sabato 18 maggio 2019
LE OPINIONI DELLA ZIA
giovedì 16 maggio 2019
SALONE
Se escludo i magnifici scorci di Torino goduti in questi due giorni passati nella prima Capitale del Regno, la sempre bella frequentazione di amici che, generosamente, riescono sempre a trovare tempo da dedicarmi, il bottino del Salone del Libro è quasi omeopatico: un audiolibro.
Delle migliori edizioni di audiolibro che conosco, ma un audiolibro. Ah, vorrei aggiungere: delle edizioni in formato grande, convenzionale, non in quelle piccole, nuove, formato CD riservate dalla casa editrice ai titoli di maggior successo e vendute a prezzi più bassi.
Soddisfatto di non aver appesantito il bagaglio che dovrà tirarmi dietro per altri tre giorni, sono a Torino per lavoro, e deluso per non aver visto nulla che mi portasse alla frenesia dell'acquisto. A parte l'audio libro letto dalla magistrale Cortellesi. Credo sia colpa del corso intensivo e ripetitivo della nipponica Mari Kondo se ho resistito con facilità alle rare tentazioni.
Non ho acquistato ma il Salone mi è piaciuto. Un po' come andare in pasticceria ed essere a dieta. Tanta gente, tanti giovani alla faccia di quelli che dicono che loro non leggono. Sono loro più degli adulti che si intestardiscono a leggere la carta stampata e fanno, diligenti, la coda per farsi autografare il libro dei vampiri o dei draghi dall'autore/autrice. Il tutto finisce con un selfie rubato da chi ha ricevuto dedica ed autografo, a chi ha firmato perché, va bene la firma sulla terza di copertina, ma vuoi mettere una foto testimonianza da pubblicare sui social? Fosse solo lo stato di Whatsapp... Comunque meglio un selfie con l'autore che uno col politico di turno... Almeno le parole qui si pensano e si leggono, non si bevono urlate da un palchetto con microfoni ed altoparlanti che fischiano.
Bella la sfilata di piccoli editori, un numero infinito, ed un numero infinito di argomenti e intenzioni da pubblicare. E la domanda che sorge spontanea è se ci sia mercato per tutti. Tra di loro anche Poste Italiane, Esercito, Marina, Musei Vaticani e lui, l'INPS, un enorme stand angolare da cui si poteva accedere a numerosi servizi telematici. E neppure un libello pubblicato, tanto per restare in tema Salone. Anche solo di istruzioni per la richiesta della pensione di reversibilità .
Tra i piccoli editori anche chi fa proseliti tra aspiranti autori: la mia diffidenza monta come la panna nel latte a bollore anche se c'è chi non sembra volerti chiedere soldi.
Ho passeggiato qualche ora prima di accorgermi che mancava qualcosa: questo enorme spazio di libri non profuma affatto di libri. Chi si aspettasse un odore di biblioteca o di libreria metropolitana resta deluso. Spazzi troppo ampi disperdono il tipico sentore di carta ed inchiostro ed in alcuni punti, il pestilenziale odore di cibo, si mangia anche qua una notevole quantità di junk food, ha reso alcuni stand impraticabili: sembrava di stare in una friggitoria. Ma ne valeva comunque la pena tornare appestato in hotel.
Ho saltato a piè pari gli stand cinese e romeno, non me ne vogliano. Poi, uscito fuori, esaltato dalla quantità di libri che ho potuto vedere, toccare, immaginare, chi ti trovo? La tenerezza infinita del gazebo dei Testimoni di Geova. Che con le loro pubblicazioni non potevano stare dentro? Editori cattolici dai sorrisi smaglianti che regalano segnalibro stampati con pesci e ne avevo incontrati. Loro no. Loro fuori a distribuire varie traduzioni della Torre di Guardia. E sorrisi imbonitori.
Non so se più effetto "La volpe e l'uva", o più "Vi aspetto fuori".
Inviato da iPhone
sabato 13 aprile 2019
B. N.
La tensione, la gioia di aver scoperto un buco nero, di poter confermare visivamente quanto gli astrofisici sapeva no da anni, espresso in teorie e calcoli, ma mai fotografato, imperversa su tutte le copertine dei quotidiani. Ci hanno mostrato l'evento scientifico del secolo e ci hanno detto: "Guardate! Avevamo ragione noi!". Bravi.
