Inviato da iPhone
sabato 26 dicembre 2015
TRONFIO DI PANETTONE
Inviato da iPhone
giovedì 10 dicembre 2015
A ZONZO PER PREMIO
Inviato da iPhone di Melinda
martedì 8 dicembre 2015
CONSIDERAZIONI IN ATTESA DEL REGALO DI NATALE.
Inviato da iPhone di Giampiero Pancini
martedì 17 novembre 2015
GAND (GENT)
Inviato da iPhone di Giampiero Pancini
lunedì 16 novembre 2015
UN POPOLO FIERO
Il mondo è una lente personale, un'ottica fotografica attraverso la quale visualizziamo le nostre emozioni e, se siamo abbastanza svegli, attraverso esse riusciamo a percepire almeno i nostri personali contorni. Fatti, avvenimenti eclatanti, tragedie sono gli spunti per mettere a fuoco chi siamo. O forse soltanto cosa proviamo.
Degli attentati di Parigi tutti abbiamo colto la ferocia, la determinazione ad uccidere. Ma ognuno visualizza questa malvagità attraverso un fotogramma pubblico che diventa privato e resta incastonato a ricordare l'evento, forse, per sempre. Il massacro.
Per quanto mi riguarda questo momento sarà rivissuto per sempre attraverso l'immagine sgranata della ragazza e del ragazzo appesi al di fuori delle finestre del teatro Bataclan, lei con i piedi infilati nelle grate della finestra sottostante, lui appeso e basta, come un animale pronto al macello. Una fuga disperata verso il fuori, lì dove anche una parete esterna è FUORI.
Il simbolo della disperazione di quei momenti per me è e resterà questo. Non importa per quanto ancora le immagini ci bombarderanno e forniranno altri spunti.
Si contano i morti e si piangono. Si celebrano i loro nomi mentre le ferite dei corpi risarciscono. Si parla o si sceglie di stare zitti per non prendere nessuna posizione tranne quella del cordoglio. Per non alimentare l'una o l'altra delle fazioni del: "te l'avevo detto". Perché parlare è rischioso, parlare può suggerire al cervello muove immagini che allenterebbero il ricordo.
Se un paradiso esiste è lì che si trovano i morti, e potrebbe avere l'aspetto di questa giornata di sole sul mare di Alghero.
Questo è il mio augurio per i morti di quel Popolo fiero che si fa unione, Nazione, si fa coraggio ad uscire da uno stadio attaccato cantando l'Inno Nazionale.
Chapeau.
Inviato da iPhone di Melinda
giovedì 5 novembre 2015
A-NOSTALGICO
Inviato da iPhone di Giampiero Pancini
lunedì 2 novembre 2015
DOPO LA CHIUSURA LA RICERCA
Perché è particolarmente stimolante - mai aggettivo fu più usato a sproposito - recarsi in libreria per cercare dei libri che si sanno ancora reperibili, non trovarli perché, ti dicono, stampati per la prima volta anni fa. Chiedere se si possono ordinare e sentirsi dire che no, non è possibile recuperarli perché troppo vecchi...
"E la bibbia, rispondo io? Non mi pare sia proprio l'ultimissimo di Camilleri, eppure ne avete un bel po' di edizioni in esposizione".
Evito la rissa ed esco, con in mano un sacchetto con un libro che probabilmente nella mente della libraia rappresenta, per la sua edizione dell'inizio del 2015, una rarità da collezionista: del resto ha dietro di sé ben sedici pubblicazioni nella stessa collana.
E mi domando perché mi ostino: i libri che cercavo li avevo già trovati in internet, sapevo che era possibile averli dal sito bello, confortevole, pratico e facilmente navigabile della casa editrice; perché quindi mi ostino a vestirmi ed uscire a cercare di acquistarli in luoghi reali con persone vere?
Perché son pirla. Sognatore ed idealista, con tendenze al pirla.
Tornato a casa ho aperto il computer, mi sono registrato, ho fatto l'ordine, ho pagato, so già che l'ordine è stato approvato. Forse me li spediranno tra poco. In realtà non lo so perché la casa editrice non funziona come Amazon dove ti comunicano anche se il primo dei volumi è in ritardo perché ha il raffreddore, ma ho speranza che nel giro di pochi giorni il corriere me li consegni.
