lunedì 11 aprile 2016

MONTAGNE DI PLURIBALL


fotomiafattadame

Gambe in spalla. Se davvero il mal di stomaco è passato dimostriamolo camminando.
Quindi: gambe in spalla.

Approfitto della giornata di un cielo limpido e spropositatamente grande per andare in Moscova per stampare il racconto su cui sto lavorando da tempo: è lui che mi tiene lontano da queste pagine elettroniche - ammesso che a qualcuno manchino - e lo continuo a stampare perché mi sono accorto che le correzioni si individuano meglio quando ho in mano la carta stampata ed una banale penna rossa.
È una scusa, null'altro, ho una serie infinita di copisterie vicino casa, ma lo so e mi va di fare una bella passeggiata. In più: la gentilezza della signora della copisteria, la sua proverbiale e sempre presente pazienza, fanno sì che abbia davvero voglia di rivolgermi a lei nel momento del bisogno. È un po' come quando si decide di spendere i propri soldi in un posto piuttosto che in un altro: lo si fa per X ragioni. Le stesse, ma opposte, quelle che non ci fanno più frequentare altri luoghi.
Due gironi fa sono stato testimone di una sbuffata e di un'alzata di occhi al cielo perché avevo osato chiedere tre caffè in un bar... Vigliacco, li ho pagati e mi son pentito di averlo fatto: pagandoli ho pure dato l'impressione di aver approvato l'agire del barista.


Faccio un giro molto più largo del necessario, indugio davanti alle poche vetrine allestite o visibili dall'esterno. Mi godo una parete intera di fiori d'orchidea, messa su con solo tre piante dai fiori immensi e perfetti. Ai loro piedi due cassette di legno da cui sbucano ranuncoli coloratissimi: bellissimi. Oppure il negozio all'angolo di Richard-Ginori, con i suoi piatti con scene di caccia in sfondo rosso e le suo uova coloratissime.
Le altre vetrine non si vedono, si preparano all'inaugurazione del Salone coperte da pesanti fogli di carta bianca che impediscono la vista dall'esterno: tutto dev'essere una sorpresa.
La città è in fermento. Non c'è Settimana della Moda che tenga, Artigiano in Fiera o fiera del Trespolo Estivo Ricollocato in Collina: il vero boom di iniziative, eventi e vivacità è concentrato nella settimana del Salone del Mobile. Il quale è detto solo :"il Salone", e l'abbreviazione vale l'importanza.

Passo per Brera, il quartiere eletto come Design District dove è tutto un montare e smontare di istallazioni. Tutto un lavorare nei numerosi cortili di ringhiera dove ditte specializzate offriranno "EVENTI" al grande pubblico oppure ad una ristretta cerchia di critici ed addetti ai lavori. Davanti alle porte di questi locali sono già piazzate le guardie che impediscono l'accesso ai comuni mortali, in completo rigorosamente nero e radiolina all'orecchio. Manco dovessero aspettare Obama.  Se ti affacci a vedere una pittura che sta all'ingresso del cortile e sta lì da sempre, quelli che stanno tirando via fogli e fogli e fogli di pluriball da oggetti misteriosi, con la cura che contraddistingue il trasporto di un Van Gogh, ti guardano male come se fossi entrato a spiare.
Batto in ritirata prima che venga cacciato in malo modo.

Non c'è aria di trasgressione, di leggerezza, di inutilità durante il Salone. C'è invece aria di solidità, di persone che lavorano e vengono a Milano, indiscussa capitale italiana delle idee, per mostrare il loro lavoro, il loro impegno, la loro ricerca che poi, inevitabilmente, da qui partirà per fare il giro del mondo del buongusto. Perché se è vero come è vero che questo Paese arranca, che ancora nel 2016 alcuni medievalisti restano ancorati ai posti del potere politico e mediatico, le idee, le belle idee non ci sono mai mancate.
Anni fa, parlando con chi si occupava della vendita di beni di lusso, ma di quelli solidi e non delle borsette barocche della Dolce e della Gabbana, questo signore mi disse che nella sua boutique le vendite vere si facevano durante il Salone e non durante lo sfarzo modaiolo delle sfilate che tanta "gente porta, ma vendite davvero poche".

