domenica 29 gennaio 2017

ORBETELLO



immpuntoverde.com

Volare sugli aerei offre tali panorami che sembra di sorvolare tenendo, col dito,  il filo delle pagine di un atlante geografico. 

Non sempre. Non quando sotto è nuvoloso e neppure quando durante il volo lavoro e non sto seduto come un passeggero: allora guardare fuori è l'ultimo dei miei pensieri - troppe cose da fare per avere tempo da perdere. E quando mi chiedono: "Scusi dove siamo?", oppure: "Ma stiamo sorvolando la Corsica o la Sardegna?", mi verrebbe da rispondere secco: "E che diavolo ne so io, sei tu che guardi giù dal finestrino. Dimmelo tu piuttosto dove siamo!", se non fosse che sarei troppo maleducato, la quintessenza di colui che invece di lavorare col pubblico dovrebbe litigare solo coi bulloni di un magazzino di ferramenta. A ferragosto. 

Stamani invece dopo essermi ripreso dal pisolino in partenza durato per tutto il rullaggio, il decollo e la salita, seduto al posto finestrino, guardando giù ho visto chiaramente che la strana conformazione della zona di Orbetello e dell'Argentario non è composta dalla sequenza MARE-TERRA-LAGUNA-TERRA-LAGUNA-TERRA-MARE, come ho sempre creduto fin da bambino, ma da una sequenza più semplice fatta di MARE-TERRA-LAGUNA-TERRA-MARE: la sacrificata penisola che s'incunea bella bella proprio al centro della laguna non arriva a toccare il monte proteso nel mare, ma s'interrompe senza giungere alla meta. Pavida lei. In compenso c'è un ponticello che arriva fin là, ma non so se e da chi è percorribile. 

Son soddisfazioni semplici, quasi da fase anale, però son soddisfazioni. 

Poi ho potuto constatare che Lucca è sempre circondata dalle sue spesse mura cinquecentesche e che alle sue spalle il laghetto montano è per metà ghiacciato ma di neve sull'Abetone non ce n'è così tanta. Giusto un po' sulle cime, che sembra verniciata dall'imbianchino che per non sbavare, ha messo torno torno un giro di nastro adesivo di carta. 

Oltre. 
L'autostrada della Cisa era aperta ed utilizzata, ma quando pubblicherò il post questa notizia sarà già obsoleta ed assolutamente velleitaria: un cumulo di parole utili a nessuno. 

Poi percorrendo con gli occhi i letti di fiumi e torrenti che testardamente hanno scavato i solchi tra le montagne, si arriva sulla piatta pianura. Nulla da segnalare: è sempre lì a produrre industrie ed agroalimentare per tutti noi, forse un filino noiosa, ma certo indispensabile. L'arco delle Alpi che la chiude s nord, finalmente con un po' di neve, ma poca per carità, si vede lontano. 

Il taglio netto e vasto del Po, le sue splendide rive sabbiose, le cave divenute laghetti e le distese di pannelli fotovoltaici che diventano essi stessi laghetti mirabilmente riflettenti. 

Siamo già bassi tanto che si contano le auto nelle fattorie, parcheggiate vicino ai palloni per la produzione del bio-gas: mi son sempre chiesto se quel gas si usa pure per cucinare e se il suo odore interferisca con quello della pastasciutta. 

Ecco la tangenziale. Giù il carrello, si atterra. Controllo che Amicaaa non stia razzolando nel boschetto a destra e sono arrivato. 

Sì, decisamente meglio il posto finestrino se si è guardato spesso l'atlante quando si era più giovani. 


Inviato da iPhone di Giampiero Pancini

martedì 24 gennaio 2017

BOLOGNA MOCBA



fotomiafattadame


Giro strano questo. 
Iniziato in una Bologna grigia ed umida e fredda ma irresistibilmente avvolto da un sorriso e da una simpatia che non vedevo e non provavo da quasi 10 anni... 
Strano parallelo quello tra Bologna e Saõ Paulo, Romano Prodi e Cesária Évora. Eppure reale. Cambiano solo gli abiti, gli anni e tutto il vissuto vissuto. 

Attraversare angoli della città mai immaginati prima: non portici banali che conducono in centro ma portici della vita quotidiana. Passare per la Social Street che ha deciso di vivere facendo conoscere tra loro i propri abitanti e immaginarla nella strada dove vivo adesso e vederne tutta l'intrasferibilità in un nord dove il sociale suona troppo di "collettivo" e troppo poco di "relazionale", per essere anche solo affrontato. 
La cucina a vista che normalmente serve gustoso cibo ragionato e compatibile con l'ambiente e che per questo non prende l'aura di chic e modaiolo e caro ma piuttosto quella di quotidiano, umano, reale. 