Molto più facile fare questo che sapere se a bordo di un aereo ho dimenticato gli occhiali da lettura ed un altro volume di poco valore che non trovo più: il numero telefonico dell'azienda che gestisce gli aeroporti, è un muro invalicabile di informazioni "premi il tasto uno per l'italiano, due per il greco-cipriota", info che non calzano mai al caso proprio. Ed il numero di telefono squilla a vuoto. E la mail da spedire pretende una registrazione anche lei: la faccio ma poi anche da registrato non posso accedere nell'immediato al modulo previsto per sapere se son stato pirla a dimenticare gli occhiali o a pensare di ritrovarli...
Per fortuna arriva la sera che tutti gli uffici chiude e pacifica fino al giorno successivo.
Ah, dimenticavo: la spedizione dei quattro volumetti è compresa nel prezzo di listino. Non dico altro.
domenica 25 ottobre 2015
SALDI DI CHIUSURA
Inviato da iPhone
mercoledì 7 ottobre 2015
SALITA AL MONTE
Ho fatto una cosa che avrei dovuto fare anni addietro, ma fino ad ora la pigrizia non mi ha aiutato a portare a termine il compito.
Invece un po' di giorni fa, arrivato a Palermo, ho tirato fuori le scarpe da camminata che certamente non si trovavano lì per caso, e mi sono incamminato sul Monte Pellegrino fino a raggiungere il santuario dedicato alla Santuzza.
Un bel percorso in salita vertiginosa su un acciottolato scassacaviglie: ma tant'è, questo è il percorso devozionale. Una signora che incontro mentre già io sto scendendo lo percorre scalza e davvero non so quale enorme grazia abbia bisogno di chiedere a Santa Rosalia per sottoporsi a tale tortura: io con gli scarponcelli ce la faccio a malapena. Sarà colpa mia che cammino sempre troppo in fretta anche in salita.
Per i pigri o coloro che non possono camminare così a lungo c'è l'alternativa in quattro ruote su un bell'asfalto liscio e curato.
Asfalto ed acciottolato si incontrano più di una volta ed alla fine si riuniscono davanti alla scalinata della chiesa, tra pullman, baracchini di ricordi di ogni genere - in vendita non c'è solo Santa Rosalia in ogni forma e colore, ma pure mafia, politica e saggezza popolare che invita a farsi i fatti propri - ed infine bar ristoratori. Dove all'arrivo mi compero un bel cornetto classico panna e cioccolata. La ricompensa ci sta tutta.
Quando m'incammino ha appena finito di diluviare. L'aria è incredibilmente fresca e limpida. La terra riarsa dall'estate che ormai è alle spalle ha assorbito diligentemente tutta l'acqua che ha scaricato il cielo.
La prima cosa che mi colpisce è la differenza dei rumori che sento cambiare mano a mano che salgo. Dal traffico indifferentemente caotico che gira intorno alla Fiera del Mediterraneo, si passa al silenzio della passeggiata tra i pini, rotto solo dalle conversazioni di che la camminata la fa in compagnia o dallo sbuffare di chi si allena correndo in salita, dalle cicale che schiamazzano nascoste. Il salto nel silenzio naturale in una delle città più rumorose che conosca è davvero sorprendente. Più salgo e più godo della vista sulla città, scoprendola un'ammasso di costruzioni, una addossata all'altra, con pochissimi punti verdi ad interromperne la continuità.
Ma la posizione è spettacolare. Il mare, l'insenatura, il monte da cui guardo che guarda gli altri monti che chiudono alle spalle la baia. Il degradare dolce e lungo dalle alture nude verso il porto vivace, l'incedere verso terra di un traghetto: tutto diventa un bello spettacolo. C'è un senso d'imponenza, e di maestosità persa col passare degli anni e dei regimi.
Non posso non immaginare una città più piccola, magari più polverosa, dove il verde degli alberi degli agrumi si spingeva al mare e separava le rade case. Se ne coglie ancora qualche debole traccia, la matrice di un passato che certamente non stamperà il futuro. La bellezza di quest'immagine conquista me e deve aver conquistato migliaia di visitatori dei secoli scorsi. Poi sono arrivati i "tempi moderni" ed il capolavoro è stato ristrutturato da un'impresa incapace di coglierne il bello e l'unico.
L'aria profuma di pino, il verde è pieno e non te lo aspetti in questo monte che dal basso appare sassoso ed aspro. Ad un certo punto, molto in alto, una serie di costruzioni rivelano un ovile: cambia l'olfatto, l'udito e la bellezza del luogo. Le pecore, si sa, non ci vanno leggere col territorio...
Mi affaccio spesso verso la città e ne scorgo particolari che mi erano estranei: vedo in lontananza la pista di un'aeroporto che sapevo esserci ma non ero mai riuscito a collocare nella sua geografia. Dall'alto si vede un angolo dell'Isola delle Femmine, staccata dalla metropoli dal monte stesso.
