mercoledì 30 gennaio 2013

PIÈ-TRO-SI-TÀ




È da tempo che porto in tasca una pietra.

Anzi, preciso: per un po' la mia collezione di piccoli sassi era restata appoggiata sul mobile dell'ingresso, ma da pochi giorni ho ripreso la buona abitudine di metterne uno in tasca ad inizio giornata. I sassi li ho raccolti per strada, lungo un fiume, nelle spiagge siciliane con il medesimo intento, magari a sostituire d'urgenza la pietra preferita dimenticata a casa. Ad alcune ho disegnato occhietti e una bocca sorridente, perché diano il buonumore solo a guardarle, altre sono nude e crude, così come le ho trovate.

L'abitudine di passeggiare con questo piccolo, gradevole peso nella tasca era saltata fuori dopo la visione di un film che raccomandava la necessità di essere costantemente in uno stato d'animo di gratitudine, per accedere a tutti gli altri benefici che la vita è lì pronta a darci. Poi, sopraffatto dall'abbondanza di cose che mi stavano capitando, avevo messo da parte il bizzarro uso di viaggiare zavorrato.
Ma arriva sempre la necessità di riprendere in mano le proprie abitudini, almeno quelle che non ci fanno che bene. Di ribadire il concetto che in qualche modo ci ha cambiati, di fissare l'attenzione su quel nome che accompagna la Pietra e sviscerarne al contatto il significato. Suo proprio e all'interno della propria vita.

Perché al di là del valore del ricordo che ho attribuito al sasso c'è tutta una parte tattile che arricchisce l'argomento, di pensieri che si fanno sulla materia che aumentano la voglia di portare il "ricordatore" con sé.
Le dita che scorrono sulla superficie ruvida e porosa ne trasmettono, dai polpastrelli al cervello, le infinite variazioni di forma e di temperatura.

La materia poi è antica, più che preistorica. C'era prima di me, si sarà dopo. Viene da sommovimenti e pressioni e temperature e alchimie inimmaginabili. Solo questa considerazione da il valore di questa piccola scheggia che viaggia con noi.


Nei momenti di ansia ne ricavo la certezza di un mantra che le ho collegato da giorni, che inizia con un "ti amo", concetto già di per sé significativo, per approdare attraverso altri pensieri, alfine, ad un "grazie" sentito. Ed il mantra aiuta, soprattutto nella parte che riguarda l'amore.

In più. Nella distrazione della giornata fermarsi a riflettere sui concetti di "pietra angolare", colei cioè che sorregge le costruzioni nei suoi angoli, o "pietra miliare", per indicare un fatto che ha in sé un'importanza storica, di svolta, o ancora "mettere/rci una pietra sopra", come dire: "adesso si cambia strada, ci si rinnova, si lascia quello che c'è ora per raggiungere il futuro", può riportare la mente nella giusta direzione richiesta dalla necessità di tranquillità.

Certo può. Non deve. E non oso pensare che la scelta di viaggiare con una pietra in tasca possa essere condivisa da tutti.
Ognuno sceglie la propria varietà di campanello di guardia: può andar bene tutto e i più bravi usano il respiro per ritornare al centro. Altri la preghiera. Ancora molti altri bracciali, ninnoli, campanelli. Ma alla fine in molti hanno bisogno della simbolica presenza di qualcosa per riassestare il proprio umore ed il proprio animo.

Io uso un sasso. Una pietra. E andrò avanti così per parecchio.



mercoledì 23 gennaio 2013

FEBBRE

it.123rf.com


Era lì, subdola, che stava ravanado nel buio.
C'era e non c'era.
La sentivo strisciare e cercare di arrivare alla meta, ma ancora troppo inconsistente per essere affrontata. O meglio ancora: definita.
Poi ieri un mezzo svenimento, una figura da madamina del '800 perpetrato all'interno di una panetteria: mi stavo accasciando e mi hanno offerto acqua e zucchero. Pallore e confusione mentale. Da lì in poi la confusione si è trasformata in preveggenza, ipersensibilità ai volti, assunti di collegamento delle persone ai sogni che non avevano né capo, né coda, ma che parevano reali.
Una piccola fase schizzofrenica en passant?

