lunedì 10 maggio 2010

TIM


Mi chiamano al telefono e mi dicono: "Ciao, ti telefono dalla sala d'attesa del chirurgo! C'è un po' di coda e devo aspettare per la visita. Son qui a fare quello che anche tu dovresti fare ma ti rifiuti di fare. Mi spiano le tette".
Risposta: "...".
Dove ... sta per: "Di nuovo?".
"Sì, di nuovo, ma stavolta mi tolgono via tutto, quindi più nessuna traccia di quest'odiosa ginecomastia!".
Risposta: "...".
" Sai, pensavo che mentre io mi opero tu ti potresti far togliere quelle orrende rughe dal collo ".

Poi riattacco. L'altro telefono squilla, è la scusa per non farsi insultare oltre, anche se non faccio in tempo a prendere la telefonata.

domenica 2 maggio 2010

CENTESIMA BARBARIE




Innanzi tutto buongiorno e benvenuti al post numero cento. Per i festeggiamenti vedremo... Magari basta che m'infilo un abito lungo per sentire la festa... O forse che mi tolgo il pigiama e mi vesto.

Sono seduta davanti alla finestra, con 'sto coso sulle zampe, per cercare di riordinare le idee. Fuori c'è il sole e il caldo. Urge caffè, ma dopo il caffè si richiederebbe la sigaretta e invece mi sento un po' provato dal fumo... Magari salto. Ma non son qui per parlare delle mie ansie bronchiali. Dovrei quindi capire perché sono qui. Se mi concentro ce la faccio... Forse.

Mi stiracchio un po' le braccia, prendo confidenza con il mondo e vediamo quello che esce fuori.


Comunicazione di servizio: gli studenti non hanno rotto perché sono andati a letto presto. Non sono stati colpiti dalla mia maledizione, ma probabilmente più decisamente offesi dalle dure nottate in discoteca affrontate durante la gita scolastica. Come si dice: basta raggiungere all'obiettivo. Il Titanic non è affondato e siamo tutto più felici. Alla luce del mattino la nave appare molto più squallida di come mi era apparsa la sera prima, e soprattutto sporca. Niente glamour da "Love Boat", il cappello a tesa larga non è più richiesto. Sbarco volentieri e mi immetto senza navigatore satellitare nel traffico di una città che conosco, ma solo a piedi, per dirigermi al centro dell'Isola. Panico, ma se metto le spalle al mare ogni strada mi porterà allautostrada. Spero. Evito le code previste perché non ci sono, guido peggio di loro per divincolarmi dal traffico intenso in uscita che se lo facessi in Toscana mi prenderebbero a ceffoni il trucco gli altri utenti della strada.


Arrivo giusto in tempo per avere mia bella scampagnata del primo di maggio. Meno male che a colazione sono stata leggera. Sul cucuzzolo della collina, circondata da montagne verdi e persone simpatiche, ho mangiato mangiato mangiato mangiato mangiato mangiato mangiato mangiato mangiato e ancora mangiato. Ho le prove di tutto questo, ma non potendo scaricare le foto nel computer vi dovete fidare della mia parola. Ma so che mi credete, perché la scampagnata del primo maggio, come quella di Pasquetta, e qui pure quella del 25 aprile, non può essere che BARBARICA. A partire dalle cose che si mangiano: per lo più alla griglia, con uomini costretti a creare, curare, ravvivare ed infine estinguere fuochi, che pare di essere tornati al tempo delle caverne. Il fumo ed i grassi che sfrigolano fanno sì che alla fine della giornata puzzino anche un po' da uomini delle caverne. Teglie di pasta al forno di dimensioni ciclopiche: ad un certo punto viene dichiarato che per poter utilizzare una teglia così grande, hanno dovuto sostituire il forno, che quello normale non era abbastanza grande...