Ecco perché vedendo tutto questo darsi da fare mi fa pensare che io, mannaggia, la prossima settimana la passerò lavorando: "mi darò da fare" altrove, in luoghi ameni come Lamezia Terme e Brindisi e mi perderò tutto il perdibile. Avrò una pausa, tra una partenza e l'altra, solo venerdì e non è detto che me la senta di girovagare per la città. Potrei sentirmi provato...
Peccato: l'anno scorse riuscì a vedere alcune cose in giro e mi piacquero davvero tanto.

Pazienza.
Rientro in casa che già il cielo sta cambiando e mi metto a stirare. Se voglio partire per il lavoro ho bisogno di stirare un po' di camicie per l'uniforme.

Buon salone a tutti.
Raccontatemelo voi.


mercoledì 2 marzo 2016

POST CIRINNÀ


BLVCHIROPRATICA.IT

Alla fine mi son ritrovato con un potente mal di stomaco. C'era già da prima, ma leggendo le dichiarazioni bolse di intelligenza, circolate con la foga che solo i premi Nobel si dovrebbero permettere, mentre si trattava solo rigurgiti di coglioni rivestiti di autorità istituzionale, il dolore in quei giorni ha raggiunto vette pericolose ed insopportabili.
Gastrite, dicono i medici, nulla da segnalare a livello di introspezione diagnostica, [mi hanno infilato un tubo in gola e hanno esplorato la caverna "stomacosa" (questo vocabolo lo brevetto io ed i soldi non li metto via per la beneficienza!)], il dolore è dovuto a stress.

Allora ho deciso di fare un tentativo autogestito ed livello di dolore va meglio da quando non frequento Facebook, il caffè Nespresso, e prendo con attenzione le mie goccioline omeopatiche.
A parte l'omeopatico, i miei rimedi più che semplici possono essere definiti semplicistici. Però pare che funzionino.

Vediamo come va tra una settimana.

Buon web a voi, ma usato bene, mica come me che m'infurio!


mercoledì 24 febbraio 2016

PIANTO / CIRINNÀ 2




fotomiafattadame


" Nulla è più testardo dei fatti. È per questo che li odiate tanto. Vi offendono. È per questo che posso innervosirti semplicemente dicendo che io, Anatolij Tarasovič Brodskij, sono un veterinario. La mia innocenza ti offende perché vorresti che io fossi colpevole. E vorresti che fossi colpevole perché mi hai arrestato".

T.R.Smith, l'autore, la mette in bocca ad un uomo che da lì a poco morirà sotto tortura per non aver confessato i delitti ascrittigli. Per altro falsi. 
In realtà morirebbe comunque anche se li confessasse. Cosciente di questo, perché dare ai carnefici la soddisfazione di confessare anche il falso, nella speranza vana che all'ultimo momento la clemenza venga concessa? La pena cambiata in un'altra non così definitiva? Anatolj muore come previsto ma il carnefice sa già di non aver vinto lui. 

È la certezza assoluta insita nella realtà che non piace al potere, a tutte le persone che pensano di averlo ed a quelle che credono di doverlo conquistare. L'autorità che tutto vuole cambiare a suo tornaconto viene esasperata dal concetto semplice, a volte banale, che dice più o meno così: "Datevi pace", oppure: "Così è se vi pare". Soprattutto se la realtà servita è quella da lui stesso percepita. 

La Ministra della sanità che con puntiglio vuole espellere dal ddl Cirinnà ogni analogia col matrimonio vuole negare la realtà delle famiglie arcobaleno perché accettarla renderebbe automaticamente lei priva di utilità/identità politica. Sa di dire e fare cose assurde per questo periodo, ma ammetterlo equivarrebbe a dire: "Io non esisto". Anzi: "Le mie idee non esistono".

Irrita il cliente il giorno di chiusura del negozio; fa impazzire il passeggero il ritardo del bus, del treno, della nave, dell'aereo anche se non ha appuntamenti imminenti. Fa imbufalire il parente del malato la consapevolezza che la medicina non sia una scienza esatta. Che i misteri alchemici dell'omeopatia funzionino di più e meglio di quanto dicono i medici allopatici. 

Perché il gioco delle incertezze mina il cammino lastricato di mattoni lisci e innocui di cui vorremmo fosse fatta la nostra strada da percorrere. 
Vorremmo che tutto fosse semplice come lo interpretiamo noi nella nostra versione di realtà. 