Poi ho realizzato che si trattava di febbre. Forse influenza. Mi son arreso all'evidenza dei fatti, fatto due calcoli su tempo d'inizio/fine del malanno, e confortato dai risultati mi son messo a letto a godermi il torpore. Non senza prima aver ingerito generose dosi di oscillococcinum, miracoloso omeopatico adatto a questa fase merdo/febbrile della mia vita!

E oggi va meglio. L'oscillococcinum, che scopro prelevato da fegato e cuore di "anatra comune", accompagnato da un rigoroso digiuno a frutta, ha fatto effetto.
E dispiacendomi per l'anatra che da sola ha fornito materiale per tutta Europa - il preparato finisce nelle fauci del paziente dopo una diluizione in 100 volte la sua quantità iniziale con acqua, non per una ma per 200 volte... - le elevo un alleluja sentito.

Sparite subito le visioni di mostri e sabbia che mi sommerge - era questo l'incubo dei giorni di febbre da bambino - di volti incontrati per strada che immagino abbiano popolato i miei sogni notturni e quella sensazione di essere un po' vaticinante o un po' sotto effetto di sostanza, sparito tutto questo si torna alla normalità. La subdola ha elevato la testa ma l'anatra l'ha sconfitta. Risultato: Anatra 1 - Febbre 0!

Questo veloce passaggio di febbre mi lascia perplesso con le sensazioni che ricordo forti e che alla fine non mi dispiacevano mica...
Come una purificazione fisico/emozionale dovuta alla meditazione, ha fatto il suo corso lasciandomi a casa con le emozioni ed i pensieri allo stato liquido, trasportato ovunque senza troppa grazia, adesso solo un po' ammaccato e voglioso di muovermi avanti.
Chissà se uscendo da una fumeria d'oppio del centro di Shanghai si provava la stessa sensazione di essere stato a capo dell'universo e aver posseduto i mille poteri magici, anche solo per poco tempo, per un'ora o al massimo una notte?

Questo per quello che riguarda lo stupore dato dalla mente sotto assedio febbrile. Quanto all'anatra il dubbio di Igno resta un dubbio da svelare: ma se invece delle microsfere sublinguali ci fossimo spalmati un po' di paté sui crostini, avremmo sortito lo stesso effetto?



PS: adesso un ringraziamento dovuto/voluto: questo blog ha superato lo scoglio delle 10.000 visite e questa cosa mi piace. Vorrei appunto ringraziare tutti quelli che son transitati da qui e mi hanno letto: spero ne sia valsa la pena. Grazie.

domenica 6 gennaio 2013

NO FLIGHT ZONE




Scompaiono in un banale incidente aereo il figlio di Ottavio Missoni, il primogenito, con la moglie.
La notizia in sé ha più ridondanza trattandosi della scomparsa dell'erede di un impero economico nazionale basato sull'industria del buongusto.
A me non piacciono le maglierie di Missoni, ma basta vederne una per riconoscerla al volo.

Non è la prima volta che quei trabiccoli con le ali, che fanno la spola tra quelle isole da sogno al largo del Venezuela e l'aeroporto di Caracas, scompaiono in mare. Quando atterravo a Caracas vedevo queste flotte dalle forme aerodinamiche improbabili parcheggiate in una sezione separata dell'aeroporto. Mai sognato di prenderne uno. Grazie no. E sì che il volare non mi era estraneo. E la bellezza della destinazione giustificava il rischio.
Lo so che son tanti quelli che alla fine cedono alla magia di quei posti da raggiungere in meno di un'ora di volo, ma che quelle isole tra una storia di incidenti e agguati mortali portino un pochino sfiga... Non è venuto in mente a nessuno?

Esagero? Certamente. I voli che si susseguono per portare i turisti avanti e indietro sono così tanti, così frequenti che tutti i calcoli delle probabilità di sfortuna vanno a farsi fottere in un attimo solo.