L'ultima parte della camminata si fa tra grandi massi scoperti e pochissimi arbusti. Poi capisco di essere arrivato vicino alla meta dall'aumentare esponenziale dei rifiuti ai margini del sentiero: probabilmente chi ha iniziato il percorso carico di acqua può bere qui gli ultimi sorsi, certo di poter entrare in possesso della preziosa bevanda di lì a breve. La cosa che mi lascia di stucco è che qui si pretenda il miracolo ben prima di arrivare a pregare la Santa e che, forse, si pretenda un miracolo inutile se si spera che la buona Rosalia faccia da spazzina e faccia sparire la sporcizia umana. Basterebbe depositare il vuoto dell'apposito bidone, che prima o poi si troverà. Elementare.
Lo dico così, ma in realtà mi incazzo il giusto a vedere tutta questa incuria legata alla parola "devozione". E non me la prendo con chi non ripulisce, ma con chi sporca e se ne sbatte di quello che lascia dietro di sé. E comprendo come possa essere stato facile trasformare un capolavoro geografico in un cumulo di cemento senza bellezza.
Ma così è ed a quanto pare non c'è rimedio. Salgo la scalinata ed entro nel tempio inserito nella roccia e abbellito da un bel barocco. Sulla destra della scala una signora anziana vende ceri di ogni taglio.
Il soffitto della grotta sembra una pista di automobiline con i canali che convogliano in un fonte l'acqua che vi filtra e che miracolò. Nella grotta furono ritrovate, a centinaia di anni dalla morte, le ossa della Santuzza. Una statua sotto l'altare la raffigura in oro ed in estasi, distesa, con il libro, la rosa ed il teschio. Fu un'eremita. Ex voto ogni dove raffigurano le parti del corpo sanate o risparmiate dalla sventura. C'è un bel silenzio ed io godo anche di quello.
Inizio la discesa a passo brillante. Non sono qui per pregare ma per vedere, per camminare, per godere di questa bellezza.
Ed ho fatto quanto dovevo.
domenica 27 settembre 2015
IO PESSIMISSIMO
Inviato da iPhone di Giampiero Pancini
sabato 12 settembre 2015
NORD 2
Mettetevi l'animo in pace, le zanzare ci sopravviveranno. Quando questa razza di bipedi incapaci di intendere ma capacissimi di volere verrà estinta per nostra stessa mano, loro continueranno a svolazzare tranquille. E la sera davanti al fuoco, le femmine, racconteranno alle uova in schiusa di un epoca in cui fu inventato il DDT, il Raid, lo zampirone, la friggitrice da parete che richiamava solo le grasse e lente falene... E tra roboanti risate converranno che l'evoluzione in zanzara tigre è stata una figata e che l'aver cambiato dieta, non ha segnato affatto la sopravvivenza della specie.
Questo è quello che si evince visitando il museo dell'ambra a Palanga, Lithuania. L'ambra di questi parti del Baltico risale all'Eocene, tra 55 e 40 milioni da anni fa. Ed è piena di inclusioni: lucertole, mosche, ragni, ma soprattutto zanzare, tanto che al negozio del museo una goccia di ambra contenente una zanzara viene quotata 100€, mentre per un ragnetto incollato o una farfallina ci vanno 190€. Il che vuol dire che di zanzare ce n'erano già un surplus.
Ho scoperto che c'è pure un tipo d'ambra che è detta "bastarda". Me ne sono subito innamorato per simpatia tra simili. È quella che presenta inclusioni chiare, quasi marmoree tra il trasparente giallastro. Bella davvero. Conserva tutta la leggerezza della resina prendendo l'aspetto della pietra.
Tra i veri gioielli creati ed esposti un meraviglioso anello che al posto della pietra ha una formica millenaria. Basta trovare l'estimatrice...
Poi fuori dal Museo, collocato in un bel parco verde e fiorito, sono stato sopraffatto dalla malinconia di un autunno anticipato. Un vento freddo e costante, una luce pura, di taglio ma col cielo grigio di nubi alte, i bambini imbacuccati fino alla testa e i roseti ormai potati.
Questo è un luogo, un Paese silenzioso. Se si esclude il rombo delle auto di grossa cilindrata che transitano per strada, e sono la maggior parte, tutto intorno si svolge in un silenzio ristoratore. Ma troppo fitto per essere al mare, alla fine della stagione. Perché tra i negozio chiusi ed i ristoranti aperti c'è ancora un mucchio di gente che va verso il mare a sedere, per raccogliere i raggi del sole, ordinatamente seduti su una panchina, a guardare il Baltico e coloro che tra le alghe del bagnasciuga cercano conchiglie o, chissà, qualche goccia d'ambra portata da questo mare che sommerse foreste.