Ed ecco allora che ci accomuniamo a coloro che percepiscono la stessa sfumatura di colore nello stesso quadro, cibo o profumo. Ci dà forza. Sicurezza di appartenenza al gruppo. Risorse per affrontare la vita, a volte impossibile senza occhiali rosa. 
E "accumularci" sotto una stessa idea da forza al potere perché noi, allocchi, non siamo nemmeno in grado di comprendere quanto potere potremmo avere usando quest'unità. Siamo già abbastanza felici di non essere soli, perché incaponirci a voler star meglio? Perché incaponirsi a voler capire?

Soprattutto se la nostra realtà ha un carattere compiuto. 



Inviato da iPhone 

martedì 23 febbraio 2016

ASPETTANDO LA FINE - PRE CIRINNÀ







Non so come andrà a finire questa storia: i risultati del ciclopico scontro di civiltà si potrebbero avere già questa settimana, ma per i risultati finali non c'è ancora una data sicura. 
Se vincerà il medioevo continuerò ad avere diritti di cittadinanza diversi dagli altri, ma gli stessi doveri. Se invece vincerà la ragione, altri come me potranno usufruire di possibilità affettive riservate, adesso, solo ai più ricchi. 

Si possono e si devono avere opinioni e pensieri diversi anche se poche volte come adesso, ho assistito ad uno sfoggio di ignoranza, nel senso puro del termine, assunta a dottrina, pensiero, opinione. Poche volte ho visto persone vantarsi con così tanta foga del proprio NON sapere, rimarcare aspetti falsi e preconcetti barbari.  
E mentre da una parte alle manifestazioni in piazza si andava colla sveglia, dall'altra si rispondeva con raduni "oceanici" armati di rosario e megafono. In entrambe le occasioni l'unica vincitrice è stata l'applicazioni per smartphone "Grinder" accesa ovunque e da qualunque fazione per la ricerca di sesso omosessuale.  

Vedremo come andrà quando i giochi saranno fatti e vedremo chi vincerà ed a che prezzo. Perché non sarà gratis, ne sono certo. 
Potrebbe ancora accadere di tutto in un Paese nel quale sono stati capaci di far cadere un governo piuttosto che vendere una compagnia aerea all'unico compratore plausibile, finanziariamente solvibile, che garantiva il minor costo sociale nel passaggio. 
Di buono c'è che, forse, comunque vada, qualcosa è cambiato. E deve essere cambiato anche a livello di percezione di marketing commerciale se così tante aziende hanno deciso di mettere la faccia a favore delle unioni registrate dall'anagrafe, di qualsiasi sesso i componenti siano. Fino a poco tempo fa l'unione gay era una questione marginale e probabilmente pericolosa per essere assunta a livello di campagna pubblicitaria. Ora invece qualcuno sceglie di spostare l'accento per accaparrarsi le simpatie di un "certo gruppo" di consumatori. È solo marcheting? Possibile. 
Mi permetto però di ricordare che questo marcheting poteva essere più facilmente fatto pubblicizzando le idee medievali della parte che la pensa in modo contrario. Parte che, unita al numero di coloro favorevoli alle unioni omosessuali ma non ne è direttamente interessato perché eterosessuale, è la percentuale maggiore nel Paese. Quindi se si è disposti a mettere il proprio logo in favore, vuol dire che le possibilità di marketing sono rassicuranti e lo schifo verso certe realtà è qualcosa di marginale. Marginale anche se rumoroso. Orrendo e bugiardo. Ribadisco: bugiardo. 

Perché è possibile essere contrari ma non è certamente coretto definire questi rapporti confusi: quando lo fossero sarebbe solo per le discriminazioni alle quali vengono sottoposti coloro che le vivono, da parte di chi tali le definisce.

Con questa incertezza ci avviamo a percorrere la settimana che dovrebbe portare alla fine della vicenda incerti sul metodo, canguro o non canguro, stralcio o non stralcio, M5S sì Movimento 5 Stelle no che verrà adottato. E personalmente rattristato da tutta la cattiveria messa in campo dalle parti in causa e che alla fine verrà pagata dalle minori tutele che i bimbi nati e cresciuti nelle coppie omosessuali avranno. Perché alla fine questo governo che ha mandato allo sbaraglio l'Onorevole Cirinnà, pare non abbia nè la forza, ma tanto meno la volontà di portare a casa una legge che dia davvero dei diritti uguali per tutti. 