Però....

Ma quello che mi colpisce più di altre considerazioni umane ed economiche, è il fatto che facendo un giro nel web, tutti i quotidiani pubblicano oggi fotografie in vita dell'uomo, della moglie e della famiglia Missoni, sorprende la facilità al sorriso di quella dinastia. Non ho trovato una foto dove non si sorridesse con convinzione. Belle facce distese in espressioni di vera allegria. Non uno sguardo abbacchiato, una smorfia di allegria tirata. Un esempio di gente felice.

Certo ora di sorrisi ce ne saranno di meno in quelle case. Il dolore della perdita ammutolirà anche quelle  esplosioni di gioia. Il dolore trasformerà il riso in smorfia.
Ma se dovessi dare un parere su un uomo che non conoscevo, di cui ho visto solo delle foto direi che  quell'uomo e quella donna hanno avuto una buona vita. E se così non era, erano ancora più grandi e forti di carattere. E apprezzabili. Perché l'eventuale dolore non traspariva.

Addio.



domenica 23 dicembre 2012

CATINI


fotomiafattadame

Si gira per le chiese in questo periodo. Chi per ritrovare un'intimità diversa, gioiosa con la Fede, chi per visitare i monumenti, chi per visionar presepi.
Come me e la mia amica.

Io non amo quest'arte del disporre i personaggi che ho dovuto praticare per forza da bambino, con risultati discutibili: mia madre adorava il presepio piuttosto che l'albero - che faceva ugualmente - ed allora tutti gli anni si doveva ricavare la grotta dalla carta roccia e disporre le statuine, sempre uguali, sempre quelle, su un terreno instabile fatto fa carta erba - non so se esiste ancora questo materiale, ma si trattava di un piccolo prato di carta velina, appiccicato su un foglio più rigido - collo sfondo di carta cielo...
Il risultato, l'ho già detto, era orrido: pecore cappottate, fruttivendoli con banchini zoppi, casine e torri medievali sparse sullo sfondo. Solo l'idea di un fiume fatto con la stagnola mi fa ancora raccapricciare. Quindi io il presepe non lo faccio. Faccio altro.

La mia amica invece è una professionista dai risultati sorprendenti: usa tutti i materiali disponibili e le sue composizioni risultano sempre armoniche, in scala, simpatiche, con quel tocco di originalità che non stufa - perché il presepe finisce per stufare alla svelta - ma che si avvicina parecchio all'arte.

Allora siam partiti dopo un buon concerto di canti natalizi, dopo qualche regalo che prevedeva una lunga coda per l'incarto e, prima che le chiese chiudessero, ci siam intrufolati a vedere che cosa offrivano i "professionals".

Ne abbiam visti solo un paio. Il più ammirevole quello che a furia di effetti speciali costringeva il bambinello oltre che a tutte le fasi del giorno e della notte, a pioggia, nebbia e nevicata finale. Vien da dire: "Che culo"!

Ma mentre uscivamo da una delle più maestose chiese della città, che ospita un ciclo di affreschi che ci invidiano in tutto il mondo e che vengono a vedere dal Giappone, tra un outlet di Prada e l'altro, mentre uscivamo mi cade l'occhio nell'acquasantiera: nella conchiglia di marmo attaccata al muro nei pressi della porta, a contenere l'acqua non bastava il marmo. Ci voleva un'insalatiera bianca. Di quelle che ci passi dentro il pomodoro per la pomarola, mentre lavori come un matto sul pomello del passatutto...

Che la conchiglia fosse bucata e non trattenesse la santa acqua non è dato sapere. Che fosse più ecologico benedire poca acqua invece di tutta quella che avrebbe contenuto la conchiglia non credo assolutamente. Che chi l'ha messa lì dentro, alla vista di chi paga bei soldi per accedere al ciclo degli affreschi, ed ai semplici visitatori che la bella chiesa richiama, sia un cialtrone, è indiscutibile. Passatemi il termine. Brutto, brutto, brutto: ecco cosa ti grida il cuore quando lo vedi. Ma la pervicacia di coloro che, si narra, arrivarono a chiudere le porte in faccia alla sorella della Regina d'Inghilterra, perché osò arrivare a visitare l'edificio sull'orario di chiusura, non ha guardato in... faccia a nessuno. Soprattutto al buongusto.

