giovedì 25 luglio 2019
PANNA E CIOCCOLATO, E SE C’È ANCHE IL PISTACCHIO
sabato 18 maggio 2019
LE OPINIONI DELLA ZIA
giovedì 16 maggio 2019
SALONE
Se escludo i magnifici scorci di Torino goduti in questi due giorni passati nella prima Capitale del Regno, la sempre bella frequentazione di amici che, generosamente, riescono sempre a trovare tempo da dedicarmi, il bottino del Salone del Libro è quasi omeopatico: un audiolibro.
Delle migliori edizioni di audiolibro che conosco, ma un audiolibro. Ah, vorrei aggiungere: delle edizioni in formato grande, convenzionale, non in quelle piccole, nuove, formato CD riservate dalla casa editrice ai titoli di maggior successo e vendute a prezzi più bassi.
Soddisfatto di non aver appesantito il bagaglio che dovrà tirarmi dietro per altri tre giorni, sono a Torino per lavoro, e deluso per non aver visto nulla che mi portasse alla frenesia dell'acquisto. A parte l'audio libro letto dalla magistrale Cortellesi. Credo sia colpa del corso intensivo e ripetitivo della nipponica Mari Kondo se ho resistito con facilità alle rare tentazioni.
Non ho acquistato ma il Salone mi è piaciuto. Un po' come andare in pasticceria ed essere a dieta. Tanta gente, tanti giovani alla faccia di quelli che dicono che loro non leggono. Sono loro più degli adulti che si intestardiscono a leggere la carta stampata e fanno, diligenti, la coda per farsi autografare il libro dei vampiri o dei draghi dall'autore/autrice. Il tutto finisce con un selfie rubato da chi ha ricevuto dedica ed autografo, a chi ha firmato perché, va bene la firma sulla terza di copertina, ma vuoi mettere una foto testimonianza da pubblicare sui social? Fosse solo lo stato di Whatsapp... Comunque meglio un selfie con l'autore che uno col politico di turno... Almeno le parole qui si pensano e si leggono, non si bevono urlate da un palchetto con microfoni ed altoparlanti che fischiano.
Bella la sfilata di piccoli editori, un numero infinito, ed un numero infinito di argomenti e intenzioni da pubblicare. E la domanda che sorge spontanea è se ci sia mercato per tutti. Tra di loro anche Poste Italiane, Esercito, Marina, Musei Vaticani e lui, l'INPS, un enorme stand angolare da cui si poteva accedere a numerosi servizi telematici. E neppure un libello pubblicato, tanto per restare in tema Salone. Anche solo di istruzioni per la richiesta della pensione di reversibilità .
Tra i piccoli editori anche chi fa proseliti tra aspiranti autori: la mia diffidenza monta come la panna nel latte a bollore anche se c'è chi non sembra volerti chiedere soldi.
Ho passeggiato qualche ora prima di accorgermi che mancava qualcosa: questo enorme spazio di libri non profuma affatto di libri. Chi si aspettasse un odore di biblioteca o di libreria metropolitana resta deluso. Spazzi troppo ampi disperdono il tipico sentore di carta ed inchiostro ed in alcuni punti, il pestilenziale odore di cibo, si mangia anche qua una notevole quantità di junk food, ha reso alcuni stand impraticabili: sembrava di stare in una friggitoria. Ma ne valeva comunque la pena tornare appestato in hotel.
Ho saltato a piè pari gli stand cinese e romeno, non me ne vogliano. Poi, uscito fuori, esaltato dalla quantità di libri che ho potuto vedere, toccare, immaginare, chi ti trovo? La tenerezza infinita del gazebo dei Testimoni di Geova. Che con le loro pubblicazioni non potevano stare dentro? Editori cattolici dai sorrisi smaglianti che regalano segnalibro stampati con pesci e ne avevo incontrati. Loro no. Loro fuori a distribuire varie traduzioni della Torre di Guardia. E sorrisi imbonitori.
Non so se più effetto "La volpe e l'uva", o più "Vi aspetto fuori".
Inviato da iPhone
sabato 13 aprile 2019
B. N.
La tensione, la gioia di aver scoperto un buco nero, di poter confermare visivamente quanto gli astrofisici sapeva no da anni, espresso in teorie e calcoli, ma mai fotografato, imperversa su tutte le copertine dei quotidiani. Ci hanno mostrato l'evento scientifico del secolo e ci hanno detto: "Guardate! Avevamo ragione noi!". Bravi.
Così nella biblioteca di Cagliari, me ne sto ad ammirare quella che già definiscono la foto del secolo e che sembra la foto di una gastroscopia fuori fuoco, e mi interrogo per scoprirmi ignorante più che mai. Ma cos'è davvero un buco nero? Giro le pagine e solo alcuni giornalisti perdono tempo a spiegarmi che più che di un buco si tratta di un pieno. Di un riscontro d'aria Cosmica, un vortice che gira antiorario provocato da una stella morta e pesantissima, così pesante da avere una gravità personale e potentissima da attrarre tutto, anche la luce e curvare il tempo. Ecco: io qui mi son già perso. Che vuol dire curvare il tempo? Una cosa tipo RITORNO AL FUTURO? Oppure la possibilità di non arrivare mai in ritardo? Manca poco ad un appuntamento col dentista che ha lo studio dall'altra parte della città? Bene, infili il buco nero ed arrivi prima di essere partito. Un po' come il Concorde tra Parigi e New York che, grazie alla velocità ed ai fusi orari, atterrava un paio d'ore prima di quando era partito: esso curvava il tempo. Era il Buco Nero tra gli aerei.
