domenica 24 luglio 2011

FIUME


Prince Edward County

Nasce così, enorme e agitato per sfrangiarsi tra isole minuscole ed enormi. A seconda dei gusti e delle necessità.
Per esempio c'è l'isolotto Whisky, poco più di uno scoglio, dove venivano abbandonati i marinai inglesi ubriachi prima dell'approdo al porto di Kingston: una nuotata fino alla terra ferma consentiva loro di smaltire la sbronza o di affogare nel percorso. O l'enorme Wolf Island, che forma quasi un tappo all'inizio del fiume, coperta da un numero dissennato di pale eoliche.
Di isole ce ne sono di dimensioni funzionali ad ospitare una casa con le sole fondamenta, o una casa con giardino e approdo, o anche qualche casa per super ricchi; oppure riserve naturali inaccessibili dove alloggia indisturbato il più grosso dei serpenti locali... Se così è per me può restare tranquillamente deserta.
Non le abbiamo viste tutte le 1000 Islands che intralciano la corrente del Saint Lawrence mentre dai grandi laghi, si avvia verso l'Atlantico, che a contarle sono quasi il doppio: 1793; certo è che in una giornata dove il termometro segnava almeno quaranta gradi, salire sul battello ed allontanarsi da terra era una promessa, un sogno di frescura mantenuto. Un lusso lungo almeno novanta minuti.   Troppo pochi per vivere felici la giornata peggiore dell'estate, che come moderni Fantozzi, prima ci becchiamo ad Arezzo, poi in Canada: 42 centigradi senza parlare dell'umidità.
Il giro della cittadina d'imbarco, Kingston, sede dell'effimera capitale federale lealista della metà del XIX secolo, non offre molto al turista, così siamo fuggiti subito dopo il tour fluviale. Come ne fuggì il parlamento che mai si riunì nella sede a lui dedicata e che oggi è il palazzo comunale: prima della conclusione dei lavori, capitale e parlamento si erano trasferiti a Montreal...
Noi con la scusa del caldo atroce che prima del tour ci aveva costretti a stazionare in un caffè, e a non muoverci da lì per NESSUN motivo.   La Prince Edward County, la tappa successiva, è stata un paradiso al confronto della città. Ed è lì che siamo finiti.  Chilometri quadrati di sterminata campagna isolana, la coltivazione dell'uva, ed i prati delle case così curati da parere pettinati tutti per un verso.  Il mio luogo ideale: l'isola è circondata dall'acqua, c'è un silenzio ed un ordine imbarazzante, e soprattutto un ordine da far invidia ad ogni anal retentive del creato.  Manca una gelateria ma si sopravvive ugualmente.  Magari l'apriamo noi.
In compenso v'è una micro riserva indiana la cui presenza è rivelata solo dai cartelli pubblicitari di sigarette e tabacco a prezzi duty free, appesi alle porte di tutti i negozi lungo la strada - nelle zone "cortesemente" concesse ai Nativi le tasse sono un ricordo federale, ed è per questo che ci stanno proliferando i Casinò, manna dal cielo per tutti gli immigrati cinesi, notoriamente grandi frequentatori delle sale da gioco.
Visitiamo paesini nella calura, hanno colori garbati, aspetti lindi, vialetti curati opposti ad angoli di una cialtroneria inguardabile. Ma sono di puù gli angoli graziosi. Alcuni negozi sono chiusi per il troppo caldo: lo annunciano con un cartellino scritto a mano, attaccato col nastro adesivo alla vetrina.   È per questo che decidiamo in un attimo di salire di quota verso il Lago della Montagna, dove il piccolo lago in alto, si contrappone a quello in basso che sembra il mare. Ancora non si sa perché ci sia un lago quassù in cima e che cosa lo alimenti, così le leggende impazzano: ce n'è una che dice che sia collegato misteriosamente al lago Erie, quasi 300km più lontano da qui.   Noi sappiamo solo che è bellissimo con le sue acque scure, e le onde che raccolgono il vento e paiono vibrare.   
Litighiamo col TomTom che vuole farci percorrere strade dall'aspetto rispettabile. Vogliamo seguire la costa dell'isola ed immergerci tra laghetti e paludi. Ci riusciamo anche se spesso dobbiamo tornare indietro.   Ceniamo in riva al lago, a Wellington e commettiamo il solito errore europeo di andare alla ricerca di piatti "sani". Tutto sciapo, insipido. Per mangiare qualcosa che abbia un sapore, devi richiedere qualche insana schifezza locale.   Al ritorno ci assale la voglia di un espresso come Dio comanda, ma resistiamo per 200km, fino a Toronto centro. Giusto in tempo prima della chiusura di Starbucks.  

Saint Lawrence

3 commenti:

Barbara ha detto...

Le foto hanno preceduto il testo!
:)

Dev'essere (...stato?) veramente bello!
Good boys! E se aprirete la gelateria io sarò un affezionato cliente!

ignominia ha detto...

bel travel log, dovresti fare il giornalista di viaggi, scrivere libri sulle osservazioni delle tue peregrinazioni... tipo Paul Thoroux che è piacevolissimo, informativo e personale insieme.. Quella dell'isola dei serpenti mi ha fatto davvero ridere!
calicarr

Melinda ha detto...

Mi ci vedi a scendere a terra nella terra dei serpenti? Avrei urlato dal battello.