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L'antico gioco di credere deliberatamente l'incredibile come reale ha sempre un suo perché e una sua ragione di esistere. Lo faccio personalmente allontanando la stagioni vere, la data di oggi, le realtà collettive create dai media e molto altro.
Perché mi succeda non lo so. E invece ormai dovrei saperlo, non fosse che per il sacchetto di anni che mi porto appresso come una befana ubriaca, in giro per il mondo.
Mi consola scoprire che il fenomeno è collettivo. E come dice il proverbio, un po' mi discolpa.
Il countdown dice ventitre giorni a Natale e la sensazione che mi arriva al riguardo è... nessuna sensazione. A guardarmi bene dentro al momento non ho pronta tutta la gioia richiesta dal... momento - appunto! - per apprestarmi a godere dello scintillio del Natale.
Ed infatti è già deciso che l'albero non lo farò. Del presepe neppure a parlarne. Poi magari ci ripenso all'ultimo momento, non si sa mai. Magari faccio uno sforzo perché questo Natale è l'ultimo prima della "mostruosa sfiga Maya", quindi l'ultimo di questo mondo se il popolo di sanguinari ci azzecca.
Ma per ora, più o meno come l'anno scorso, voglia di festeggiare: "PUNTA".
Accapo, quindi.
In più oggi è il primo giorno di colori e luci che transitano l'autunno nell'inverno e non è che mettano proprio allegria: sfido chiunque a trovare il grigio un colore allegro.
Mi ero abituato alla meravigliosa bolla di bel tempo che fino ad oggi ha avvolto questa parte della regione e che prolungava senza fine l'estate indiana.
Litrate di sole e metrate di temperature tiepide fuori stagione... Zac! Sparite nel giro di una notte.
C'è voluto il cambio del mese, lo slittamento verso il dicembre per vedere il grigio, la pioggerellina, le temperature che obbligano ad accendere la stufa molto presto nel pomeriggio. Ma è il suo momento e la pioggia serve: il periodo di siccità che ha subito la zona è ormai lungo mesi, non giorni o settimane.
Quindi che piova pure. Solo se potessi scegliere, mi farebbe piacere lo facesse con un minimo di garbo, ecco.
Se penso che a pochi chilometri da qui la pioggia ha scatenato l'inferno mi viene da chiedere se anche tra le nuvole si sia perso il metro del giusto mezzo. Tanto da ritirare su due piedi la richiesta d'acqua.
Per consolarmi del cambio del mese e del precipitarsi verso il Natale e dell'avere a disposizione un tempo metereologico che inviterebbe agli acquisti che non voglio fare, mi sono guardato anche oggi la solita "puntata": termine con il quale mia nonna definiva le soap opera, o "telediarree", che era solita seguire in TV.
Confesso di seguire con interesse le vicende della famiglia che possiede la fabbrica di ceramiche "Falkental" e di ammirare profondamente la mente malata che si ostina a scrivere e proporre le solite storie viste e riviste, e riuscire nel contempo ad appassionarmi ugualmente. Sarà che alla fine uno le storie le segue anche per rabbia, per vedere fino a che punto di bassezza ci si riesca a spingere per appassionare il pubblico.
Questo particolare congresso di cervelli malati di sceneggiatori ha trovato comunque qualcosa d'interessante: è il modo tutto suo di rinfrescare le trame appassite e ripetitive. Non avendo la faccia tosta americana di far risorgere i morti, tornare i dispersi, miracolare i ciechi, fermare i terremoti qui si cambiano i protagonisti principali più o meno ogni cento puntate.
Che vuol dire: i comprimari, i luoghi, le famiglie restano gli stessi ed hanno così la carriera assicurata a vita; cambiano solo i protagonisti principali della storia d'amore contrastata che fa da fulcro. Protagonisti che non appena raggiunta la felicità di coppia vengono spediti a vivere in Sud Africa, a fare il giro del mondo in barca a vela, e sotto a chi tocca, arriva un'altra coppia che avrà almeno cento puntate prima di convolare a giuste nozze.
Si cambiano le facce delle sigla principale e si riparte.
In tutto questo poco sesso, pochi bei maschi e poche belle donne. La normalità, ecco. Come del resto è normale possedere una rinomata fabbrica di porcellane, una bella villa-castello, Porche e Mercedes a gogo...
Sì sì... Mal che vada mi metto sul divano, accavallo le gambe sotto la coperta di pile, chiamo il gatto che viene anche senza essere chiamato, porto un barattolo di marmellata e biscotti su cui spalmarla. Così da avere il carburante per seguire e scoprire gli inganni di qualche altra "telediarrea " che dovesse appassionarmi.
Ecco così risolto l'inverno.
P.S.: riguardo alle soap opera mi permetto di consigliare il divertentiassimo film "Bolle Di Sapone" (Soapdish) di Michael Hoffman del 1991: Sally Field e Woopy Goldberg sono grandiose!
P.P.S.: il mio calendario Men In The Alps 2012 è già arrivato.
2 commenti:
Però, però, però:
finalmente, grazie al tempo grigio e alla pioggerellina, ho camminato fino in centro per mangiare uno dei magnifici bomboloni alla crema della storica pasticceria "Stefano", senza alcun senso di colpa. Siamo o non siamo alle ormai alle porte dell'inverno?
proprio dei sorrisi naturali questi tuoi men in the Alps...mi fanno stare scomoda solo a guardarli...
naso tappato e respiro dalla bocca a parte, che bello l'inverno! E' anche normale che dopo 40 e passa anni la magia del Natale abbia perso un po' il suo scintillio, è normale, specie se sprechi tutta la tua capacità di sospendere l'incredulità per le "telediarrea". PEr fortuna che rimangono le parole scritte, per noi che leggiamo è l'ultima spiaggia davvero. Però spero che faremo le nostre cleebrazioni in cucina, con una cookie making session da sballo. CI stai e a quando? Bacibaci
eudie
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