mercoledì 27 luglio 2011

RASOIO



E ieri, finalmente, l'impatto con la luce.


Era qualche giorno che Dio, l'Universo o chi per Loro, provava a mettere in atto il meraviglioso fenomeno della luce tagliente del nord. Ma il caldo e l'afa che avevano avvolto la parte centrale del continente americano, avevano impallidito... O meglio: avevano avvolto il cielo, e resolo più simile a quello europeo, avevano fatto in modo che montasse l'attesa per quel fenomeno naturale, che sempre attendo e godo, che è la meravigliosa luce di questo nord.


Differente da quella che sono abituato a vedere in Italia, e che tanto ha regalato alla pittura e all'arte europea in generale, con i colori e le morbidezze che acquisivano secoli e secoli di pittori scesi a confrontarsi con l'arte italica, questa qui si potrebbe definire una luce "aguzza". Al suo meglio tutto è terso: gli sfondi, i colori, le sfumature, le curve e le rientranze; tutto perfettamete illuminato e godibile, visibile e dettagliato, con una durezza che diventa morbida nel proporre la possibilità di visione totale, pedissequa, universale.


Ecco, se i macchiaioli sono potuti nascere in Toscana e creare quegli sfondi confusi e offuscati dalla luce del pomeriggio, qui non poteva nascere che il "gruppo dei 7" con i suoi sfondi un po' da cartone animato, monocromi, infiniti, ma gli unici che possano rendere questo fenomeno ottico.


E ieri è arrivata.

L'ho vista per la prima volta passeggiando per la spiaggia di "The Beach", quartiere storico ad est del centro di Toronto, affacciato sul lago in una serie di mordbide spiagge che lente e brevi degradano verso un lago, che è impossibile non credere mare. Lì, con le case inizi '900 alle spalle, i bambini che giocavano da bambini, gli adulti che giocavano da grandi in una serie di campi da tennis, gli addetti al salvataggio sulle torrette a controllare o a terra ad addestrasi l'un l'altro, lì ho capito che era arrivato il giorno dell'appuntamento.

Era già meraviglioso mettersi a terra a leggere all'ombra degli alberi ed ogni tanto alzare gli occhi e vagare alla ricerca dei particolari.


Dopo pranzo ci siamo imbarcati per le isole di fronte alla metropoli: sette minuti e mezzo per ragiungere un parco verdissimo, altre spiagge di sabbia chiara e il silenzio dei grandi spazi dove tutti i corpi umani si allontanano e la rete sociale si dilata fino a frantumarsi.

Dal traghetto una visione perfetta dello skyline di Toronto: si potevano contare le finestre dei grattacieli, il loro sovrapporsi l'un l'altro, le terrazze in vetro.

E a terra, sbarcati, visioni di verde e giardini dai fiori colorati, alberi e orti affidati ai bambini, ombre nette, non sfrangiate.

Un luogo ed una luce dove alla fine è l'uomo l'intruso, anche se quel territorio che ha calpestato l'ha piegato al suo volere. Dove ci si aspetta solo il silenzio, anche guardando la Cn Tower che spunta da sopra la cime degli alberi, con i suoi 550 metri di altezza, e quindi la mano dell'uomo risulta non invisibile.


Cristallo. Tutto riluceva come se fosse stata passata una mano di vernidas, o tutto fosse cristallizzato sotto un pomeriggio di pioggia ghiacciata. Tutto vibrava. Ed ha continuato a vibrare fino al tramonto, quando quella mancanza di ombre sfumate si è trasformata in freddo, ed abbiamo dovuto mangiare fuori, ma con un golf sulle spalle.


Non so se il cielo farà tutto 'sto tram tram anche oggi, intanto io l'ho vista e posso depennare una delle aspettative messe in valigia all'inizio del viaggio.

Era lì attesa, come il caldo e la confusione dentro Fiumicino. Puntualmente tutto è arrivato.



lunedì 25 luglio 2011

Strasvacco.

Strasvacco.

Diverso dallo stravacco, che prevede letture o di socializzare nel mentre, lo strasvacco si mette in atto dopo lunghe e faticose operazioni di allestimento e disallestimento di luoghi, valige, spostamenti o pensieri. Prevede la pennichella o il sonno profondo, consente di abbandonarsi al russare per brevi periodi, ma soprattutto, ma soprattutto esclude qualunque contatto umano anche se messo in atto in compagnia.