Ecco perché, se ci sarà lo stralcio, penserò comunque di andarmene da questo paese elitario e clericale. Magari non riuscirò a farlo. Però ci penserò ancora più seriamente che in passato. 


Per finire un piccolo elenco assolutamente velleitario ed incompleto di coloro che cono disperatamente contro. Qualunque cosa venga approvata loro saranno contro. E sono tutti belli:
Formigoni,
La Meloni;
Adinolfi;
Scillipoti;
Gasparri;
Maroni;
ah, dimenticavo la Vanoni e Margioglio. 





Inviato da iPhone

giovedì 11 febbraio 2016

MA BUONGIORNO!




simpsons.wikia.com


Non capisco che ci trovi la gente ad andare in TV a fare la figura dell'idiota. Non bastavano i tanti che si espongono in rete, nei social fotografici/cinguettati/faccialibrati - come il sottoscritto. Bisognava eruttare presenza di se stessi anche in TV. Che poi è stato il primo dei veri social, prima che le altre app distruggessero i diari chiusi da un patetico lucchetto che ogni madre di media grandezza era in grado di forzare, e consegnassero ai consumatori di Moleskine un alone romantico. 

Prendi quelli che chiamano la tata a rimettere in riga i figli indemoniati, prodotti dal maleficio dell'unione feconda di due incapaci. Lei, la tata poveraccia, va là solo per fare quello che avrebbero dovuto fare i genitori fin dal momento in cui hanno saputo di essere in dolce attesa: fare gli adulti. 
Loro invece no: non gli riesce neppure di ragionarlo come un pensiero astratto, un'idea irrazionale che siano loro gli adulti e le presenze pestifere i figli e stanno impuniti a perpetrare nell'errore. 

Nell'orrore. 

E cosi, neppure nel momento di richiedere aiuto, e Dio solo sa se ne hanno bisogno, loro non vanno da un terapista. Non parlano con un educatore. Non sentono un parente che pare abbia avuto maggior successo nello svezzare "le creature". No, vanno in TV. E grazie a Dio solo il 3 o 4% dello share nazionale può vedere bene che buscheri sono! Perché non li sfiora neppure lontanamente di essere loro la causa dei loro stessi problemi. Se così fosse si rintanerebbero in solaio ad elaborare una strategia di successo. 
Ed i figli cresceranno con la convinzione che sono una bella famiglia perché sono stati su La7. 

Oso immaginare che crescere i figli sia un lavoro sfibrante, continuo, senza garanzia di successo, ma questi esagerano. Accetto pure che mi si dica che non avendo figli: "Non posso capire", anche se come ho detto altre volte mi arrogo il diritto di parlare in quanto futuro concittadino di quei mostri urlanti. Pure io devo essere stato un figlio mica facile da gestire! Mettici pure che i due poveri genitori hanno dovuto inventarsi tutto di sana pianta: e chi lo aveva mai cresciuto prima un figlio omosessuale? Che paragoni potevano avere per saper come gestire la situazione, la vergogna? Nessun paragone. E all'inizio, credo, tanta vergogna. 
Ma ci hanno provato e ci son riusciti decentemente. In silenzio, senza chiamare la radio, neppure "Chiamate Roma 3131", che mia madre ascoltava religiosamente tutte le mattine. Non sono un serial killer, e neppure le mie sorelle, che neppure loro sono passate in famiglia come una ventata di ottimismo, lo sono. 

Siamo stati adolescenti ed adulti come molti altri, coi conflitti e le caparbietà non molto diversi da quelli di adesso. 
Certo il regime di autorità durante l'infanzia è stato ben diverso da quello che vedo ora spacciato come tale: addirittura quella nazista di mia madre mi obbligava a chiedere scusa se disturbavo e usare parole strane tipo: "grazie", "prego", costruzioni linguistiche difficilissime con: "per favore". Mi impediva di rivolgermi agli adulti dandogli del tu come se fossero coetanei... E tanto altro che mi ha segnato "profondamente". Anni di terapia da adulto per scoprire che avevano fatto di me una PERSONA EDUCATA!!!! Ma si può?

