiota che guida col bimbo in posizione omicidio non si vergogna di mostrare di essere tale.


Torno a casa senza indossare la maglietta neppure lungo il tratto che fiancheggia la strada trafficata.
Che mi guardassero pure le tette, io con quelle non metto in pericolo nessuno.


Inviato da iPhone di Melinda