Una norma igienica internazionalmente riconosciuta come valida, approvata anche dal Consiglio di Sicurezza dell'O, credo, definisce lo strasvacco come un "diritto fondamentale dell'umanità, un modo di unire i popoli sotto l'egida dell'interesse comune per la pace e la prosperità".

Lo mettiamo in opera noi qui, e ci auguriamo voi lì, per riprenderci dalle fatiche del non far nulla. O poco poco. Quel poco che serve a respirare.

Domani ci attende una gita di una certa importanza: ben 100km in auto. È bene mettere da parte un po' di energie per la bisogna.

Nel frattempo, prima di immergermi totalmente nell'inattività, comunico che ho finalmente finito "Libertà". E l'ho trovato magnifico.

'Notte


Inviato da iPhone di Giampiero

ATTESA


Perché questa persona anziana non se ne sta ben tranquilla nella sua casetta confortevole e stracolma di aria condizionata, atta a sconfiggere il caldo afoso di questi giorni? Potrebbe farle male alla salute...

Perché si da a gesti così esagerati di esultanza? Buondio! Non è decoroso!



Perché si è sposata con la sua compagna.
Queste due signore sono l'immagine della tenacia nell'attesa.
Tutti le mie felicitazioni a chi ha atteso, LOTTATO PER, e utilizzato la legge sui matrimoni omosessuali nello Stato di New York.


foto tratte da www.queerblog.it

domenica 24 luglio 2011

FIUME


Prince Edward County

Nasce così, enorme e agitato per sfrangiarsi tra isole minuscole ed enormi. A seconda dei gusti e delle necessità.
Per esempio c'è l'isolotto Whisky, poco più di uno scoglio, dove venivano abbandonati i marinai inglesi ubriachi prima dell'approdo al porto di Kingston: una nuotata fino alla terra ferma consentiva loro di smaltire la sbronza o di affogare nel percorso. O l'enorme Wolf Island, che forma quasi un tappo all'inizio del fiume, coperta da un numero dissennato di pale eoliche.
Di isole ce ne sono di dimensioni funzionali ad ospitare una casa con le sole fondamenta, o una casa con giardino e approdo, o anche qualche casa per super ricchi; oppure riserve naturali inaccessibili dove alloggia indisturbato il più grosso dei serpenti locali... Se così è per me può restare tranquillamente deserta.
Non le abbiamo viste tutte le 1000 Islands che intralciano la corrente del Saint Lawrence mentre dai grandi laghi, si avvia verso l'Atlantico, che a contarle sono quasi il doppio: 1793; certo è che in una giornata dove il termometro segnava almeno quaranta gradi, salire sul battello ed allontanarsi da terra era una promessa, un sogno di frescura mantenuto. Un lusso lungo almeno novanta minuti.   Troppo pochi per vivere felici la giornata peggiore dell'estate, che come moderni Fantozzi, prima ci becchiamo ad Arezzo, poi in Canada: 42 centigradi senza parlare dell'umidità.
Il giro della cittadina d'imbarco, Kingston, sede dell'effimera capitale federale lealista della metà del XIX secolo, non offre molto al turista, così siamo fuggiti subito dopo il tour fluviale. Come ne fuggì il parlamento che mai si riunì nella sede a lui dedicata e che oggi è il palazzo comunale: prima della conclusione dei lavori, capitale e parlamento si erano trasferiti a Montreal...
Noi con la scusa del caldo atroce che prima del tour ci aveva costretti a stazionare in un caffè, e a non muoverci da lì per NESSUN motivo.   La Prince Edward County, la tappa successiva, è stata un paradiso al confronto della città. Ed è lì che siamo finiti.  Chilometri quadrati di sterminata campagna isolana, la coltivazione dell'uva, ed i prati delle case così curati da parere pettinati tutti per un verso.  Il mio luogo ideale: l'isola è circondata dall'acqua, c'è un silenzio ed un ordine imbarazzante, e soprattutto un ordine da far invidia ad ogni anal retentive del creato.  Manca una gelateria ma si sopravvive ugualmente.  Magari l'apriamo noi.
In compenso v'è una micro riserva indiana la cui presenza è rivelata solo dai cartelli pubblicitari di sigarette e tabacco a prezzi duty free, appesi alle porte di tutti i negozi lungo la strada - nelle zone "cortesemente" concesse ai Nativi le tasse sono un ricordo federale, ed è per questo che ci stanno proliferando i Casinò, manna dal cielo per tutti gli immigrati cinesi, notoriamente grandi frequentatori delle sale da gioco.
Visitiamo paesini nella calura, hanno colori garbati, aspetti lindi, vialetti curati opposti ad angoli di una cialtroneria inguardabile. Ma sono di puù gli angoli graziosi. Alcuni negozi sono chiusi per il troppo caldo: lo annunciano con un cartellino scritto a mano, attaccato col nastro adesivo alla vetrina.   È per questo che decidiamo in un attimo di salire di quota verso il Lago della Montagna, dove il piccolo lago in alto, si contrappone a quello in basso che sembra il mare. Ancora non si sa perché ci sia un lago quassù in cima e che cosa lo alimenti, così le leggende impazzano: ce n'è una che dice che sia collegato misteriosamente al lago Erie, quasi 300km più lontano da qui.   Noi sappiamo solo che è bellissimo con le sue acque scure, e le onde che raccolgono il vento e paiono vibrare.   
Litighiamo col TomTom che vuole farci percorrere strade dall'aspetto rispettabile. Vogliamo seguire la costa dell'isola ed immergerci tra laghetti e paludi. Ci riusciamo anche se spesso dobbiamo tornare indietro.   Ceniamo in riva al lago, a Wellington e commettiamo il solito errore europeo di andare alla ricerca di piatti "sani". Tutto sciapo, insipido. Per mangiare qualcosa che abbia un sapore, devi richiedere qualche insana schifezza locale.   Al ritorno ci assale la voglia di un espresso come Dio comanda, ma resistiamo per 200km, fino a Toronto centro. Giusto in tempo prima della chiusura di Starbucks.  

