Il gas è chiuso, il gatto e le piante affidate, le finestre sigillate. Si può partire.
Certo un orario un po' più umano avrebbe fatto comodo, ma le 17,30 sono già un momento della giornata accettabile per questi giorni di calura.
Ho messo in valigia cose un po' più pesanti, come se andassi a villeggiare, come se andassi a respirare fuori dall'afa di questi giorni. Chiudo la porta dietro le spalle e vado.
Lascio solo immaginare cosa non è il cambio di treno a Firenze, da domandarsi come si possa vivere nell'aria immobile di quella splendida città. Ma fortunatamente tutti i treni che prendo per raggiungere l'aeroporto hanno l'aria condizionata. Alla faccia del degrado che sconvolge la nostra rete ferroviaria, la mia personale ruota della fortuna ha girato per il verso giusto, stavolta.
Pisa, imbarco tra il sudore degli addetti al volo, pochi minuti e sono arrivato. Durante il volo mi assale una sottile ansia dovuta alla lingua, non la mia che già risulta abbastanza felpata. Vado in Germania non sapendo una sola, singola parola dell'idioma. La cosa mi sconcerta, mi da la sensazione di essere indifeso. Dovrò farmi passeggiare come un cane al guinzaglio al mio amico rovinando anche a lui la mia vacanza? Ho girato il mondo armato solo di inglese e francese senza farmi troppi problemi, ma stavolta non essendo protetto da una divisa, il popolo che parla la lingua sconosciuta acquista una predominanza e potrebbe in qualche modo farmi sentire inadeguato. Lo capisco già a bordo, dove mi sento un preoccupato: dei suoni sparati dagli altoparlanti che dicono annunci e divieti, percepisco solo la seconda parte fatta in inglese. E' una sensazione strana e sconosciuta d'isolamento, d'inadeguatezza. La controllo e mi decido a sbarcare in questo nuovo mondo, che sento più lontano e irraggiungibile del Canada al di là dell'oceano. Il mio modo spavaldo di affrontare i paesi anglofoni è andato a farsi fottere. Il bambino che non vuole farsi notare e sentire da nessuno, pena la decadenza dei sentimenti positivi a lui rivolti, adesso sarà notato e indicato come "quello che non parla la lingua". Potrei giustificarmi proclamando la mia estraneità, ma questo mi metterebbe ancora più in vetrina... Scoprirò poi che qui sono davvero isolato dal tedesco che ho studiato e mai appreso.
Per fortuna questo si rivela nel giro di poche ore un Paese ospitale, di almeno venti anni più evoluto del nostro... Sconcerto? No, nel mio caso rassicurazione.
Fuori dall'aeroporto mi attendono: Rosario mi prende sotto la sua ala protettiva - lui se la sa cavare, lui! - e l'afa che ho lasciato in Italia, la ritrovo tutta qui. Comunque sono per la prima volta senza parole da dire.
2 commenti:
speriamo che ti ritornino, le parole da dire, vogliamo sentire cosa succede poi...:-)
Riflettevo sulle tue sensazioni di estraneità e pensavo alle mie. In questi casi l'essere differente lo penso e vedo sempre come un'eccezionalità positiva. Mi vedo in ambienti non familiari come una persona "esotica" e "diversa" entrambi aspetti positivi nel mio modo di vedere le cose anche nei confronti degli "altri" di quelli che non sono me. Per cui lo straniero è sempre una persona attraente per le cose che conosce che sono diverse dalle mie. Ho cercato di ricordare se fosse diverso una volta, quando ero timida (e molti non ci credono che io sia stata mai timida)e non ricordo, ma penso di essermi sentita come te - un pesce fuor d'acqua ansioso e preoccupato. Fatti forza, hai tanto da offrire al mondo, vediti come un regalo non una detrazione!
apset
Non ho commenti particolari, se non che è sempre un piacere leggerti. Goditi la vacanza ma trova il tempo di continuare a raccontare.
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