Questa nuova consapevolezza di avere una conoscenza in più, una conoscenza importante, rilevante, non ha però cambiato il nostro modo di vivere. Le cazzate che facciamo adesso sono più o meno le stesse di prima. Per esempio continuiamo a fermarci sul marciapiede, immobili come pilastri di cemento armato, solo dove ci sono strettoie, inciampi alla libera circolazione dei pedoni, siano essi panettoni anti parcheggio, biciclette appoggiate ai lampioni a prendere spazio, vasi d'arredo che restringono il marciapiede a metà. La strettoia ci dà sicurezza. La ragazza che si siede sul muretto a fumare lo fa fronte lampione. Il signore che scrive il messaggio lo fa tra la sua auto parcheggiata e il muro del palazzo. Non hai scampo: devi chiedere permesso.
Io intanto invecchio e mi accontento di sapere poco dei buchi neri e qualcosa di più della mia ansia 🥺. Adesso so che passa. Forse non passa l'ansia ma prima o poi arriva e passa l'evento che me l'ha provocata.
E che il nuovo imbuto cosmico scoperto non ci inghiottirà a breve. Troppo lontano per interessarsi al mio pianeta. Potrò invecchiare e morire serenamente su una terra devastata dall'uomo ma non da forze interstellari.
Consapevolezza non da poco. Sarà sintomo di maturità o di vecchiaia? Mentre ci penso invecchio tranquillo.
venerdì 29 marzo 2019
DEGUSTATORE INCOMPETENTE
Perché in fondo la pizza sembra una cosa semplice e forse, di base, lo è.
Il complicato non credo sia la copertura sulla pasta: lì basta agire con intelligenza e esperienza e poi i tuoi gusti, le tue specialità te le trovi. Che sia pecorino o pere, che sia speck o bresaola, che sia aggiunto a freddo o caldo, ci studi e sperimenti, fai una cernita della qualità del prodotti, cerchi il cotechino insaccato nel budello di stambecco (a proposito una pizza al cotechino la fa nessuno?), il pomodoro igp piuttosto che la passata del discount, né misuri quantità a contrasto o in accoppiata con gli altri ingredienti, e se sei bravo e fantasioso, ed hai le papille addestrate al buono, allora immagino che tu ce la possa fare. Ditemi se sbaglio.
Il dramma è l'impasto di farina 🌾.
Lì cascano gli asini.
Lì si capisce che cosa hai sul piatto. Le farine, ricercate, nuove o antiche, le infinite combinazioni di una con l'altra, le acque usate per impastare, le paste lievitanti, le ore lievitate, il massaggio olistico durante la lievitaIone, la musica classica ad emettere vibrazioni benevole, questo fa la differenza tra la pizza da asporto che poi passi la notte a bere a canna davanti alla porta del frigorifero aperta come un cammello 🐫 mongolo, quella che quando sei costretto ad alzarti la terza volta di seguito realizzi di aver pestato una merda, e quella di superba qualità che ti fa mugolare di piacere.
Cosa diversa sono invece quelle che prima di mangiartele devi studiare come per sostenere l'esame di maturità. E se non rispondi esatto ti mandano a cena da Mc Donald. Il testo di studio si acquatta generalmente dietro l'aspetto di una banale tovaglietta di carta e si rivela in tutta la sua difficoltà nello scorrere le infinite righe di descrizione, paragone ed esaltazione del prodotto che andrai a degustare. Che alla fine mi crea un'ansia...
Ieri sera in una superba pizzeria di Catania (superba nell'accezione positiva) ho avuto di che leggere per mezz'ora, tanto che per non perdere delle righe che avevano l'aria di essere importanti, ho pure dovuto far scivolare il piatto sul nudo tavolo. Potevo esercitare il sacro diritto del lettore riconosciuto da Pennac e mandare a stendere il testo pomposo. Invece, da bravo perfettino, ho letto tutto, compulsivamente fino in fondo. Che palle. Scusate ma davvero che enormi palle! Me li ha fatti quasi diventare antipatici i bravissimi creatori della creatura che stavo addentando. Li ho trovati prolissi è un po' troppo pieni di sé.
Se è pur vero che bisogna avere coscienza delle proprie qualità, forse è meglio che siamo gli altri a dirci quanto siamo bravi. È meno irritante e più elegante.
Tutto il rispetto per chi lavora e soprattutto per chi lavora bene e con passione. La riconoscenza che gli deve il mio stomaco e le mie papille gustative tutte, è infinita. Mentre non si risparmiano fanno anche del bene a me. Lo riconosco e lo so.
Ma vi prego: basta una descrizione garbata di quanto andrò a degustare, non un capitolo di Cent'anni di Solitudine con tutta la genia di Macondo. Perché sono lì per gustarmela la pizza 🍕, non per portarla ad analizzare al R.O.S. ed uscire non ignorante è sufficiente, istruito non è necessario.
Grazie.
Inviato da iPhone di G P