Saint Lawrence

venerdì 22 luglio 2011

MENNONITI




Conosco poco dei Mormoni, dei Mennoniti o dei Quaccheri. Nella mia ignoranza si assimilano tutti sotto l'egida di pochi film o documentari di Piero Angela e di quel vestire severo, delle cuffiette candide o del rifiutare tutto quello che è modernità.

Di loro mi ha sempre colpito l'integrità che diventa intransigenza. Non come quella di altri credenti che inseguono e pretendono di cambiare il prossimo, a volte con un apostolato violento fino alla morte.

La loro mi è sembrata da sempre una chiusura senza proselitismo. Un distaccarsi dal mondo esterno che non accettano nella sua complessa rapidità e che lasciano scorrere fuori, o meglio a fianco, della loro vita. Vita che pare garbata. E che è certamente silenziosa. In disparte. Ma non troppo.

Ho fatto un piccolo tour giornaliero dalle parti di St. Jacob, Elora, West Montrose, Ontario - cittadine e dintorni abitate da una fitta comunità di Mennoniti. E per la prima volta ho potuto vedere che molte delle cose descritte sulle pellicole corrispondono a verità. Altre invece danno adito a ripensamenti.

Il primo contatto c'è stato nei pressi del ponte coperto di West Montrose dove due graziose ragazzine ci hanno superato guidando un calesse, sole solette mentre noi scattavamo le foto di rito: tranne a Bassano, dove l'avevo mai visto un ponte in legno, coperto? Ed in più verniciato di rosso? Eravamo già contenti del paesaggio rigoglioso d'agricoltura e loro, coi loro abiti severi, i cavalli ci hanno riportato indietro di qualche secolo nel trascorrere di un attimo.

Poi siamo entrati nei loro negozi, alla ricerca di uova di fattoria e bevande per combattere la disidratazione. Ci abbiamo trovato sempre e solo le donne. Di qua e di là dal bancone. Sorridono. Sono cortesi. Lo sguardo modestamente abbassato. La cuffia candida sulla crocchia.

Gli uomini? Scomparsi forse, al lavoro nei campi. Le donne che si vedono non corrispondono all'immagine dei film, dei documentari. Sono loro che fieramente mandano avanti i commerci. Loro che lavorano alle casse, rispondono al telefono o riforniscono i scaffali. Loro che danno indicazioni precise verso quale fattoria indirizzare la mostra ricerca di uova bio.

Fiere, decise, magari con i talloni scorticati dal camminare scalze e pelurie a vista a cui non siamo più abituati da anni di canoni di cerette.

Le uova le troviamo dopo altri calessi guidati dalle donne, campi coltivati in maniera non aggressiva, fattorie linde, carri parcheggiati al posto dei trattori. Vuoti e silenzi immobili.
Penetriamo in un vialetto e chiediamo di acquistare. Una giovane lascia il lavoro in casa. Ci accompagna in un'asettica stanza sul retro: sugli scaffali uova, miele, sacchetti con fiocchi d'avena, marmellate.
Ci porge le uova ( 12 per poco più di un Euro) e ci dice che la prossima volta dobbiamo servirci da soli e mettere i soldi di ciò che prendiamo in una fessura scavata sul bancone e prelevare il resto dal barattolo con gli spiccioli.