È tempo di scendere più a sud per scrollarsi di dosso questa sensazione non turistica. Bastano duecento chilometri per lasciarsi alle spalle le atmosfere marine.
È meglio andare.
venerdì 11 settembre 2015
NORD
Per smettere di scrivere di sé, bisogna alzare gli occhi e guardarsi intorno. Così con la scusa di raccontare qualcos'altro, si potrà continuare a scrivere di se stessi impunemente.
Qualunque parola scritta o parlata non può che parlare da quella testa, mono o pluri-neuronica che l'ha partorita. Ecco perché se si vuole scrivere anche un banale blog bisogna prendersi delle pause. Che siano espresse in ordine di tempo o di spazio - letarghi o viaggi - diventano indispensabili per continuare in maniera garbata a postare. Altrimenti rischi la galera o le denunce a raffica perché non trovando nulla da dire con garbo, allora ti impicci in maniera arrogante ed assolutista dei ca... fatti degli altri. Giudichi come la cristiana al quarto matrimonio che non vuole concedere le nozze ai gay e magari questi "altri" s'inca.... s'inquietano per le tue considerazioni.
Ecco perché mi son preso volontariamente un lungo periodo di lontananza da questo blog.
Ecco perché stamani, sveglia alle tre e trenta, manco fossi al lavoro, sono partito per le vacanze. Un po' di sani ca.... fatti dell'estero, fan bene alla salute più di un ricostituente contro la canicola estiva. Che tra l'altro, grazie ai temporali nel sud, è definitivamente archiviata per l'anno in corso.
All'aeroporto tra personale immusonito dietro i banconi e passeggeri addormentata al di qua, tempo dieci minuti avevo spedito il bagaglio e fatti i controlli di sicurezza. Obbligando i passeggeri a fare il check-in da casa propria, pena sanzioni stratosferiche, si riducono notevolmente i tempi di attesa; attivando più o meno tutte le linee di controllo di sicurezza e non le classiche due, ci si mette un attimo a farsi perquisire dallo svogliato di turno che è pure bruttacciolo; pur con tutte le precauzioni del caso ho suonato passando sotto l'arco della Ceia®. Giuro ho tolto tutto: che si sia attivato per il livello alto del colesterolo? Farò le analisi.
A bordo tutti dormono. Meno che me, la famigliola bimbo-munita della fila dietro, e le hostess che imperterrite percorrono la cabina coi carrelli delle vendite. Il bimbo dietro viene sedato con un crostino aglio e formaggio il cui afrore sveglia il mio compagno di viaggio, che però ha così tanto sonno che in seguito non se lo ricorderà.
In auto verso il Baltico il panorama è quello delle praterie nord americane. Cieli infiniti cosparsi da nuvole bianche che galleggiano sul loro fondo piatto, mucche, cereali, poco mais molto indietro nella maturazione, presenza umana non pervenuta.
Fuori 20 gradi, sole limpido, il cereale da mietere, un autovelox ogni 10 km, il rodeo delle macchine folli di velocità tra i due punti. All'autonoleggio ci hanno consigliato un piccolo sovrapprezzo per la copertura assicurativa totale di eventuali danni alla macchina. Accettiamo titubanti ma capiamo di aver fatto bingo incontrando, in soli dieci minuti, due incidenti camion contro auto: tutti illesi tranne le auto...
Guidano con quel gusto tamarro degli pneumatici che graffiano l'asfalto, con quella velocità che già li immagini investire un gruppo di vecchiette fuori dall'ambulatorio del medico di base.
Alle quindici fuori 20 gradi, io nel ristorante con la felpa, il bimbo di due anni con su solo il pannolino: questione di tempra. Dev'essere stato svezzato dalla Rottenmeier!
Arrivato a Klaipeda mi chiedo se non ho sbagliato abbigliamento: potrei aver esagerato con le polo a mezze maniche ed essere in carenza di maniche lunghe. Ma l'aperitivo all'aperto sul terrazzo, felpa indossata, a guardare il traghetto che fa avanti e in dietro con la penisola di Neringa non me lo toglie nessuno.
