mercoledì 22 febbraio 2012

SI FA QUEL CHE SI PUO'


vogliosposaretizianoferro.it

Oggi ho spedito la solita mail annuale con la quale imploro un lavoro dal direttore del personale, mail che pare diventata uno... anzi il solo metodo per poter rientrare ad occupare il posto di lavoro che si occupava un tempo e che qualcuno ha deciso di sottrarci per passarlo a qualcun altro.
Potrei non farlo e sperare che almeno il registro dei "carichi pendenti" risulti aggiornato, ma siccome che non si sa mai...

Non mi dispiace scriverla: la mia disponibilità e volontà a tornare a lavorare sono reali. E alla fine il mendicare un lavoro non mi fa neppure troppo schifo: il fine giustifica i mezzi in questo caso. Poco contano, quando c'è necessità, le smagliature che si creano nell'anima nel rendersi coscienti che si deve implorare anche per quello che crediamo ci spetti. In assenza di una rivoluzione culturale che rovesci la mentalità che il possesso del potere crea nell'uomo, le strade devono essere tortuose per arrivare a destinazione, non dirette. Perché l'essere diretti comporta anche l'essere feroci, determinati, pericolosamente coscienti. E questo è inaccettabile.

Non mi dispiace farlo ma in fondo a me una vocina dice che c'è qualcosa di sbagliato in tutto questo, qualcosa di profondamente ingiusto.
L'ascolto, questa voce, la ringrazio di ricordarmi della sua salvifica, stabilizzante presenza, ma non posso darle retta: il salvataggio del mio personale "Titanic", non può rendermi vile come un qualunque Schettino.
Allora, aiutato dalla tradizione cattolica che mi insegna a cospargere la testa con la cenere - prima si gode poi ci si pente per benino - mi cospargo la testa di cenere, chiedo scusa per aver detto no l'anno scorso e vado avanti. Servo il mio culo "in bellavista", come un salmone qualsiasi, cosciente di farlo e pronto alla prima forchettata. Casomai mi scanserò.

Ma la vocina torna e mi ricorda di quel giovane che conosco per via di un suo parente, giovane che è rientrato a lavorare anni addietro pur avendo minor anzianità di me. Ed io son fuori...
Poi mi parla di quelle due care amiche, anche loro già rientrate, anche loro MOLTO più giovani di me. Ma non è colpa loro, lo so bene, è solo capitato che alla fine mi passassero avanti.
Poi mi ricorda quel collega, anche lui meno anziano, mai dismesso dalla mia azienda, che invece di provare imbarazzo per l'assurda posizione creatasi - lui dentro vs. io fuori - invece di tacere, mi consigliava di cambiare lavoro. Ma si sa: l'analisi della vicenda viene effettuata solo a senso unico, ma soprattutto per come ci fa comodo.
Poi mi ricordo di...

Ricaccio i ricordi e taccio. Non voglio arrovellarmi su una vicenda orribile e mal gestita che ha i suoi strascichi anche adesso, nel "qui ed ora".
Ho deciso di fare i miei passi per raggiungere uno scopo e lì farò. Spero di compierli nella direzione giusta.
Machiavelli mi farà da tutor.

3 commenti:

ignominia ha detto...

mi piace la tua etichetta, non badi ai formalismi.
vedo dalla tua serie di ricordi che vale per te ciò che vale per me, e cioè che l'esperienza non vale una cicca nella società in cui viviamo. Che una persona di 40 e + con tutto il bagaglio di conoscenza e maturità che si porta dietro, vale meno di un ragazzino che si può sfruttare, manipolare, e dirigere in malomodo, specie se uno fra milioni di neolaureati e licenziati che affollano le liste di disoccupazione. Ed'è così che funziona e giusto o non giusto bisogna adattarsi. Mettendo magari la maturità e esperienza a buon fine nello sviluppo magari di iniziative nuove, imprenditoriali, o che altro. E' una realtà odiosa ma che forse il tuo amico, con poca delicatezza, cercava di farti capire dicendoti di cambiare lavoro. Ma forse si tratta solo di essere il più tenace di tutti e fargli capire che non ti scrollano, NON TI SCORLANO; per cui meglio che ti usino - in bocca al lupo allora!

titina ha detto...

Feroci no, ma determinati si, e anche coscienti. Chiedi quello a cui hai diritto, e allora non pensare che sia mortificante o umiliante, spalle dritte e sguardo fermo. E sopratutto di vite ne abbiamo solo una, non può passare in attesa di.
Coraggio, e in bocca al lupo

Melinda ha detto...

Non credo molto nell'onestà intellettuale del "mio amico", ecco perché m'inca@@o se è lui a dirmi di rivolgere lo sguardo altrove. lo capisco magari da altri che nella vicenda non siano così coinvolti.
Ma tant'è: quella è la sua opinione. Stupida, ma sua. Parziale, ma sua. insensibile ma sua. Se la poteva tenere per sé. Tutto qui.

Per il resto non credo che ci sai molto da aggiungere. E contrariamente al parere di molti credo ancora di potercela fare.