Così nella biblioteca di Cagliari, me ne sto ad ammirare quella che già definiscono la foto del secolo e che sembra la foto di una gastroscopia fuori fuoco, e mi interrogo per scoprirmi ignorante più che mai. Ma cos'è davvero un buco nero? Giro le pagine e solo alcuni giornalisti perdono tempo a spiegarmi che più che di un buco si tratta di un pieno. Di un riscontro d'aria Cosmica, un vortice che gira antiorario provocato da una stella morta e pesantissima, così pesante da avere una gravità personale e potentissima da attrarre tutto, anche la luce e curvare il tempo. Ecco: io qui mi son già perso. Che vuol dire curvare il tempo? Una cosa tipo RITORNO AL FUTURO? Oppure la possibilità di non arrivare mai in ritardo? Manca poco ad un appuntamento col dentista che ha lo studio dall'altra parte della città? Bene, infili il buco nero ed arrivi prima di essere partito. Un po' come il Concorde tra Parigi e New York che, grazie alla velocità ed ai fusi orari, atterrava un paio d'ore prima di quando era partito: esso curvava il tempo. Era il Buco Nero tra gli aerei.
Questa nuova consapevolezza di avere una conoscenza in più, una conoscenza importante, rilevante, non ha però cambiato il nostro modo di vivere. Le cazzate che facciamo adesso sono più o meno le stesse di prima. Per esempio continuiamo a fermarci sul marciapiede, immobili come pilastri di cemento armato, solo dove ci sono strettoie, inciampi alla libera circolazione dei pedoni, siano essi panettoni anti parcheggio, biciclette appoggiate ai lampioni a prendere spazio, vasi d'arredo che restringono il marciapiede a metà. La strettoia ci dà sicurezza. La ragazza che si siede sul muretto a fumare lo fa fronte lampione. Il signore che scrive il messaggio lo fa tra la sua auto parcheggiata e il muro del palazzo. Non hai scampo: devi chiedere permesso.
Io intanto invecchio e mi accontento di sapere poco dei buchi neri e qualcosa di più della mia ansia 🥺. Adesso so che passa. Forse non passa l'ansia ma prima o poi arriva e passa l'evento che me l'ha provocata.
E che il nuovo imbuto cosmico scoperto non ci inghiottirà a breve. Troppo lontano per interessarsi al mio pianeta. Potrò invecchiare e morire serenamente su una terra devastata dall'uomo ma non da forze interstellari.
Consapevolezza non da poco. Sarà sintomo di maturità o di vecchiaia? Mentre ci penso invecchio tranquillo.
venerdì 29 marzo 2019
DEGUSTATORE INCOMPETENTE
Perché in fondo la pizza sembra una cosa semplice e forse, di base, lo è.
Il complicato non credo sia la copertura sulla pasta: lì basta agire con intelligenza e esperienza e poi i tuoi gusti, le tue specialità te le trovi. Che sia pecorino o pere, che sia speck o bresaola, che sia aggiunto a freddo o caldo, ci studi e sperimenti, fai una cernita della qualità del prodotti, cerchi il cotechino insaccato nel budello di stambecco (a proposito una pizza al cotechino la fa nessuno?), il pomodoro igp piuttosto che la passata del discount, né misuri quantità a contrasto o in accoppiata con gli altri ingredienti, e se sei bravo e fantasioso, ed hai le papille addestrate al buono, allora immagino che tu ce la possa fare. Ditemi se sbaglio.
Il dramma è l'impasto di farina 🌾.
Lì cascano gli asini.
Lì si capisce che cosa hai sul piatto. Le farine, ricercate, nuove o antiche, le infinite combinazioni di una con l'altra, le acque usate per impastare, le paste lievitanti, le ore lievitate, il massaggio olistico durante la lievitaIone, la musica classica ad emettere vibrazioni benevole, questo fa la differenza tra la pizza da asporto che poi passi la notte a bere a canna davanti alla porta del frigorifero aperta come un cammello 🐫 mongolo, quella che quando sei costretto ad alzarti la terza volta di seguito realizzi di aver pestato una merda, e quella di superba qualità che ti fa mugolare di piacere.
Cosa diversa sono invece quelle che prima di mangiartele devi studiare come per sostenere l'esame di maturità. E se non rispondi esatto ti mandano a cena da Mc Donald. Il testo di studio si acquatta generalmente dietro l'aspetto di una banale tovaglietta di carta e si rivela in tutta la sua difficoltà nello scorrere le infinite righe di descrizione, paragone ed esaltazione del prodotto che andrai a degustare. Che alla fine mi crea un'ansia...
Ieri sera in una superba pizzeria di Catania (superba nell'accezione positiva) ho avuto di che leggere per mezz'ora, tanto che per non perdere delle righe che avevano l'aria di essere importanti, ho pure dovuto far scivolare il piatto sul nudo tavolo. Potevo esercitare il sacro diritto del lettore riconosciuto da Pennac e mandare a stendere il testo pomposo. Invece, da bravo perfettino, ho letto tutto, compulsivamente fino in fondo. Che palle. Scusate ma davvero che enormi palle! Me li ha fatti quasi diventare antipatici i bravissimi creatori della creatura che stavo addentando. Li ho trovati prolissi è un po' troppo pieni di sé.
