martedì 3 aprile 2012

ASPETTANDO LA PIOGGIA

Castello di Colorno - fotomiafattadame


Piove.
Finalmente.
Non molto ma minaccia di più.
Qundi: bene.

Via un po' di polvere, via un po' di puzza. Via un po' di gente dalle strade.
Al primo che se ne lamenta l'interdizione perpetua dai pubblici bagni estivi: condanniamolo ad un'intera stagione di sudore ascellare!

C'è un grigio in cielo che non so più interpretare. Mi è quasi sconosciuto. Oltre che nuovo mi è di conforto. Lo trovo riposante, ecco.
Lo ammiro con curiosità dal vetro e mi stupisco quanta bellezza possa nascondere il grigio. Chi l'avrebbe mai detto che la nostalgia giochi di questi brutti scherzi?

A prima vista la sensazione è quella di schiacciamento, di pesantezza sulle spalle, sensazione che non cambia pur restando barricati in casa. Poi invece, con l'arrivo dell'odore della pioggia, l'aria si riapre e torna ad essere frizzante, facendomi godere la sensazione meravigliosa di... essere nella stagione giusta. E non ad agosto in marzo.

Pochi giorni fa ero in Emilia per una festa di compleanno seguita, il giorno dopo, da tour gastronomico/culturale. Che significa che con la scusa di andare a visitare il castello di Vignola, Parma, di fotografare la fioritura dei ciliegi che ahimè non era già più al culmine, si siamo cibati di tutte le porcherie e dei grassi che il territorio proponeva.
Il CIACCIO, una sorta di crepe un po' secchina, è impastato solo con un po' di lardo e cotto tra due piastre roventi. Poco lardo in verità se si esclude quello spalmato sulle piastre perché non attacchi. Peccato che il condimento tradizionale preveda una spennellata di grasso e trito di carne di maiale, buttato lì con una specie di scopetta vegetale, che prima di atterrare sul ciaccio rimesta un bel po' nel liquido.
Dire che ad un vorace come me uno solo è bastato fino a sera, da l'idea di quanto possa essere nutriente.
La magnifica scala del Vignola all'interno di Palazzo Boncompagni, la spettacolare Rocca sono state visitate senza sentirsi mai a corto di carburante.

La sera il castello di Colorno - Parma - chiuso per il nostro orario d'arrivo e con un bel giardino all'italiana, ha fatto da sfondo ad un'altra incursione culinaria iniziata col culatello e finita con i granchi di fiume catturati nel momento della muta e fritti con pastella. Una specie di rinforzino finale di monicelliana memoria. Un delirio di gusto anche per me che odio il pesce che sa di pesce...

Ora non resta che la gioia di aver assaggiato ed il pentimento di aver assimilato.
E la speranza che la pioggia che tarda a tornare spazzi via anche i sensi di colpa.

2 commenti:

UnoQualunque ha detto...

Oddio! Credevo di essere il solo patologico a cui desse fastidio il 'pesce che sa di pesce'! E invece...
Beh, sul grigio e sull'odore di pioggia potrei scriverci o sognare all'infinito. E non sai quanto per adesso detesti tutti i sospiri attorno a me beati dall'arrivo della primavera.
Sui sensi di colpa, invece, potrei scriverci un'enciclopedia. Sì.

Melinda ha detto...

Invece di Psyco con la fobia del "pesce che sa di pesce" siamo un gruppo! Evviva!
Sono stato la disperazione di quella povera donna di mia madre che alla fine rinunciò a cercare di impormi pesce. Ogni tanto qualcun'altro ci prova ma con poco successo.
Non so a te ma a me si bloccano le papille gustative: non sento nulla, nessun sapore, tranne un disgusto potentissimo.
Per inciso: non ha piovuto granché! Ma spero sempre in oggi e domani.