Ecco quindi che con questa filosofia non mi sono perso le cantate di Orietta Berti, Iva Zanicchi, Marcella e Gianni Bella. Adesso era la volta di Rettore - la Donatella che non c'è - a Ruscello, Ar. Chiunque non la conoscesse basta che immetta il nome nel motore di ricerca di You Tube e capisce chi e cosa intendo.
Accompagnato da un intenditore della cantantessa, un fan di vecchia data che ancora naviga nei blog, nei fan club a lei dedicati, un collezionista dei suoi album che si dichiara però ormai distaccato dal fenomeno, parto alla volta dell'amena località a me nota per un portentoso "sugo d'ocio" che accompagna le tagliatelle servite durante la festa, armato di tanta buona volontà e di una spessa felpa. Il freddo che sentirò mi darà ragione.
Lo spettacolo comincia con una cantantessa dalla voce strepitosa che riscalda l'atmosfera, in vero in po' moscia delle prime file, dove i tavolini per assistere al concerto costano 30 euro per quattro persone. La bottiglia di spumante dolce è compresa. Più dietro si sta seduti per cinque euro; fuori, appoggiati alle recinzioni, gratis. E' brava la supporter, per me canta due delle cinque canzoni concessele in play back, e con fare pomposo alla fine annuncia l'arrivo sul palco della vera protagonista della serata: Rettore!!!!!
Arriva e canta, a volte dal vivo, a volte si ha la netta sensazione che la parte vocale sia resa dai nastri, anche se la musica è dal vivo. Non sono l'unico a pensarla così.
E' molto bella da lontano, un miracolo della natura o della mano dell'uomo, ma bella. Occhi semi chiusi, come da un eccesso di tiraggio. Magra come un chiodo, zompetta incerta sui ritmi che tutti gli spettatori conoscono e che cantano con lei. I vari gruppi dei Fan club, riuniti in prima fila ascoltano, canticchiano, riprendono l'esibizione con videocamere. La cosa incredibile è che non si rivolgano la parola tra di loro, neppure uno sguardo. Il mio esperto accompagnatore dice che non si sopportano l'un l'altro. C'è sempre chi si ritiene più figlio prediletto dell'altro.
L'atmosfra si scalda quando partono canzoni come "Kobra", "Lamette", che costringono la gente ad alzarsi e a scatenarsi in un tripudio di danze sotto il palco. Lo scorno per chi ha pagato il tavolo per godersi lo spettacolo in prima fila comodamente seduto è grande: quella gente in piedi costringe anche loro ad alzarsi se vogliono godere della parte visiva dello show. Tutti cantano, tutti sanno le parole delle canzoni, come si può sentire quando Rettore passa il microfono alle masse scatenate che tendono le mani per salutare e toccare la cantantessa. Lei adesso salta sicura, dal primo cambio ha notevolmente diminuito i centimetri dei tacchi.
Ho perso nel frattempo il mio amico che si era avvicinato per fare delle foto, e che viene risucchiato della folla verso il proscenio. Ad un tratto le sento cantare al microfono, capisco che c'è ancora e che è salvo... Non lo vedo ma ne ho la prova.
Insomma, un ora e mazza di musica e canzoni, due lunghissimi ed inutili cambi d'abito, discorsi fatti al microfono assolutamente imbarazzanti: possibile che tutti gli artisti sentano la Toscana, anche il posto più sconosciuto, come la loro seconda patria? Non parliamo poi della finta cadenza fiorentina utilizzata dalla signora che rasenta il lecchinaggio e il ridicolo per pronunce forzate e inattendibili. Urla che ci ama, che è la mamma rock di tutti gli italiani; dice qualcosa su Madonna che non capisco, e che in tempi remoti ha accusato di copiarla... No comment.
Ma le canzoni fanno irrimediabilmente parte della mia adolescenza, quindi posso dire di averle cantate tutte. Le so tutte!
Ho saldato un debito d'onore contratto tanti anni fa, era il 1979, quando lei stava facendo il botto per diventare un fenomeno che non è durato a lungo, alla stazione di Firenze SMN. La incontrai lì, con il fidanzato batterista, adesso marito Claudio Rego, dopo aver preso un caffè. Vestita come una rocker, o almeno come lei pensava si vestissero le stelle della musica, cioè conciata da paura, e la fermai per farci due chiacchiere. Le dissi che avevo il suo disco, ma mentii spudoratamente. Le dissi che le canzoni mi piacevano tutte, ma non le avevo ascoltate, a parte il titolo di testa che tirava il disco: "Splendido Splendente". Le feci i complimenti e quelli erano sinceri. Non so se mi fece l'autografo, certo se me lo fece ora non ce l'ho più.
Il giorno dopo a casa comperai il disco e davvero mi piacque: era, anzi è ancora rosso intenso, invece del classico nero degli LP. Lo trovavo già allora un po' squinternato, ma nella totalità era gradevole all'ascolto. Una bugia era rimediata.
Per quello che mi riguardava, la canzone più bella era "Divino Divina" e sabato sera non l'ha cantata. Via due.
Tre - al concerto sono stato ma non ho avuto la possibilità di chiederle l'autografo.
Molto più morigerato e vergognoso dei fans che l'hanno assalita anche mentre condiva su un vassoio d'acciaio l'insalata della sua cena - ora capisco perché è così magra - ho atteso pazientemente che dopo il concerto finisse di nutrirsi: mi aspettavo almeno una foto insieme. Invece, tra barzellette sconce del divo locale, un signore che interpreta un contadino grave che viaggia con un ocio sotto il braccio, il cui nome è Pier Silvio, dell'ocio intendo; tra la giusta lentezza di una cena dopo il lavoro, tra il freddo e l'umido che erano calati sulla festa e non consentivano riparo, io e il mio amico ce ne siamo andati via dopo una lunga attesa. Tra l'altro le barzellette che sentivamo erano agghiaccianti, e non potevo credere alle mie orecchie quando il signore si è dato alla descrizione di pratiche erotiche numerali... C'era davvero bisogno di altro imbarazzo? Il completo di pelle pantalone extra corto, giacchino borchiato color giallo canarino indossato come secondo cambio di scena, non era abbastanza?
Insomma prendiamo la macchina, accendiamo il riscaldamento al massimo per scoprire una volta usciti dal parcheggio ormai deserto, che lei si era alzata da tavola subito dopo e che le macchine che ci precedevano di pochi metri erano occupate da Rettore e dalla band. L'abbiamo seguita per un po', ma non dirigeva verso nessuno degli hotel cittadini. All'imbocco della strada Casentinese abbiamo mollato l'osso.
L'autografo sarà per la prossima volta. Lo prometto.
PS: ocio=maschio dell'oca
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