Voglio immergermi in questa luce cristallina.
martedì 8 settembre 2015
LETTURE ESTIVE
Non leggo quotidiani. Leggo parecchi libri gialli, forse perché me ne regalano in abbondanza. E quando sono lì, sullo scaffale, con la fascetta che elenca il numero di copie vendute, le lingue in cui è stato tradotto, le versioni teatrali, televisive, cinematografiche in cui è stato replicato, non ce la faccio a considerarlo un prodotto di bassa qualità, qualcosa da evitare per utilizzare il poco tempo che ho a disposizione per leggere, su classici e romanzi di "un certo peso".
Lo so che alla fine della mia vita mi ritroverò con il rimpianto di non aver letto tutto quello che avrei voluto, ma certamente il numero di parole altrui raggiunte, sarà comunque cospicuo ed il massimo possibile.
Quest'estate oltre alle pesche e alle pere, che sono stati eletti i miei frutti preferiti DELLA stagione, e non solo DI stagione, frutti accomunati dall'essere fragili e succosissimi, tanto da rendere inevitabile lo sporcarsi le mani quando li mangi, ho letto un paio di gialli/thiller notevoli. Uno è l'agognato ritorno dell'adorato Adamsberg, dalla magica penna della Fred Vargas, l'altro un volumone norvegese di uno scrittore all'opera prima.
Poi qualcuno mi spiegherà come ha potuto, tutta quella capacità di creare, rimanere nascosta fino alla pubblicazione di quel volume. Siamo invasi da opere prime di notevole spessore. Che si tratti della ghostwriter revenge?
Poi ne ho letto un altro: una vera scempiaggine. Sono stato tratto in inganno dal nome dell'autore: non succederà più.
Ma mentre la frutta adorata, al di là dell'appiccicaticcio lasciato su polpastrelli, dita e mano, lascia in me una senso di soddisfazione e sazietà inenarrabili, i libri letti, che vorrei precisare mi son piaciuti parecchio, hanno confermato la sensazione di un mezz'amaro in bocca, che conosco da tempo.
Non so se capita anche a voi di uscire frustrati dalla lettura di un giallo, di un thriller.
A me regolarmente.
Per il semplice motivo che non indovino mai in anticipo il colpevole.
Posso leggere tutto con attenzione, puntare gli occhi sulle azioni e sulle frasi di uno dei personaggi, piuttosto che di un altro, ma alla fine il vero colpevole è sempre un'altro.
Inizialmente pensavo che solo la persona presentata come la più riprovevole fosse il candidato ideale per ricoprire il ruolo del colpevole, invece veniva fuori che era stato il prete.
Per un'altro periodo ho puntato tutto su quello/quella che durante lo svolgimento della vicenda era stato presentato in maniera più defilata. Ma non era lui/lei l'assassino/na. No. Era l'altro più defilato del primo.
Ho quindi rimesso gli occhi sul più probabile, e manco questo/questa era il/la colpevole: puntavo sul salumiere, invece era l'osteopata che rimette al mondo i gatti.
Poi ho cercato di ragionare, di vedere chi fosse presente o assente, dalla scena del delitto mentre il delitto si stava consumando, ma anche così non ci andavo certo vicino: un buon libro di genere ha una serie di personaggi davvero notevole da seguire, così, giusto per confondere le acque.
Alla fine, dopo essermi accorto che a me la fa pure la Signora Fletcher, quella è una serie che continuerei a vedere e rivedere fino alla noia, ho deciso di fare il lettore e lasciarmi andare alla sorpresa finale, prendendomi la briga di dire soltanto: "Ma dai! Era proprio lei l'assassina? L'infermiera! Bravo 'sto scrittore a confondere le acque".
In fondo i buoni libri non sono costruiti anche per questo, per sorprenderci?
Con buona pace delle velleità da Sherlock Holmes in pantaloncini estivi.
Che io i gialli li leggo soprattutto d'estate.
PS - lunghetto ma indispensabile - : vorrei spendere un po' di parole CONTRO, ma proprio CONTRISSIMO la fissazione che pare si sia instaurata tra gli scrittori contemporanei di voler per forza, di loro intenzione o nelle volontà degli editori, lasciare finali aperti a tutta una serie di seconde, terze, o n puntate.
Ora, fino a che si tratta dei vari Montalbano, il già citato Adamsberg, della Petra Delicado, dei vecchietti di Malvaldi ci posso pure stare. Ma davvero sento il bisogno di un sequel di tutti gli altri libri in circolazione? Possibile che ogni ispettore, investigatore, team di lavoro, possa assurgere al titolo di ispiratore di un'intera serie? Personalmente di alcuni libri non comprerei mai un seguito, non ne sento il bisogno, posso dormire benissimo la notte. E pur comprendendo che spesso si tratta solo di mere operazioni commerciali, la presenza di tutti questi finali aperti mi pare un po' eccessiva.
