martedì 5 gennaio 2016

AL MUSEO CON GLI AMICI



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Oggi sono andato con due amici al museo. 
Per entrare al museo si fa una coda lunga un chilometro e mentre si sta in piedi si parla con le signore anziane che ti chiedono perché ci sia tanta gente in coda, davanti, al museo. 
Poi le signore anziane escono dalla coda, non prima di essersi fatte promettere di conservar loro il posto, per accogliere altre signore anziane che si erano perse, e loro la coda non la fanno perché hanno le gambe che gli fanno male. E hanno i nipoti che non vogliono stare in fila, ordinati. 

Durante la coda si possono ascoltare i discorsi degli altri ed ogni tanto si fa un passo in avanti. Quando siamo fortunati due. Indietro non si torna mai, gli altri non te lo consentono. 

Gli amici che ci raggiungono quando siamo congelati dal freddo che fa, non ti portano neppure una tazza di caffèlatte caldo perché erano in ansia perché erano in ritardo. E neppure un biscotto: mannaggia alla fretta! Quelli che passano accanto per andare in fondo alla coda ti guardano con odio perché tu sei più avanti di loro e loro non hanno amici a tenergli il posto. Ma non per questo li lasciamo passare avanti. Altri ci contano e più o meno decidono che "di coglioni in coda ce n'è abbastanza" e tornano a casa loro. 

Più stiamo fermi e più mi chiedo se questo signor Monet lo sa che ci sono tante persone che aspettano per entrare a vedere i suoi quadri. E per fortuna che non piove altrimenti più che un quadro di Monet potemmo essere "In un olio di Callebotte", dice uno che ha l'aria di averne visti parecchi di musei. Non conosco neppure il signor Caillebotte, ma immagino che gli piacciano le persone fangose e senza ombrello. 

Esce il sole ma noi cambiamo posto perché non ci muoviamo più ed andiamo verso gli stampini del signor Matisse: lì si spera di entrare. 
Forse sì perché davanti alla sua porta c'è meno gente. Penso che sia meno bravo del signor Monet se nessuno vuol vedere i suoi quadri. Non proprio nessuno nessuno, perché  siamo dentro velocissimamente e le persone, tante, stavano dentro e non fuori ed il mio zaino finisce dentro un cassone chiuso a chiave sennò non mi fanno entrare. 

Il signor Matisse aveva molti amici e ci sono molte pitture di tutti loro. In ogni stanza c'è un quadro suo e gli altri sono di questi altri signori: il signor Picasso, il signor Renoir, il signor  Modigliani, il signor Braque, il signor Derain, Léger e Severini che era nato a Cortona, in Italia. Alcuni di questi signori li hanno chiamati belve/selvaggi, e non per fargli un complimento... Però loro se ne vantarono e si riunirono in un circolo che si chiamava così: le belve. 
Più di tutte mi piacciono le pitture di Picasso perché per lui tutti i lati delle persone o delle cose devo essere dipinti sulla stessa faccia del foglio. 
A me non piacciono molto tutti quei segni, le stelle, le figure di uomini che ballano, sembrano i collage coi figli colorati, neanche tagliati tanto bene, però i colori sono belli. Mi dicono che il Matisse li faceva quando ormai era anziano e famoso e anche un po' malato. Prima dipingeva come tutti gli altri. 

Alle fine usciamo e c'è anche il sole fuori. Meno male che ora fa un po' caldo. 
Uno dei miei amici dice che da questa mostra si capisce che, di certo, le belve erano un gruppo di amici a cui piaceva senza dubbio quella cosa lì delle ragazze. Tutti ridono, rido anche io. 

Ora mangiamo che ho fame. Pastasciutta di Torino. Insalata di Torino, panettone di Torino. 
Mi piace proprio questa Torino. 


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2 commenti:

ignominia ha detto...

Bellino bellino questo post, mi piace la "voce" che hai adottato per questa storia, una voce innocente e aperta alla scoperta, ben differente da quella del post precedente... sono contenta che tu ti stia godendo Milano e peccato non ti piaccia Matisse ultima maniera, secondo me ha rivoluzionato l'arte con i suoi collages perchè in essi si intravedono parecchie correnti che sono venute dopo. Via email ti mando un PDF di articoli sulla mostra di New York al MOMA.

Melinda ha detto...

Grazie Igno, mi è presa così, mentre ero in coda e crepavo di freddo. È un gioco, nulla di più, un gioco come quello di passare da una mostra all'altra solo per sfuggire alla folla.
No, in realtà non mi fa impazzire Matisse, ma sono comunque andato perché non è che lo detesto, solo non mi fa urlare di piacere. C'era comunque "il suo tempo", come diceva il titolo della mostra, che ha sopperito ampiamente nel farmi piacere l'esposizione.