Quindi? Quindi, dico io, se ce l'hanno fatta loro, con nessun mezzo a disposizione tranne la caparbietà e l'amore, perché adesso si deve passare per la TV? 

Potete dire che oggi è diverso fino allo sfinimento che le cose sono cambiate, la società si è evoluta, i bimbi sono costretti ad apprendere più dai network che dai nonni; ma accertato che effettivamente le cose si sono "evolute", nulla mi fa cambiare idea sul fatto che io a quelli, glieli toglierei i figli. Dichiarerei i due incapaci e li affiderei si servizi sociali. Loro, i genitori. Mentre i bimbi spalmati equamente tra i nonni: che si prendessero la responsabilità di aver cresciuto due beoti in grado di prolificare. 


Inviato da iPhone di Giampiero Pancini

venerdì 15 gennaio 2016

CORI RUSSI




www.ilpost.it

🎶 "Non sopporto i cori russi,
la musica finto rock,
la new wave italiana,
Il free jazz, punk inglese...", cantava e canta ancora il poeta. 

Invece ieri sera sono andato a vedere il Coro e Complesso di Ballo dell'Armata Russa, "Armata" che con un semplice cambio di vocale è uscita dall'era comunista. E mi son divertito: il miglior gruppo orchestrale bombardone mai sentito in un teatro sinfonico. Il miglior coro di artisti bassi, e non solo di statura, che abbia mai ascoltato; certo quella divisa col cappello a eliporto non slancia.
Poco importa che la musica sia troppo spesso un bombardamento di marce in salita che si concludono inevitabilmente con un danno ai timpani. Che i coristi abbiano diaframmi e strumenti possenti. Che l'età dei militari componenti il coro vada dai venti ai sessanta. Che i direttori d'orchestra siamo due, uno definito "principale" che si presenta con una gran medaglia pendente dal petto ed uno addetto solo alla musica suonata per i ballerini, il che provoca continui cambi sul podio e la richiesta di ulteriori applausi.  

Poco importa perché le marce trionfali, vigorose, maschie che l'ensemble propone, coinvolgono la platea in furiosi, spesso fuori tempo battimani, che se ci provassero a sbagliare così a Vienna per il Concerto di Capodanno li radierebbero subito dalla sala. A vita! Rausch!
Ma l'accento popolare della serata si vede anche da questo. E non solo. Si vede, anzi si ascolta pure dalla presentazione del gruppo enunciata in un accento russo da operetta. Sul nulla di decoro che completa le scene grigie. Sul pubblico mai così poco in pompa magna, come questa sera. 

I solisti del coro si esibiscono evitando in maniera pedissequa di trovarsi illuminati dalla luce dei riflettori: con l'eliporto piazzato in testa l'effetto sul volto è spettrale. Prendono con dignità i loro personali applausi e li dividono, "collettivamente" col coro che li ha accompagnati, mai oltre il secondo, rigido inchino. 

Le ballerine sono vestite con abiti bellissimi, emettono squittii e urletti, ballano benissimo ed il massimo che si beccano è un applauso di riporto per un passo di danza che le fa roteare per tutto il palco, mostrando i casti mutandoni. Una di loro ha un vitino non proprio da libellula... Ma le cinture piazzate sotto il seno aiutano sempre. 

I ballerini, loro indossano i leggings con le casacche, fischiano ed urlano, ballano e si beccano tutti gli applausi perché i loro passi son tutti acrobatici. Più d'uno ha la pancia gagliarda e quando si tratta di rotolare sulla schiena, dalla sinistra alla destra del palco, indossano una giacca nera che non c'entra nulla col costume, ma così non macchiano la casacca. 

Dei brani non capisci una mazza. Sono in russo tranne il coro degli schiavi del Nabucco che cantano alla fine. 
Riconosci "Kalinka Moja!" ed il "Casatchiok" di Dori Ghezzi e scopri che quando lei canta: "Kasachiok è il ballo della steppa" il motivo originale fa solo un gran: "La lalla lalla la".   Del "Canto dei battellieri del Volga" nessuna traccia. 

