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In attesa di un aereo che mi riporti da Roma a Milano, connetto il mio telefono ad una parete attrezzata per ricarica dei cellulari degli sprovveduti viaggiatori senza batteria di scorta. In pratica un bancone pieno di schermi e di prese/corrente e usb.
Mentre i pannelli luminosi alle mie spalle scaldano la schiena nel vano tentativo di allontanarmi da qui il più rapidamente possibile e lasciare la presa a qualcun altro, vedo quello attaccato alla presa a sinistra che si fa un selfie, quello ancora più in là che si intrattiene in una conversazione ispanica senza fine. Tema della chiamata: banalità sulla cultura culinaria del bel paese; avete presente "pizza/pasta/mandolino" e niente più? Ecco, sul genere.
In un istituto medico hanno appena certificato la mia salute fisica: di quella mentale non si sono accertati se non con vaghe domande alle quali ho risposto nella maniera più convincente. Ma esiste un atteggiamento convincente se si vuol dimostrare di essere mentalmente stabili? Alla fine ho messo una firma per certificarne la veridicità delle mie dichiarazioni e del mio sguardo sobrio.
Certo non mi sono messo a raccontare che sempre più spesso, col passare degli anni, tendo a fissare lo sguardo ed a concentrarmi sulle particolarità fisiche delle persone: potrei passare ore a guardare una ciocca di capelli di un colore particolare, un punto nero sulla schiena di una sconosciuta in chiesa, un'unghia troppo lunga anche mentre non scava un orecchio. Il soggetto delle mie ispezioni mi provoca un'osservazione compulsiva. Mi ci perdo e perdo la cognizione del tempo. Poi mi riprendo e mi do del coglione.
Ma se nel gabinetto medico avessero avuto bisogno di una qualche cavia da sondare per esplorarne il pensiero debole, oltre al sottoscritto sia chiaro, io qualche nome, indirizzo o mestiere, avrei potuto indicarlo.
Potrei proporre, ad esempio, accaparratori di amicizie altrui, quelli che marcano indefessi e senza vergogna un territorio che non gli appartiene più.
Oppure potrei presentare loro il creativo che per vendere vestiti ai bimbi li fotografa tutti in fila, tutti col loro bel piumino colorato, tutti con la medesima testina inclinata a guardare lo schermo del telefonino... La faccia non si vede, ma ho come l'impressione che lo sguardo sia un po' inebetito. Chissà perché?! Il prezzo che vedo sul cartellone spero sia quello del piumino e non del piccino: così piccoli e già cosi rintronati... no grazie, non li comprerei. Capito forzanovisti??????
Non sfigurerebbe neppure quello che ha pensato di mostrare in un altro spot, la madre che spiega al piccino come usare lo smart phone, il che avvalora la tesi che il meraviglioso mondo di Amelie esiste davvero e non è solo un film.
Chiudo la lista dei papabili al delirio con la nuova miss Italia che pare sia stata eletta dopo aver espresso a cuor leggero una castronata di tali proporzioni da diventar offensiva per la memoria collettiva. Ringrazio i giudici che hanno preferito comunque eleggerla quando avrebbero dovuto farla precipitare in fondo alla classifica delle belle e risalire alla testa di quella delle candidate all'accompagnamento INPS.
Le altre concorrenti dovevano essere state più brutte di un'emicrania a grappolo per aver perso a paragone di cotanta ugola allegra, ma non mi risulta.
Convengo con chi difende la reginetta dicendo che le parole siano uscite dalla bocca di una diciottenne spaesata. Ma abbraccio chi si sente offeso perché nello "sparuto" numero di vittime civili della seconda guerra mondiale, più di 33.000.000 se si escludono i civili periti nella guerra sino-giapponese (fonte Wikipedia), ha perso una madre, una nonna, una sorella, zia o amica. O chi come me ha ancora orrore e disgusto per le rappresaglie fascio/naziste di San Polo (Ar), Civitella in Valdichiana (Ar), Sant'Anna di Stazzema (Lu) e le centinaia di altre che non conosco. Vittime che in guerra ci si son trovate senza divisa.
Confido infine che l'attitudine alla buona memoria che da sempre contraddistingue il Popolo Ebraico non le consenta almeno l'accesso in nessuna Sinagoga. Perché da noi siamo già alla solita pizza e fichi dal giorno dopo.
Passa gente, qualcuno corre tirandosi dietro un bagaglietto a mano su ruote stringendo la carta d'imbarco come un salvifico amuleto, altri, più simili a me, deambulano con lentezza. Più o meno la solita storia di sempre, quello che accade in un giorno normale.
Tanto a me importa ben poco delle ansie degli altri: io son certificato sano. Cattivo ma sano.
Inviato da iPhone di Giampiero Pancini
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