Se è pur vero che bisogna avere coscienza delle proprie qualità, forse è meglio che siamo gli altri a dirci quanto siamo bravi. È meno irritante e più elegante.
Tutto il rispetto per chi lavora e soprattutto per chi lavora bene e con passione. La riconoscenza che gli deve il mio stomaco e le mie papille gustative tutte, è infinita. Mentre non si risparmiano fanno anche del bene a me. Lo riconosco e lo so.
Ma vi prego: basta una descrizione garbata di quanto andrò a degustare, non un capitolo di Cent'anni di Solitudine con tutta la genia di Macondo. Perché sono lì per gustarmela la pizza 🍕, non per portarla ad analizzare al R.O.S. ed uscire non ignorante è sufficiente, istruito non è necessario.
Grazie.
Inviato da iPhone di G P
venerdì 15 dicembre 2017
NATALE A BANGKOK.
venerdì 1 dicembre 2017
VOLARE 1
Ok,👍🏻, siamo partiti.
Contrariamente alle mie previsioni catastrofiche, coerentemente a quelle di chi il lavoro di traveller lo prende seriamente e mi tranquillizzava al riguardo, siamo partiti da Milano. Destinazione un Emirato Arabo poi l'Oriente.
Nessuna incertezza al check in, nessuna sorpresa a bordo, tutte le sensazioni disturbanti avvertite nei viaggi precedenti lasciate a casa. Unico punto da segnalare: la goduria nel provare l'imbarazzante gentilezza da parte delle colleghe del volo.
È pur vero che la gentilezza l'ho scatenata io arrivando a bordo con un panettone perché l'equipaggio che mi ospitava potesse avere un momento di relax con qualcosa di dolce e di buono e magari italiano, ma davvero le coccole a cui siamo stati sottoposti sono tante e tutte speciali. Forse bisogna essere dell'ambiente per capire la preziosità di uno spazzolino da denti usa e getta inaspettato, o di un a mascherina da riposo durante un volo di lungo raggio, lì dove normalmente non vengono distribuiti; ed altro ancora. Ma è certo che noi le apprezziamo appieno e sappiamo quanto possano fare la differenza durante un volo così lungo.
Tante sono state le attenzioni che alla fine, meglio già all'inizio del volo, abbiamo pensato che valesse la pena programmare un qualche altro volo di lungo raggio per l'anno prossimo.
Perché volare è una predisporsi alla scoperta ed alle sensazioni diverse, positive o negative, qualunque esse siano. Può capitare di tutto: dal posto scomodo a bordo alla più meravigliosa delle cene nel più esotico tramonto della tua vita quando decidi di andare in viaggio.
Ecco perché volare presuppone la capacità acquisita all'adattamento - certo moooolto più facile se al bello. Quindi se vi girano i maroni statevene a casa e non rompete le palle al resto del mondo: la vostra presenza a zonzo non è né richiesta, né tantomeno indispensabile. Godere con amore delle pareti blindate di casa vostra e sfogate, please, il vostro odio per la vita è per il resto del genere umano in una santa solitudine.
Non essendo partito predisposto a questo viaggio a causa dei numerosissimi segni che mi indicavano cortesemente e ripetutamente di restare dove fossi, mi sorprendo per la morbidezza di questo spostamento.
E se questo è possibile, lo è diventato solo grazie alle colleghe che si sono prodigate a far sì che tutto fosse il più comodo possibile.
Non me ne voglia chi, leggendomi, colga del lavoro delle assistenti di volo solo il lato che riguarda la sicurezza del viaggio e resti infastidito dall'aspetto che concerne l'ospitalità: c'è spazio per tutto in questo caleidoscopio di sfumature che è il nostro lavoro e nessuno dei due punti deve inficiare la rilevanza dell'altro.
Ma adesso sto come un Papa a vedere l'aeroplanino che scorre sullo schermo verso sud-est. Poi si vedrà. E mi domando come abbia potuto avere dei dubbi al riguardo.
Tra un po' atterriamo in medio oriente ed io che odio violentemente volare da passeggero, mi sento piacevolmente ben disposto verso questo viaggio.
Il resto più avanti. Si vedrà.
Inviato da iPhone di Melinda
sabato 4 novembre 2017
O-DIO
Siamo diventati tutti un po' Haters.
Invasato da quello che ritiene un abuso, la sottrazione del bagaglio a mano, l'uomo trova dentro di sé l'abuso verbale che corrisponde all'abisso della sua anima nera e ferita, ed invece di bestemmiare mi augura di veder fallire la mia azienda.