Poi i luoghi: la casa ed il fondo in campagna-collina-mantagna-meglio mare, di qualche parente/amico serve all'uopo. Se si è tanto fortunati da essere defilati, si può addirittura godere dell'isolamento, e di pochi eco di Karaoke che arrivano dalle vicinanze. Spesso non c'è elettricità e le case stesse a volte sono solo baracche in lamiera. I tavoli sono arrangiati, le sedie raffazzonate e tutte le stoviglie sono rigorosamente di plastica: non si lava e non si ricicla. Di grazia che i sacchetti si depositano poi nel bidone e non lungo la strada. Menù tipico? Pasta al forno e grigliate di tutto quello che è possibile grigliare.


Si va avanti per ore con le dovute pause tra una pietanza e l'altra.

Poi, prima di rimettersi a tavola per la cena, presto perché in casa non c'è la luce elettrica e bisogna approfittare fin che dura quella solare, abbiamo fatto una bellissima passeggiata nel verde, tra il profumo di fiori selvatici. Una meraviglia e una faticaccia che ha... stimolato nuovamente l'appetito. Abbiamo salutato un gregge di pecore sopravvissute alla Pasqua, raccolto fiori e fatto foto.

E se prima di partire giuravamo di non voler mai più aprire le ganasce per inserirvi altro cibo, durante quell'oretta solo ci cibo abbiamo parlato. Così che tornati indietro si era giusto giusto fatta l'ora di cena. E noi abbiamo obbedito all'istinto primario.


Ho avuto anche io il mio primo maggio barbarico. Ora a dieta che entro sabato devo entrare dentro l'abito da cerimonia.


venerdì 30 aprile 2010

SALUTI DAL TITANIC


Carissimi, un saluto dal transatlantico - transmediterraneo - che mi porta dal continente alla Sicilia.

La fauna è varia.

Prima di tutto non mancano gli studenti in gita scolastica per i quali spero di cuore una crisi gastrica di proporzioni epiche, così da tenerli bloccati tutta la notte sulla tazza a cercare di depositarvi l'anima creata. I giovani, si sa, sono un po' meno sotto controllo che gli adulti, che già loro son belli sballati: urlano, strillano, ritengano che il mondo si debba regolare con i loro orari e le loro voglie. Sono in pratica dei poveri mentecatti che si reputano Dei. Quelli in gita scolastica sono generalmente fuori controllo, e neppure un professore iscritto volontariamente al Club Gestapo, riesce a tenerli sotto controllo. Sempre ammesso che ci provino. E questi NON ci provano neppure. Quindi per consentire a me di dormire stanotte, meglio il cacozzo a loro, che gli occhi spalancati a me.

Poi ci sono le famiglie con figli. Durante le ore d'attesa all'imbarco che non è MAI in orario, ho visto i genitori sopperire al bisogno dei pargoli con indefessa dedizione. Li ho visti svuotare vasini pieni di pipì, cambiare pannolini non proprio lindi, scoperchiare vasetti di Nutella e servirli ai figli sovrappeso, li ho visti rincorrerli mentre scappavano infilandosi tra le auto in fila, oppure servirli di salutari banane. Lotta inutile: tanta dedizione, servizio, invito al viaggio per ritrovarsi poi, da vecchi, abbandonati in un cronicario, senza più la memoria di tutta l'attenzione prestata. A che serve?

Poi ci sono le signore e i signori di mezza età che raggiungono le isole con quel glamour che solo la nave sa dare: acconciatura impeccabili, foulard al collo degli uomini al nome di grandi marche, macchine così lucide che sembrano sterilizzate e quel sorriso sereno di chi, ancora per un giorno, l'ha infilato nel.... Lì a chi si aspettava di sotterrali con la fanfare.


Infine quelli della mia età: i quasi cinquantenni. Quelli della mia età non sono molti in effetti, se si toglie la categoria dei camionisti che, posizionati sottobordo quei cosi enormi che guidano, si stravaccano su qualunque poltrona, sedia sgabello disponibile, non hanno un età precisa o dimostrata. Potrebbero avere trent'anni portati da sessantenni, o sessant'anni portati da cinquantenni.

