giovedì 23 luglio 2009

QUALITA'

Lo so, fa caldo, lo sento anche io e la notizia è che non posso farci nulla.
Da anni contrario all'aria condizionata, ho coibentato la mia casa per stare più fresco d'estate e più caldo d'inverno. E quando i materiali non reggono l'onda d'urto di questo clima del ca@@o, che si ostinano a farci sapere non essere cambiato, soffro in silenzio, ma la pompa non l'attacco.
Piuttosto mi mangio un gelato in più o esco la sera per disperdere il calore del corpo. Bevo acqua e solo quella, e aspetto che arrivi la sera, l'autunno, l'inverno, che ad una certa età è la stagione del cuore. Nel frattempo mi godo quello che offre l'estate cittadina. Ieri sera Musica, con la M, non la m.


Non servono grandi cose per fare uno spettacolo musicale. Basta avere la musica dalla propria e la capacità di riproporla.
Certo servono anche i testi: più fanno leva sul cuore, sul vissuto del pubblico o sulla sua realtà e più hanno presa.
Certo non guastano le luci ed un palco sufficientemente grande per accogliere gli strumentisti, ma va bene anche non essere costretti a proporre effetti visivi da altri mondi della galassia.
Certo serve una voce quando si canta, e se si ha uno strumento poderoso che porta fuori la voce da sonorità inaccessibili ai più, rendendo all'orecchio un fiume caldo, potente, fermo, intenso va meglio che allo Zecchino d'Oro.
E certo serve la voglia di fare musica e dare emozioni attraverso quella, la voglia di divertire ed emozionare con qualcosa di reale e tangibile. Qualcosa che il pubblico, qualunque esso sia percepisce ed apprezza.

Bene, ieri sera tutto questo era in scena all'Arezzo Play Festival, mentre sul palco sovrastava la figura pagana della regina Tracy Chapman.
Unica dominatrice del palco, accompagnata da tre strumentisti, con lo sfondo degli alberi che circondano il giardino del Prato, pochi e semplici, non banali gli effetti visivi delle luci, nessun cambio d'abito, niente lustrini e stivaloni, niente ballerini, solo il cambio continuo di molte chitarre, e la sensazione costante di un dominio completo del palco e della band.

Ho amato la sua musica in tempi non lontanissimi, ma certamente non recenti, da quando con l'uscita del suo primo album - lavoravo in una radio locale allora- sbagliai in maniera ridicola la presentazione del cd affermando che non riuscivo a capire perché l'autrice avesse apposto una sua foto da bambina sulla copertina del suo primo lavoro, intitolato  appunto "Tracy Chapman"...  Non si trattava di una vecchia foto, ma di un suo ritratto in sepia assolutamente recente: ne ebbi conferma assistendo ad un suo concerto, poco tempo dopo, sulla spianata della Chiesa di S. Margherita di Cortona - AR . Figuracce di gioventù, cavolate espresse con leggerezza per riempire i troppi vuoti di silenzio di una trasmissione radiofonica pomeridiana. Cercai di perdonare me stesso passando il più possibile quel disco con i pezzi che diventavano via pia più noti al grande pubblico: "Talkin' bout a revolution", Baby can I hold you", "She's got the ticket" e gli altri, la cui notorietà credo adesso di confondere con i miei ricordi personali.
Le mie emozioni personali invece: non posso negare che a quel primo disco sia legata una delle storie sentimentali più intense e importanti della mia vita. Ed una delle considerazioni più razziste e feroci che abbia mai sentito uscire dalla bocca dei miei nipoti. E' per questo che conosco ogni parola di molte delle canzoni contenute. Ieri sera una cara amica mi ha chiesto se avevo studiato vedendomi cantare in contemporanea: no, bastava lasciar volare libera la memoria.

Ieri sera il repertorio è stato un misto di nuovo - l'ultimo cd è uscito nel 2008 -  ed estremamente famoso, dal passato dei suoi 8 album pubblicati.
E' comunque emozionante sentire la sua voce piena, che col passare degli anni ha acquistato una chiarezza di pronuncia sconosciuta all'inizio della carriera, uscire e riempire l'aria.
Emozionante ascoltare una musica semplice, chiara, acustica, resa con vigore, rigore ed energia da tutta la band.
Emozionante vedere chi ballava al ritmo dei successi incontestabili e delle canzono spaccacuore ma non melense.

Certo per chi non la conosceva e si fosse avventurato fino in cima alla città con l'aspettativa di uno spettacolo tutto glittering la delusione deve essere stata grande: uno degli appuntamenti con Paris Hilton su MTV potrà servire da consolazione.
Si consoli comunque con il prezzo misero del biglietto: 12 euro se comprato in loco. Se penso che la soddisfazione di vedere Rettore mi è costata 50 centesimi un più...

1 commento:

ignominia ha detto...

associo la musica della Chapman con i tempi di Via Montebello, dove degli amici avevano un appartmento, il primo, dove noi tutti potevamo rifugiarci a chiacchiera o a cena senza la presenza di genitori. Il posto era anche usato da scannatoio da due degli affittuari, che in realtà vivevano ancora a casa con mammà che gli preparava i pasti e gli stirava i vestiti. In Via Montebello viveva solo Mito, così chiamato per via della Targa della sua macchina, e di cui mi vergogno di non ricordare il nome.
Mito mi sarebbe piaciuto ora ma allora non sapevo apprezzarlo. Mito era un pittore, un'artista e viveva spesso da solo nell'appartamento semi vuoto e piuttosto grande. Ricordo due album che ascoltava, uno quello della Chapman e l'altro quello di Robert Fripp, Let the Power Fall, un disco difficile ma di cui ho scoperto avere due copie in vinile, e non ricordo perchè. Tra l'altro è rarissimo.
Ricordo di come fossi intrigata da Mito, dalla sua indipendenza, mancanza di bisogno di compagnia, ma non sapevo ancora come leggere una persona simile. Ho un collage di immagini e suoni in testa: lui seduto per terra nella sua stanza, i suoi dipinti, la musica della Chapman, e la copertina dell'album di Fripp. La sua Taunus celeste che ogni tanto non partiva, la targa MI T0... la sua occasionale presenza quando era di umore di farsi tirare fuori dalle sue paturnie da un branco di perdigiorno. Credo che sia rimasto pittore, ma non ricordandone il nome come trovarlo?

dazedas