Ora, a questo, potrei rispondere soave che arriva in ritardo di almeno tre commissariamenti; che forse al primo fallimento da me vissuto, e che guarda caso generò la necessità di questo stesso blog, lui stava ancora in bagno a tirasi pugnette sulle pagine del catalogo di Intimissimi. Il Postal Market non penso neppure che sappia cosa sia...
Invece mi rifiuto di rispondere ad una affermazione così bassa, glielo dico, lo avviso che tornerò solo se il livello si alzerà abbastanza da apparire civile ed educata (tanto da non sfiorare la parte olezzante della porcilaia- ma questo lo tengo per me) e me ne vado.
È solo un esempio di quanto il livello si sia abbassato. Di quanto il mondo intero abbia sdoganato la bocca che emette qualunque sentenza senza il bisogno di mediarla, prima, col cervello, la civiltà e il buonsenso. Internet ha creato una generazione di leoni da tastiera 🦁 ⌨️ convinti che l'anonimato della propria stanza concedesse tutti i diritti.
E le frasi "questo non si fa", o "questo non si dice", hanno perso il loro utilizzo. Non si conoscono e non si pronunciano più.
Io invece ci sono stato educato.
Erano utili? Probabilmente sì perché stabilivano un limite che non poteva essere valicato. Era una striscia bianca che all'improvviso qualcuno disegnava per terra e non si poteva valicare. Punto. Stop 🛑.
Tutto finiva là. Crescendo si costruiva autonomamente, ma su quelle indicazioni, un territorio consentito ed uno da non esplorare. Non c'era alcuna castrazione, umiliazione, repressione e disagio stando di qua o di là dalla linea, c'era solo la buona educazione che era essa stessa in valore assoluto.
Bene. Sono vecchio. E guardo sorridendo quanta parte del mondo mi scorre accanto immune da questa che i liberisti potrebbero considerare una "castrazione morale" e quanto macello il non porre limiti possa portare nelle menti deboli. Così debole che per un'azione inevitabile come un bagaglio che non trova posto in cabina passeggeri e conseguentemente posto in stiva ci si trasforma in haters rancorosi. Voi dovete fallire...
Già fatto carino!
Ho ritrovato la stessa mancanza di barriere sia verbali che di modi ed espressioni in un programma TV, in cui la sfida alla cerimonia più bella, porterà 4 spose a valutare il matrimonio l'una dell'altra e la vincitrice in viaggio di nozze in una località esotica. È "4 matrimoni" che fanno in varie edizioni nazionali. E se le spose 👰🏻 sono di una parte del mondo al di fuori dell'Europa lo show pare registrato a Shangri la, tutte dolcezze e considerazioni educate sul matrimonio altrui: che bell'abito, che bel rinfresco, e gli addobbi? Senza che tutto questo inibisca la possibilità di dare giudizi negativi sulle altre ed opinioni anche opinabili.
Ma in "4 matrimoni Italia" il giudizio è sempre tagliente, la valutazione bassa a prescindere, costantemente sotto la sufficienza, l'espressione che la accompagna è di sufficienza e disgusto, manco che la sposa rivale abbia servito alle altre un paté di cacca su pan brioche.
Non si coglie ironia ma solo malevolenza, incapacità di vedere la rivale, non dico positivamente, ma almeno in maniera solo un po' più obiettiva rispetto allo squallido metro del "ME, MYSELF AND I" che pare essere l'unica realtà, ristretta, della visione di queste spose. Più simili a serpi da cui estrarre veleno che a candidi gigli da impalmare nel nome dell'amore.
E soprattutto, false come una banconota da 4 euro, qualsiasi giudizio deve essere espresso palesando l'espressione un po' scocciata 😒 dello: "Scusatemi ma lo devo proprio dire".
Come se non si capisse chiaramente che non c'è stato bisogno di nessuna forzatura per arrivare ad essere così antipatiche e maleducate. Piccole Haters crescono.
Va bene la competizione, va bene la necessità di credere il proprio "giorno più bello" come il più bello in assoluto, ma trasformarsi da "principesse in bianco", in "stronze senza freni", mi pare troppo.
Anzi inutile.
Gratuito.
Grazie a loro divento un po' Hater anche io.
Spengo la TV, che è più semplice lavorarsi quelli che incontri faccia a faccia, che quelli impressi in una memoria elettronica e sparati nell'etere nella vana speranza di fare audience. Gli odiatori seriali dalla lingua in libertà basta lasciarli senza pubblico: finiranno sempre per scusarsi.
Lo giuro.
Inviato da iPhone