Noi che ancora vogliamo correre perché alla nostra età ci hanno detto che bisogna farlo, nel pieno dell'età produttiva, preferiamo l'aereo perché non abbiamo tempo da perdere, dimenticando che il viaggio non è solo arrivare a destinazione, ma il mentre dell'andare lì.

Che poi ho visto su di me l'effetto isterico che l'aereo crea: l'aspettativa di partire e arrivare in tempi breve viene quasi sempre tradita dai ritardi, dai tempi morti, dal fatto che la velocità che ci aspettiamo raramente a si raggiunge. La delusione rende cattivi. Infatti negli aeroporti vedi solo facce incarognite.


La nave parte. Saluti. Se dovesse far la fine del Titanic, venite a cercare i poveri resti nella cabina 7332. Ma meglio: lasciatemi lì. Farò amicizia con i polipi e le cozze, che un po' mi sento già. Cozza, intendo.


giovedì 29 aprile 2010

YOGi /




Sono contento che oltre a tante idee io e Ignominia siamo unite nel blog anche dalle frasi celebri - quotes - di Yogi Berra. Sono da morire. Mi hanno spiegato che il signor Berra, allenatore statunitense di teams di baseball, ha dato da fare parecchio a giornalisti e scrittori per decifrare e raccogliere tutte le castronerie che diceva. Queste, come quelle scritte per la legge di Murphy, sono fondamentalmente intrise di verità. a volte spicciole, a volte inoppugnabilmente proiettate verso i massimi sistemi. Ma comunque suonano davvero buffe.
Metti quella in cui, avendogli chiesto che ore erano, lui risponde con un'altra domanda ineccepibile: "You mean now?".

Anche se lo si da per scontato che quando ci chiedono che ore sono si riferiscano al momento attuale, al preciso istante, non è detto che la precisazione sia sempre ridicola. O no? Il tempo è frazionato in così tanti minuscoli spazi che un po' di precisione in più non guasta. In un mondo in cui anche avvicinandosi al bancone del latte le opzioni diventano così tante - marche diverse, intero, parzialmente, completamente scremato, fresco, semi fresco, staginabile, digeribile, di capra, di mucca, di riso, di soia, in confezione da litro o da mezzo litro, con latte proveniente dalla provincia, dal Paese o da non si sa dove, con aggiunta di vitamine oppure semplice... - che potrebbe apparire ridicolo chiedere solo: "CHE ORE SONO?". "Quando, adesso?", appunto.
Lo so, sto esasperando... Mentre semplificare le cose potrebbe essere la via di mezzo. Ma per semplificare bisogna dare per scontato, ed ecco che allora la richiesta specifica appare ridicola.

Sempre per l'argomento: "dare per scontato", visto che di elettronica non capisco nulla, qualcuno è capace di spiegarmi dove cavolo va copiato e incollato tutto lo script che appare mentre cerco di creare un collegamento tra il mio account su anobii.com e questa pagina? Ci sto perdendo il capo. Eppure loro la fanno tanto facile... Se qualcuno lo sa fare partendo da anobii.com, mi dice come ha risolto la cosa? Ringraziamenti ed inchini deferenti.

Questa invece è una cosa semplice. Sotto ogni post appare un piccolo lapis. Cliccandolo si apre una paurosissima finestra per i commenti che ultimamente pare usata solo da due persone delle quali una sono io. Perché non lasciate in commento lì invece che su facebook? Altrimenti finirò per farmi l'idea di scrivere solo per i parenti... Che va bene anche così, ma insomma... Magari qualcuno non la pensa come me, allora si potrebbero confrontare le idee. Oppure no?!
Rimboccatevi le maniche, non mordo.

mercoledì 28 aprile 2010

PERINEO E PARTENZE


Ormai per dimostrare una gioia forte, bisogna emettere una voce forte.
Una risata forte, invadente, che sta in bilico tra quella di un sobrio e quella di un ubriaco dimostra allegria forte. Parecchio.
Così stanotte, verso l'una, tornato dal cinema, sono stato assalito dalle voci che arrivavano dalla strada - urla e risate amplificate - di chi doveva dimostrare al quartiere, meglio al branco che frequenta, quanto si stesse divertendo. Quanto fosse figo essere lì in quella situazione.