Poi, costretto ad abbandonare tutto questo, in un balzo durato pochi minuti trasferirsi nella grande Madre Russia 🇷🇺 con tutto lo scomodo che ancora adesso significa, territorio da sempre avaro di diritti ben distribuiti. 
Freddo e neve. Guardare da dietro i doppi vetri della mia stanza nella piana imbiancata che nevica sottile in tutte le direzioni geografiche. Orizzontale e verticale compresi. Restarne affascinato perché il bianco della neve combatte e vince sul grigio del cielo e riesce a rendere attraenti anche i parcheggi con le sue montagnose bianche che nascondono automobili. 
Donne e uomini in t-shirt mentre io mi rivesto di strati di lana per fare due passi al chiuso. 
Colori dei capelli e della pelle in netto contrasto con i miei. Volti e corpi dalle forme sovietiche, ettolitri di tossine spianatrici di rughe iniettati sotto la pelle di donne di tutte le età. Immobilità e gonfiori degni della California angelena.
Il cameriere che sceglie le tazze per il tè tra quelle a disposizione al buffet e, dopo averne controllato l'interno, sceglie quelle pulite e rimette a disposizione del popolo le scartate, presumibilmente sporche... Un impeto di fratellanza trovato di eguale solo a Bratislava. 

Scoprire in una telefonata che chi ieri sera hai lasciato vivo non lo è più e restarne basito anche se quel volto non ha per me né un nome, né una relazione. Non fare filosofia di tutto questo ma assistere impotente e arreso all'inevitabilità, alla bizzarra fantasia della vita. 

E prepararsi a rientrare a casa con la voglia di non muoversene mai più. Sperando che il restare immobili possa congelare il momento ad "ora". E che si possa diluire in qualche modo l'assalto della realtà. 
Un desiderio destinato a rivelarsi inconsistente. 
Ma lo so già. 

Quindi: "Avanti Savoia!".


Inviato da iPhone

sabato 7 gennaio 2017

2017



Fotomiafattadame



Anno nuovo vita nuova?
Proviamo a vedere cos'è cambiato, se davvero qualcosa è cambiato, facendo un giro per Milano. 
Di certo, con l'arrivo del 2017, non è diminuita la mia necessità di camminare: come ogni vecchia abitudine è dura da far sparire, specialmente quando si viene da un periodo di costante alimentazione da oca da foie gras, che se almeno il giorno dell'Epifania non fai una camminata degna di un Re Magio, cammello escluso, è certo che oltre alle feste, si porteranno via pure me con un infarto in corso. 
Quindi, rientrando a Milano dalla solita abbuffata, ho scelto di scendere dal treno alla stazione di Cadorna ed ho attraversato a piedi la città per arrivare a casa. 

Nell'imberbe 2017 non è cambiata la voglia di fare acquisti: il primo giorno festivo in regime di saldi vede le saracinesche alzate ed i negozi frequentati. Certo non pieni, ma le persone che pascolano sui marciapiedi qualche shopper la portano con sé. Pensavo di camminare per un centro poco affollato, invece no. In fondo è bello vedere tutta questa gente in giro, è una bella sorpresa per me che credevo di camminare nel deserto dei marciapiedi. Come ogni anno ho sottovalutato l'effetto saldi. 
Certo a Palazzo Marino espongono un Piero della Francesca (bellissimo), ma non passando di lì, do per scontato che pure in piazza della Scala ci sia una coda per vedere la tavola. 

Non manca pure oggi là SCIURA PANTERONA con auricolare bluetooth che disserta di lavoro con l'ominide impaurito che pensava di fare una semplice passeggiata con lei, e non di subire un indottrinamento che sarà utile da lunedì prossimo, al rientro al lavoro. Lei è in modalità "voce alta", giusto per interessare il disinteressato corso Garibaldi alle sue teorie sull'accumulo dei soldi. Questo esemplare cittadino non si estingue e non migra. Fa parte del tessuto urbano come l'acciottolato lombardo. È un sempreverde. 

Più oltre, seduti fuori da Radetzsky, due giovani avventori: lei fuma compiaciuta mentre lui la stringe a sé ravanandole la tetta sotto il cappotto. Nulla di nuovo neppure tra i cafoni che neanche il sesso riescono a vivere nel privato di una camera, va bene anche ad ore. 

Arrivo a casa e mi barrico nella normalità di un anno nuovo che non ha ancora smaltito, e non smaltirà mai del tutto, l'anno vecchio. Di buono, vista ormai l'imminente chiusura del periodo festivo, c'è che dalla TV sono sparite le patinate pubblicità dei profumi che hanno imperversato durante il pre Natale, lasciandoci liberi di emanare effluvi personali dopo il dictat aromatico sotto l'albero. 
In compenso continuano a dare cartoni animati e fantasy, di quelli belli, così riesco a vedere Cars, Maleficent, Big Heros 6, Robin Hood, Monsters & Co. a stretto giro di telecomando e pure questa è una bella storia che si ripete. Dovrebbero interessare  solo i più piccoli ma non è così: io me la godo questa parentesi da Montalbano e CSI vari. 

Sono in pace. Tutto prosegue come sempre: il mio barbiere di Caserta odia gli immigrati a cui non passerebbe neppure un'aspirina gratis, ancora riesco a farmi lunghe chiacchierate con anziane signore sconosciute davanti al banco dei freschi al supermercato e, infine, continuo a trovare il camminare la migliore meditazione che si possa esercitare: diceva bene la mia insegnante di yoga quando affermava che la mente ha bisogno del corpo per calmarsi.