Forse è colpa delle urla di questi bimbi in questa sala d'imbarco di un aeroporto deserto che mi hanno costretto ad accendere la musica.
O forse è questione di stimoli elettrici, aree sensibili nella calotta cranica.
Perché essere iper accessibili da alcune onde sonore, luminose può indubbiamente mettere in imbarazzo.
Ascolto il tema principale e dei titoli di coda della colonna sonora del film "Piccolo Buddha" e l'emozione è così forte che devo chiudere il libro che mi fa trascorrere il tempo in attesa di un aereo che tarda ad arrivare.
Se vedo le immagini che formano un'intera pellicola e mi lascio catturare da una qualche tenerezza che m'ispirano, m'impegno poi a rivederle per altre due sere di seguito. Naturale che così rimando tutte le telefonate al mittente ed i pochi impegni che l'amministrazione della casa m'impone.
Una voce in particolare qualche giorno fa cantava così tanto per me da bloccarmi nell'atto di versare il caffè per i miei ospiti.
Se poi m'impedisse per distrazione indotta di arrivare a bordo dell'aereo per l'Isola Grande sarebbe il colmo.
Ecco perché gli efficienti capitani d'industria, quelli che incassano in Italia e pagano le tasse in Svizzera per intenderci, non mostrano sentimenti. Non che non li abbiamo... Almeno credo. Li hanno solo relegati altrove per evitar loro una qualsiasi interferenza con quelle vite lavorative improbabili.
Perché una cosa è distrarsi da Jane Austen, un'altra ledere all'efficienza isterica del mercato odierno.
Ma la domanda iniziale resta non risposta: nell'arroganza umana che spinge a domandare piuttosto che accettare, non ho ancora una volta colto l'occasione di lasciar da parte i perché e di godere appieno di questa musica, poi del suono che nasce dalle parole di questo libro.
Decido ora che mi metto d'impegno per godere entrambi appieno.
Solo dopo aver fatto una strage di bimbi galoppanti e nitrenti in sala d'imbarco.
Inviato da iPhone di Melinda
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