Per quel che mi riguarda io venivo da un film giapponese, fatto di silenzi e linee oblique, di colori che erano sfumature del grigio, di musica alta - nel senso di alta qualità, non a tutto volume - e lì per lì, ho avuto la tentazione di riportare al silenzio la massa di decerebrati, attraverso il lancio obliquo di un vaso dal quarto piano, onde poter ammirare la materia grigia sparsa sul marciapiedi nuovo, ed andare a letto rigenerato, cullato dal suono della musica alta dell'ambulanza che si precipita.

Per questa composizione meglio il vaso in plastica di circa 20 litri, con dentro l'iris che sta per sbocciare, oppure il piccolo germoglio di quercia nel minuscolo vaso in coccio? Il primo!

Lo avrei sollevato con leggerezza vista l'anteprima cinematografica svoltasi a contrarre e decontrarre LO perineo e gli addominali durante la lezione di yoga. A proposito, i miei addominali vanno meglio ma ancora non ne vogliono sapere di sollevare le mie gambe in un movimento congiunto con LO perineo. Io mi esercito e quando riusciranno a sbattere le gambe e il bacino al di là delle mia testa in una posizione di fellazione dannunziana vi farò sapere... O forse no.

Ma torniamo all'argomento che mi ha fatto accendere il computer, che non sono le scimmie urlatrici o le lezioni a cercare di riportare un po' di agilità in questo vecchio corpo di gallina, ormai pronto alla bollitura. L'argomento era il film: "DEPARTURES" di Yogiro Takita che si è meritato l'Oscar come miglior film straniero quest'anno. Se avete tempo e voglia, ma soprattutto, trattandosi di un film giapponese, pazienza, andatelo a vedere certi di trovarvi di fronte ad una storia di un'eleganza senza pari.
Di cosa parla è resto detto. Un giovane e bel musicista di violoncello si trasferisce con la moglie nel paese natale quando la sua orchestra viene chiusa. Lì trova lavoro in un agenzia di ricomposizione, vestizione e trucco defunti. E attraverso l'arte del ridare dignità, bellezza, rispetto alle salme, ritrova un filo diretto con la musica ed il padre, che l'ha abbandonato da bambino. Nel frattempo fa tanti bagni.... E meno male!
Non è un giallo.
E' un film dove l'eleganza del Giappone viene messa in mostra durante la cerimonia di vestizione del cadavere, eseguita di fronte alla famiglia del defunto riunita ad assistere. Un eleganza fatta di gesti, linee dritte ed oblique, colori tenui, silenzi interrotti solo dal fruscio dei tessuti, Elegante è preservare il corpo del defunto dagli sguardi altrui e quindi lavarlo e vestirlo, senza che gli astanti non ne vedano che la sola faccia. Elegante è il silenzio in cui quasi tutte le scene si svolgono. Elegante è quel gran figo di Masahiro Mitoki, protagonista del film, sempre in giacca, gilè e cravatta. O quasi.
Fate caso alla perfezione della linea della schiena del protagonista, inclinata a porgere un fazzoletto per lavare la fatica dalla fronte della vecchia proprietaria del bagno pubblico. E fate caso all'angolo perfetto delle sue braccia leggermente piegate nel gesto contemporaneo del porgere. Fate caso a come l'immagine viene composta, con quale rara perfezione e sobrietà ed allora capirete perché amo tanto il Giappone.
Che insieme a Boston è l'unico posto che mi manca del mio lavoro.