Chissà se a San Pietro fanno pure così? Sarebbero giustificati più che qui, visto che la Cattedrale della Cristianità è più giovane si 216 anni, quindi più vicina al moplen di quanto la sia lo basilica di San Francesco.

Comunque il presepe in quella chiesa non l'abbiamo visto. Lo spettacolo era altrove.

fotomiafattadame


giovedì 20 dicembre 2012

CORRERE


cicap.org


Corro, corro, corro e corro ancora per trovare la pace e la serenità. Trasformandomi quindi in povero cretino affannato che cerca la pace...
Come farò a trovarla aggiungendo altro delirio, proprio non so.

Ieri, in preda all'ansia che mi assaliva ormai da qualche giorno, facendomi svegliare tutte le notti ogni ora e mezza, che ci potevi rimettere l'orologio dell'Istituto Naz. di Ricerca Metrologica di Torino, complice l'eterna incapacità di gestire i sentimenti e la sfuggente capacità di rovinarsi la vita, sono corso fuori città per incontrare un medico. Ho affrontato traffico, viaggio, parcheggio, quindi una notevole dose di
stressssssssssssss
per farmi segnare delle meravigliose pillole
antistresssssssssssss.

Ma non bastava farsi una camomilla e due passi in campagna, dico io?!
NO! Volevo la "roba". Volevo essere sedato neppure fossi Jacko prima del trapasso!

È un po' come correre come un matto in mezzo ad un ingorgo per raggiungere in tempo il corso di yoga... O come andare ad una manifestazione di Comunisti esibendosi nel saluto romano...
A proposito di comunisti: con l'ennesima discesa in campo del Cavalier Berlusconi, è il Paese che lo vuole, pare che la fabbrica russa di Cattivi Comunisti, abbia fatto una nuova emissioni di questa specie in via d'estinzione. Emissione questa, che si distingue per l'estrema aggressività del prodotto finito, soprattutto nei riguardi di ricchi e vecchiette, ma soprattutto per l'insaziabile fame di bambini. Nei dintorni di Arcore sono già andati tutti esauriti, qui da noi arriveranno entro fine febbraio p.v. a rubarci i soldi dal materasso.

Se qualcuno nelle vicinanze ne adocchiasse un esemplare è pregato di chiamarmi che voglio fargli delle foto: sono ormai estinti allo stato brado.

Che menti malate, sant'Iddio. Che manica - costituita solo da me, beninteso - di rincoglioniti accecati dalla bramosia.
Invece di starcene a casa, distrarsi facendo due chiacchiere con chi vive con noi, vedere un film, leggere un libro, ci imbarchiamo nella chimica della tranquillità.
La mia, in verità, è tranquillità omeopatica, quindi secondo alcuni auto-indotta; secondo certi paesi stranieri invece, è chimica passata dal servizio sanitario nazionale...

Ci son quelli poi che potrebbero vivere da nababbi e si vanno ad infognare in autogols da manuale.
Non sappiamo più vivere. Io per primo non lo so e non lo faccio.
Però, per calmarmi, almeno non vado a minorenni! Eccheccazzo!

giovedì 13 dicembre 2012

CHIEDERE


fotomiafattadame


Non può essere altro che scienza. Il frutto di una ricerca.
Deve, e insisto DEVE esserci uno studio dietro a quelle sedie così scomode piazzate davanti alle scrivanie degli impiegati, nelle banche. Non è pensabile che sia un caso, una crudele coincidenza che siano tutte così. No, no, no!