Effetti luminosi? Nulla. 
Effetti sonori? Solo la chitarra elettrica inserita nell'orchestra classica. 
Scena? Ho già detto: grigi teloni. 
Sipario? Non c'è. Tutti entrano ed escono di scena come in un dramma di B. Brecht. 

Ma il tutto risulta divertente, godibile e allegro. Bella serata. 

"Non sopporto i cori russi,
la musica finto rock,
la new wave italiana,
Il free jazz, punk inglese. 
Neanche la nera africana! 🎶".



Inviato da iPhone 

martedì 5 gennaio 2016

AL MUSEO CON GLI AMICI



www.napolike.it

Oggi sono andato con due amici al museo. 
Per entrare al museo si fa una coda lunga un chilometro e mentre si sta in piedi si parla con le signore anziane che ti chiedono perché ci sia tanta gente in coda, davanti, al museo. 
Poi le signore anziane escono dalla coda, non prima di essersi fatte promettere di conservar loro il posto, per accogliere altre signore anziane che si erano perse, e loro la coda non la fanno perché hanno le gambe che gli fanno male. E hanno i nipoti che non vogliono stare in fila, ordinati. 

Durante la coda si possono ascoltare i discorsi degli altri ed ogni tanto si fa un passo in avanti. Quando siamo fortunati due. Indietro non si torna mai, gli altri non te lo consentono. 

Gli amici che ci raggiungono quando siamo congelati dal freddo che fa, non ti portano neppure una tazza di caffèlatte caldo perché erano in ansia perché erano in ritardo. E neppure un biscotto: mannaggia alla fretta! Quelli che passano accanto per andare in fondo alla coda ti guardano con odio perché tu sei più avanti di loro e loro non hanno amici a tenergli il posto. Ma non per questo li lasciamo passare avanti. Altri ci contano e più o meno decidono che "di coglioni in coda ce n'è abbastanza" e tornano a casa loro. 

Più stiamo fermi e più mi chiedo se questo signor Monet lo sa che ci sono tante persone che aspettano per entrare a vedere i suoi quadri. E per fortuna che non piove altrimenti più che un quadro di Monet potemmo essere "In un olio di Callebotte", dice uno che ha l'aria di averne visti parecchi di musei. Non conosco neppure il signor Caillebotte, ma immagino che gli piacciano le persone fangose e senza ombrello. 

Esce il sole ma noi cambiamo posto perché non ci muoviamo più ed andiamo verso gli stampini del signor Matisse: lì si spera di entrare. 
Forse sì perché davanti alla sua porta c'è meno gente. Penso che sia meno bravo del signor Monet se nessuno vuol vedere i suoi quadri. Non proprio nessuno nessuno, perché  siamo dentro velocissimamente e le persone, tante, stavano dentro e non fuori ed il mio zaino finisce dentro un cassone chiuso a chiave sennò non mi fanno entrare. 

Il signor Matisse aveva molti amici e ci sono molte pitture di tutti loro. In ogni stanza c'è un quadro suo e gli altri sono di questi altri signori: il signor Picasso, il signor Renoir, il signor  Modigliani, il signor Braque, il signor Derain, Léger e Severini che era nato a Cortona, in Italia. Alcuni di questi signori li hanno chiamati belve/selvaggi, e non per fargli un complimento... Però loro se ne vantarono e si riunirono in un circolo che si chiamava così: le belve. 
Più di tutte mi piacciono le pitture di Picasso perché per lui tutti i lati delle persone o delle cose devo essere dipinti sulla stessa faccia del foglio. 
A me non piacciono molto tutti quei segni, le stelle, le figure di uomini che ballano, sembrano i collage coi figli colorati, neanche tagliati tanto bene, però i colori sono belli. Mi dicono che il Matisse li faceva quando ormai era anziano e famoso e anche un po' malato. Prima dipingeva come tutti gli altri. 

Alle fine usciamo e c'è anche il sole fuori. Meno male che ora fa un po' caldo. 
Uno dei miei amici dice che da questa mostra si capisce che, di certo, le belve erano un gruppo di amici a cui piaceva senza dubbio quella cosa lì delle ragazze. Tutti ridono, rido anche io. 

Ora mangiamo che ho fame. Pastasciutta di Torino. Insalata di Torino, panettone di Torino. 
Mi piace proprio questa Torino. 


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