Certo il Giappone che ho conosciuto io è ben lontano da questo tipo di cerimonie. Ma poi non troppo e lo si vedeva dalla cura con cui la l'anziana signora friggeva le mie foglie di acero, aiutandosi con le bacchette, per prepararmi un piccolo snack prima della passeggiata. Oppure dalla cura con cui ogni pezzo di sushi viene posto sul piattino da cui lo si mangia, anche nel più infimo dei ristoranti. Oppure dal fatto che qualunque cosa ti viene porta, sia essa il resto o un biglietto del treno, il pacchetto con gli acquisti, o il piatto di portata, ti viene sempre data con due mani, mai con una mano sola. Senza neppure nominare l'inchino. Che a forza di vederlo fare alla fine della permanenza ti viene da farlo anche a te.
Mi fermo con gli esempi.
Amo quel paese e mi manca. Ieri sera ho respirato un po' d'aria buona.


domenica 25 aprile 2010

FILMS & BLOGS


Appena finito di vedere un film e mentre ancora la musica dei titoli di coda scorre nelle mie orecchie, eccomi qua a buttare giù un po' di righe.
Dovete vedere "Julie & Julia". E' incredibile.
Potrei fare una lista dei motivi per i quali va visto? Potrei ma non la faccio.
Certo è che per chi frequenta i blogs sarebbe quasi dovuto, in quanto il film prende spunto da un libro scritto da una giovane donna che porta avanti un blog nel quale oltre a raccontare di sé, racconta della fantastica esperienza nella quale si è trasformata la sua vita cucinando tutte le ricette descritte in un vecchio libro di cucina, la cui autrice, Julia Child, dicono abbia rivoluzionato le abitudini in cucina delle casalinghe americane. Quindi di una "bloggara" si tratta. Solidarietà tra internauti.
Ma più che per la vita on line di un'impiegata americana, il film è un capolavoro d'interpretazione da parte di Maryl Streep e di Stanley Tucci, che nel film sono i signori Paul Child; lui diplomatico non di luminosa carriera, lei la moglie che trasforma amore per la cucina, amore per Parigi, indefessa fiducia nel mondo in un libro che, ci fanno sapere i titoli di coda, è adesso, nella realtà, alla 49' edizione. E per godervelo al meglio bisognerebbe fare lo sforzo di vederlo in lingua originale, perché non c'è doppiaggio che possa tenere le sfumature di tono, le arrotature di lingua, le urla sfrenate che la Streep regala al personaggio.
Un capolavoro di virtuosismo non stucchevole.
Quel genio di attrice che non ha bisogno né di giustificazioni, né di commenti recita sui trampoli tutto il tempo dovendo interpretare un donnone dall'altezza esagerata. Infatti, a lei che le cronache non ci dicono altissima, i piedi le vengono inquadrati il minimo indispensabile, e mi sono spesso domandato come abbia fatto a mantenere la concentrazione in quello che dev'essere stato, un equilibrio precario.
Insomma, guardatela, ascoltatela mentre interpreta e non gigioneggia, e divertitevi come mi sono divertito io.
Ecco, uno di quei film in cui gli interpreti, soprattutto i due nominati, riescono a dare il colore e lo spessore che altrimenti non si sarebbe affatto visto. E l'operazione sarebbe risultata molto più deludente.
Grazie.

Per quello che mi riguarda ho affinato la ricetta della crema di ricotta che ho visto fare a mia cognata in Sicilia. Il trucco è il minipimer... O il frullatore se preferite (io amo il minipimer!).
La cosa si svolge così: questa crema che può essere usata per riempire senza cottura bigné o altri dolci, deve in qualche modo essere affinata in quanto la ricotta di per se rimane abbastanza intera se non la setacci, passi al passa verdure (oppure frulli). Il risultato, senza questa operazione, potrebbe essere una crema pesante e poco... cremosa. Così infatti era venuta a chi me l'ha fatta assaggiare la prima volta. Buona ma un tosta. Al suggerimento di una manovra meccanicamente più drastica di disfacimento dell'elemento principale, era insorta adducendo violazioni alla tradizione che lì per lì non mi hanno affatto convinto. Anzi mi hanno fatto pensare che l'elasticità mentale si è un po' imporrita. Ma se invece di attaccarsi a idee preconcette che hanno sicuramente un loro perché, si prova a sperimentare, e la passi al minipimer, oltre a frullarla alla perfezione con quel poco di zucchero che necessita la ricotta di mucca per essere addolcita, con quel poco di scorza d'arancia che ci va per dargli un tono, e se sei particolarmente goloso con quel minimo di cioccolato fondente, la ricotta si monta e diventa vellutata e soffice come una VERA crema. Più frulli e più monta, ma già dopo un due/tre minuti è perfetta.
A chi l'ho offerta è piaciuta, e la maggior parte del tempo della preparazione lo si passa a riempire i dolcetti.
Meglio se si lasciano riposare qualche ora prima di servire, per fare in modo che la pasta si beva un po' di liquido.
E buon appetito.