Si può vivere anche senza. Davvero.
E, senza offesa: come nella vita di tutti i giorni ogni tanto le storie è meglio chiuderle.
Come le finestre quando piove.
E le serrande pure se hai appena finto di lavare i vetri.
Perché è sempre allora che piove.
venerdì 4 settembre 2015
RITORNO DAL CASTELLO
Decisamente accidentata.
Un rapporto con le donne travagliato, con il suo stesso corpo altrettanto travagliato, tanto da morire quando questo lo ha tradito con una qualche forma perniciosa di tubercolosi. Non prima di aver sofferto le pene dell'inferno.
Della sua opera gli scritti lasciano trasparire una mente travagliata, una pensiero profondo e animalesco della condizione umane.
Oltre alle opere ed al suo ricordo di uomo vissuto a cavallo di due secoli ci lascia un aggettivo: KAFKIANO.
Dal vocabolario Treccani. Kafkiano: "che richiama l'atmosfera tipica dei racconti di Kafka, e quindi inquieto, angoscioso, desolate o paradossale, allucinante, assurdo".
Ho più di cinquant'anni e so bene di aver già affrontato, nella vita, l'assurdo, l'angoscioso e l'allucinante.
Poi, se solo mi guardo in giro e vedo le sentinelle in piedi, vedo anche il desolante; leggo le parole del proprietario di Ryanair e percepisco il paradossale; ascolto come si trasforma una legge che dovrebbe garantire, parificare le coppie omosessuali in un'altra che garantisce le coppie eterosessuali sposate, vomito attaccato allo stomaco dall'assurdo.
Potrei andare avanti per ore e se cercassi il vostro contributo son certo che intaseremmo il server di esempi pertinentissimi.
Invece mi fermo e faccio un outing (... un altro?!) dichiarando senza vergogna alcuna che, a metà luglio, ho avuto l'ardire e la sfacciataggine di accettare l'offerta fattami telefonicamente, ma concretizzata in un ufficio reale, palpabile, di cui ho l'indirizzo, con la quale sceglievo di cambiare il gestore telefonico della linea fissa.
Lo sapevo che avrei dovuto ascoltare la vocina che mormorava.... URLAVA di non far nulla, di restare radicato alle vecchie abitudini, che cambiare è positivo ma se ci si mettono di mezzo i call centre ed i nuovi contratti, questi luoghi e deleghe trasformano il cambiamento in un incubo.
Io quella voce, ahimè, non l'ho ascoltata e adesso mi ritrovo nel pieno del delirio.
Avevo una linea cellulare da anni, ce l'ho ancora?
Ho una linea telefonica mobile come prima. Sì, ma non essendo perfezionato il contratto non so bene quanti dei futuri 400 minuti, 400 messaggi, 2Gb ho attualmente a disposizione, quanta ricarica sto prelevando dalla scheda ricaricabile. Mi ritroverò alla fine, nel mezzo del bisogno senza credito e senza contatti con l'Italia.
Avevo da anni lo stesso numero telefonico e una linea fissa.
Ho adesso una linea telefonica fissa? Certo che ce l'ho, ma misteriosamente non ho più lo stesso numero. Se chiami quello vecchio nessuno risponde, se chiami invece il numero che risulta a carico di una persona straniera, rispondo io. O la mia segreteria.
Avevo una linea internet.
Sì? Quella invece non ce l'ho più, perché il primo servizio che ti staccano quando traslochi da un'azienda all'altra è l'Adsl. Poi te lo ricollegano, ma al vecchio numero. Mentre tu in casa hai un numero non tuo, allora tutta la tua meravigliosa linea internet va a finire nel nulla dello spazio infinito dei dati interstellari. Nel frattempo tu scarichi la posta, e solo quella, mi raccomando, con la "mattonella" portatile di un altro operatore.
In breve è questa la situazione che mi sono creato non ascoltando la vocina urlante che intimava di non farlo.
Perché è dal 14 di agosto che ho fatto presente la situazione a tutto l'universo creato (ufficio nuovo operatore, call centre nuovo operatore, call centre vecchio operatore, ufficio nuovo operatore per tre volte, call centre nuovo operatore per tre volte, chiamate sterminate all'ufficio del nuovo operatore, per arrivare a oggi: venti minuti al call centre del nuovo operatore e due chiamate all'ufficio del nuovo operatore) e se non mi faccio amico un senatore a vita, difficilmente riuscirete a raggiungermi al telefono e a farvi leggere se mi scrivete una mail.