Provate se non ci volete credere! Inventatevi una necessità e, dopo aver preso appuntamento con l'impiegato, fate come gentilmente vi viene offerto: accomodatevi... Che spreco di significati in questo caso!
Cioè: provate a spostare e poi schiantare il culo sulla sedia che vi viene offerta; una volta seduti provate ad avvicinarvi alla scrivania ed infine ad andatevene alla fine del colloquio. Ma dovete provare a farlo cercando di mantenere integra la vostra dignità di essere umano, senza movimenti inconsulti, posizioni anomale in perfetto stile Fracchia vs. il puff.

Perché quelle sedie sono strane.
Innanzi tutto sono pesantissime e già il movimento di afferrarle e spostarle per sedercisi sopra risulterà in uno scatto interrotto, una piegatura sghemba ed inattesa della colonna vertebrale che vi farà prendere la posizione del "pero bruciato dal gelo": contorto e nodoso.
Poi son scomode come nessun'altra cosa mai: o son troppo alte, o troppo basse, o troppo strette o ricoperte di materiale scivoloso. Una volta seduto avrai comunque la postura di quello che sta a rapporto dal preside per aver sfondato la teca nell'aula di scienze con un movimento maldestro...

Eppure quello davanti a te non è un preside... In teoria è un essere umano che fa un suo lavoro e guadagna facendo quel lavoro con te. Anche se sei tu che vai da lui a chiedere del denaro che in quel momento non hai; oppure di prolungare la scadenza di una rata. O di aumentare il tetto di spesa del tuo bancomat.
E' il suo lavoro, lo fa per denaro, non per beneficenza. Ma alla fine tutto pare orchestrato per farti sentire in colpa.

Il guaio è che ci riescono benissimo.

Così mentre ero lì che sembravo a scuola, mi son sorpreso a pensare che ero andato in banca per non sedermi sul marciapiede a chiedere offerte ai passanti. Avevo pensato che fosse già abbastanza umiliante chiedere a qualcuno in ospedale di consentirmi di fargli una foto con la ferita di un grave intervento in bellavista, figurarsi poi metterla sotto cellofan e mostrarla da seduto ai passanti, protendendo la mano o un bicchierino da caffè... Soldi facili, magari pochi, qualche ramanzina da parte del moralista che ti da i soldi solo se gli concedi di sentirsi MOLTO buono, ma nessun rapporto rata/reddito da rispettare, nessuna scadenza mensile da onorare, niente notaio, geometra, direttore da vezzeggiare. Solo qualche fraterna scaramuccia a colpi di coltello per aggiudicarsi i marciapiedi migliori.
Ma non avevo ancora fatto il giro delle banche. Non sapevo quindi quello di cui cosa stavo parlando.

Ero lì, al terzo istituto di credito in tre mettine, che mi chiedevo se realmente ne valesse la pena, e allora ho avuto un flash: vuoi vedere che lo fanno apposta per non farti chiedere troppi soldi? Oppure per estorcertene d più e con più facilità se decidi di investire?

Potrebbe essere: partendo da una posizione di sudditanza si fa alla sventa a capitolare.
Ecco perché ritengo che non sia un caso.


Ho un'unica consolazione: le banche sono generalmente riscaldate. I marciapiedi d'inverno, no...



sabato 8 dicembre 2012

PUNTO


podisticasolidarieta.it


Lui e lui vivono insieme. Lavorano poi la sera si ritrovano intorno alla stessa tavola, agli stessi amici, allo stesso letto.
Lui parte spesso per lavoro, ma torna sempre lì.
A lui invece hanno offerto di andare a lavorare fuori. Non ha accettato per non lasciare lui: dice che, andandoci, dovrebbe vivere fuori e si perderebbero la quotidianità del loro rapporto, le cose di tutti i giorni che lo rendono reale. E il loro rapporto si potrebbe perdere: il fine settimana non basta.
Lui e lui non hanno figli ma curano il loro stare insieme come un figlio.
Non hanno bisogno neppure di un cane: hanno già di chi prendersi cura.
Infatti lui si dispiace della partenza di lui. Ma sa che tra pochi giorni tornerà.

Assisto ammirato e ringrazio la vita che esistano persone così. Che le possa vedere e sentire reali, vere, esistenti, non solo scritte sulle pagine dei libri.

Grazie per la cena.