venerdì 23 aprile 2010

PIOGGIA E TIME CAPSULE





Tanto ci tocca, quindi armatevi di ombrelli e trovate quel residuo di pazienza che son certo ancora risiede nel profondo del vostro animo, perché della pioggia un giorno sì e uno no, a volte un giorno si e l'altro pure, pare, ancora non ci si può liberare. Io per me, vista l'abbondanza della cisterna d'acqua piovana, mi sono fatto un paio di lavatrici che forse potevano aspettare. Ho steso in soffitta e chi s'è visto s'è visto.
Ma non è successo anche a voi di provare ansia quando ci sono stati ben tre giorni filati in cui non è caduta neppure una goccia d'acqua? I muschi e licheni che si sono formati sotto le mie scarpe hanno subito richiesto l'intervento delle forze multinazionali di pace. Il mio umore è schizzato così in alto che poi, dopo l'inevitabile caduta, ho cominciato a provare terrore per la siccità che ero certa sarebbe arrivata. Follia pura. Distacco compulsivo dalla realtà. Così folle che l'unico che ha goduto dei pochi momenti di sole è stato Pallino, il gatto, che si è precipitato fuori per riprovare l'ebbrezza del giacere a pancia all'aria sul cofano di qualche auto parcheggiata.

Pochi gg fa mi è arrivato per posta dall'Irlanda un disco di back up sofisticatissimo, che ha dovuto sconfiggere la nube del vulcano Eyja... - pare sardo - per arrivare fino a qui. Posto la fatica dell'istallazione su Faccialibro e mi viene suggerito che il suo nome è Capsula del Tempo, aggeggio che non so neppure sia ancora in uso, che ci consentirebbe di tramandare ai posteri informazioni e oggetti del nostro
sciagurato presente. Igno stimola la mia fantasia riguardo a cosa metterei in un eventuale cilindro da interrare, per ricordare di me ai posteri.
Così sono un paio di giorni che ci penso.

Ma...
Punto primo: a chi interesserebbe scovare nel proprio giardino informazioni su di me?
Punto secondo: se zappando per piantare l'insalata uno/una da un colpo ad un oggetto metallico, minimo gli viene un colpo e chiama gli artificieri.
Punto terzo: che ci metto dentro? Di certo parecchia roba, perché se dovessi restringere il campo ad un solo oggetto sarei nelle peste. Quindi, non potendo disporre di un'intera stanza da interrare con un'intera biblioteca dentro, e così chi s'è visto s'è visto, mi impongo una selezione e riduco le immissioni a dieci pezzi.

1- un dischetto con fotografie varie, mie, dei miei amori, della mia famiglia, del mio gatto, dei miei amici con didascalie;
2- una specie di albero genealogico per spiegare tempi, luoghi e personaggi;
3- un modellino di aereo, magari l'MD11;
4- un libro della Austen, forse "Persuasione" e uno della Yourcenar, certo "Memorie di Adriano";
5- un chilo di rigatoni;
6- il brano di Patty Pravo "Tutt'al più" e nella parte restante del disco i rumori di questo tempo, quelli belli e quelli insopportabili, compreso il russare del mio gatto - scelgo io -;
7- la guida turistica del Giappone;
8- un barattolo di caponata della mamma di Pippo;
9- il libro Electa su "La cappella degli Scrovegni";
10- una mappa del mondo, un planisfero fisico/politico.

Le scelte sono personali. E voi cosa mettereste?