Tutti mi dicono che mi capiscono e che aspettando la situazione, magicamente, si dovrebbe risolvere da sola. Ma ad oggi non è stato risolto nulla. Niente. Nada de nada.
Si dice che mi manderanno un tecnico a risolvere la cosa, il che è già di per sé un passo avanti, ma: "la prossima settimana, caro sig. P, ormai siamo a venerdì".
Mentre io rantolo, cappottato sulla schiena da insetto con le zampetta all'aria, un vaffanculo serafico risolleva il morare. Ma non mi da l'accesso alle porte virtuali del mondo. Quindi due vaffanculo rituali.
Ed una macumba.
A crederci.
domenica 29 marzo 2015
MODALITÀ: PRIMAVERA
Che sia la prima vera giornata di primavera lo dice la luce: il sole arriva a toccare il letto, me ne accorgo mentre lo rifaccio dopo la notte appena passata, eclissata da un sonno profondo. Un letargo dal quale mi risveglio con un filo di mal di testa che non promette nulla di buono. La luce brilla dei piccoli frammenti di polvere che mentre rendono la camera simile ad un regno incantato, respirando si depositano nei bronchi e ti accompagnano più velocemente alla tomba...
Però è una bella giornata e, forse, i licheni cresciuti sotto pelle durante l'inverno cominceranno a seccarsi. Tra un mese sarò meno verdastro.
In strada le pubblicità sul fianco del bus inneggiano ad una mastoplastica additiva a meno di 500€ per tetta. Poppe estive, nuove, alla portata di tutti! In questo caso su cosa si risparmia: anestesia? Degenza? O un sacchetto di noccioli di ciliegia al posto del gel?
In metro la signorina scoperchia la maglietta di velo e tutto quello che non copre. Ma mette il punto alla situazione meteo: la signora intabarrata nel piumino seduta davanti può solo che correre in lavanderia a consegnare il capo desueto. L'età è l'ormone c'entrano poco: si tratta solo di banali gradi centigradi.
Vado alla Coop a far la spesa e la suora bonsai si piazza al centro del gradino della scala mobile bloccando il passaggio di chi la vuol percorrere a piedi. Il giovane dietro si sposta dolcemente a destra e a sinistra per cercare un varco ma la tonaca mignon non lascia che l'alternativa di attendere che il meccanismo faccia ben bene il suo dovere e trasporti i piedi di tutti in cima.
All'uscita l'edicola incombe. Per la serie sbatti il mostro in prima pagina abbiamo un colpevole da sbandierare per la gioia delle prevendite dei voli low cost pasquali: "Il Giornale" si dimostra pirl-of-the-piels, ma sfido chiunque a non averlo già capito da un bel po'. Io preferisco restare in attesa di quelle che non saranno solo le conclusioni del NYT e che, come in tutti gli incidenti aerei, verranno rese note ufficialmente tra mesi. Per rispetto dei morti e del dolore dei coinvolti.
Nel pomeriggio invece pedalerò in campagna. A vedere gli alberi in fiore. A sognare di essere in Giappone per la fioritura dei ciliegi. Non so se questi son ciliegi ma la fioritura è davvero di un bel rosa.
L'aria è frizzante e cristallina.
Modalità primavera: on.
Inviato da iPhone
martedì 17 marzo 2015
UNA TERRA SIA PUR NON NATALE
lunedì 16 marzo 2015
BATTISTRADA
La signora sta in piedi, in larghe scarpette da ginnastica bianche allacciate male.
Non è più giovanissima, tiene in mano un ombrello asciutto che non appoggia a terra. Non sembra un gesto casuale, ma un'attenzione.
Guardo meglio perché sono curioso dell'essere umano e il solo suo apparire e bordo della carrozza della metropolitana, ha preso la mia attenzione.
Vedo che sulle mani indossa guanti di plastica monouso, di quelli da banco della frutta al supermercato, resta di traverso in un luogo isolato della carrozza senza sostenersi a nessuno degli appoggi che intrecciano la strada nel vagone.
Evidentemente evita il contatto con le cose, le persone e gli occhi altrui. Lascia che il mondo le scorra a fianco senza permettergli di sfiorarla.
Dev'essere per questo che, diligentemente, si sposta dal lato opposto delle porte in uso ad ogni fermata, eseguendo una danza guardinga, sempre un attimo prima che chi entra possa precipitarle addosso. Non parla con nessuno, non guarda nessuno, vive isolata dall'insieme del mondo che la circonda da ogni lato.
L'acquario nel quale vive non ha pareti di vetro, ma di energia e forse anche paura.
Non trasmette l'idea di una persona in disagio: il cappotto e i vestiti che ne sporgono sembrano più che dignitosi, quasi ricercati, di certo non è una barbona. I capelli son puliti anche se senza colore da tempo. Lo sguardo è fermo e lucido: segue i suoi pensieri e non ne è inseguito.
Non vuol avere nulla a che fare con ciò che la circonda. Quindi a contatto col resto del mondo mette brutti guanti, brutte scarpe.
Immagino allora che quelle siano scarpe "da metropolitana", che in quanto tali non siano ammesse in casa, che restino da qualche parte fuori dalla porta della sua casa, che esista un luogo loro riservato dove possano giacere tra un utilizzo e l'altro. Lì vicino resterà anche l'ombrello colpevole di essere entrato in contatto con qualche marciapiede ed i guanti, un'incetta garbata durante una qualche spesa settimanale all'Esselunga.
Ogni qualvolta si crea la necessita di un contatto col mondo, l'armadio esterno si apre come ad un astronauta pronto alla vestizione per la passeggiata lunare. L'indossare accuratamente lo scafandro porterà lui a difendersi dal nulla, la signora signora dal tutto.
Mi domando solo chi si senta più estraneo a chi.
Resta infatti lì fin'oltre la fermata seguente. Quella alla quale sono sceso io due settimane fa.
Ancora la ripenso.
martedì 10 marzo 2015
IN PIENA CORSA TV
Poche le domande fondamentali in questo periodo.
1: perché Sanremo lo vincono sempre i non favoriti? E quelli che partono come "favoriti" non vincono mai e alla fine ne divengono i malcapitati "vincitori morali". Che vorrà dire poi? O meglio: cosa vuol dire lo si intuisce, ma diventarlo ha un valore maggiore di quello acquisito stringendo la statuetta palmata?
2: chi e con quale autorità elegge il "vincitore morale di Sanremo"?
Le vendite del brano? La critica? Il destino baro è crudele di essere arrivato secondo?
3: ed infine: chi trucca il sig. Roberto Carlino? Davvero quando "da la sua parola" tutto quel rosso rubizzo non si può più guardare. Dateci tregua, un po' di sano pallore no-UVA e qualche B in meno. Grazie in anticipo.
Ecco, poche ma "pregnanti" le domande del momento.
Anche se son certo che non mi toglieranno il sonno.
Inviato da iPhone
mercoledì 4 febbraio 2015
FREDDO
Che dire?
Ben poco: la ragazzina con metà chiappe di fuori avrà non più di 17 anni, ma a voler stare larghi. Il fisico da pin-up, i capelli lunghi e corposi sulle spalle, incorniciano un sorriso soddisfatto ed un volto molto bello.
Bello, ma di fanciulla, non di donna.
Sta ferma, sorridente, davanti all'ingresso di un hotel di prezzo, non so quanto di lusso. Armeggia con un telefono di quelli intelligenti, almeno lui, ed indossa fiera il minor numero di centimetri quadrati di stoffa che abbiano mai dato forma ad un paio di mini pantaloni.
Il risultato è che le chiappe non ne vengono avvolte ma ne fuoriescono "estrose, divertenti", penserà lei.
In realtà parecchio invitanti e volgari.
La guardo mentre, incartato a strati nei miei piumini salva temperatura, mi affretto verso casa in una sera invernale, una di quelle che non vedi l'ora di metterti a tavola davanti ad una cosa calda, possibilmente liquida. E sì che non piove, ci mancherebbe anche questo a questa temperatura che coglierebbe al volo l'opportunità di sbattere giù una nevicata di quelle con tanto di folate di vento.
Lei sta lì e sorride un sorriso di soddisfazione sentimentale adulta.
Sopra ha una pelliccetta che potrebbe riscaldarle almeno lo sterno e le spalle.
Di certo non batte, c'è qualcosa di delicato e privato in lei che mi fa escludere l'ipotesi. Sembra solo aspettare fuori della porta dell'hotel l'arrivo di qualcuno che la porti dal punto A al punto B.
Mi viene da chiedermi dove finirà la sua serata, dov'è il punto B.
Scaccio i pensieri e le opzioni che si affacciano alla mia mente: non le voglio vedere perché son certo che quella ragazzina non fa commercio consapevole di sé.
Passo oltre cosciente che non la rivedrò mai più, che ci siamo accostati solo in quel nano-secondo di vicinanza metrica, domandomi perché sia lì da sola, dove si è perso il controllo di lei, perché nessuno sia con lei in quest'istante che potrebbe diventare doloroso, della sua vita.
E un po', perseverando nel non farmi gli affari miei, m'incazzo.