Ecco anche in queste comunità sono le donne che mandano avanti il mondo. E se così non fosse, anche qui sono le donne che fanno il lavoro sporco a contatto con chi non fa parte del loro mondo.

E dopo averle viste il senso di tenerezza che m'ispirano al primo sguardo, la stupida voglia di salvarle dal loro destino sconosciuto che prende me e chiunque si senta di vivere in una società più evoluta, giusta, moderna della loro, scompaiono. E lasciano spazio al rispetto.
Non ci sono catene visibili da spezzare. Le porte sono aperte. La fuga appare possibile. Quindi...

C'è solo da accettare che esistano i diversi. Quelli che mettono il frigo fuori cada con le bevande fresche e ti fanno pagare un dollaro la bottiglia: il tutto self service a partire dal pagamento. E rispettarli.
Magari evitando di far loro foto come se fossimo al giardino zoologico.


Inviato da iPhone di Giampiero

giovedì 21 luglio 2011

BBQ

Un bel party di compleanno in giardino.
Riunita la famiglia per l'occasione, arredata la backyard - detta bacchiarda dalla comunità italiana - con tovaglia, lampioncini, palloni e piscinetta per i due più piccini, ci si da ad un b-b-q stile balneare per festeggiare il compleanno.

E si sta bene in generale, si sta sempre meglio mangiando e ridendo. Magari mangiando gelato. E la macedonia. O l'anguria.

Non la rosticciana alla griglia! Perché se senza carne alla brace non sarebbe un bar-b-q, é pur vero che col caldo afoso di questi giorni stare sulla brace non è il massimo della vita.

Ed è toccato al sottoscritto.
Anzi mi sono offerto per evitare che sopra il braciere finisse la festeggiata, che per data di nascita proclamava il diritto ad essere considerata una regina, oppure mia sorella che tra lava-asciuga-apparecchia-bolli-sistema mi sembrava si fosse data da fare abbastanza, e ancora se ne sarebbe data prima di sloggiare tutti gli ospiti.

Degli altri maschi alfa presenti, tre in totale, nessuno si è offerto. Avevano da fare ad alfeggiare ognuno sul proprio gruppo.
Certo l'ho fatto volentieri. Punto.

Capisco ora perché mi fu detto una volta che chi segue la cottura della carne è lo sfigato di turno durante le feste in giardino.

Capisco pure perché nella filmografia americana costui viene sempre rappresentato con una lattina di birra in mano.

Lo capisco perché ho sudato sette camicie, anzi le ho grondate tutte tra sole, afa e fiamma.

Ora che ho capito, capisco altresì che nella vita mica bisogna sperimentare tutto, vero? A volte ci si può fidare ad occhi chiudi e lasciar perdere la ricerca. Come in questo caso.

È stata una bella domenica.


Inviato da iPhone di Giampiero

sabato 16 luglio 2011

A.I.U.T.O

La prima impressione, dopo anni che non affronto più i voli di lungo raggio, da passeggero o lavorante, non fa molta differenza, è che l'idea che si ha di questo Paese se lo si paragona agli altri è un'idea di vecchio, obsoleto. Arretrato. Nella sala partenze del più importante aeroporto italiano la connessione wi-fi a internet è a pagamento. E questo immediatamente ci fa crollare di livello della mia personale classifica di stima internazionale.
Perché ricordo che già due anni fa, nel più sperduto degli sperduti aeroporti canadesi, Saskatoon, cercatelo nell'atlante e vedete se lo trovate, ecco, a Saskatoon potevi navigare grazie alla connessione gratuita, regalata dall'aeroporto. Eravamo in due a farlo perché nella sala partenze non c'era nessun altro. Ma lo potevamo fare. Fui sorpreso all'epoca e ammorbato da quella strana malattia che, rapidamente, ti porta a credere di aver diritto a potersi connettere col mondo.
A Fiumicino invece... paghi. Sono graziosi lasciandoti la scelta il come (dal conto Skype, dalla prepagata telefonica, dalla carta di credito), ma la cosa indiscutibile è che se vuoi collegarti col mondo che da lì a poco vai ad invadere... Devi pagare. Nulla è gratis in questa valle di lacrime.

Eppoi... Eppoi la strana, orribile sensazione del volo lungo, seduto inchiodato tra sedili scomodi, il sentirsi circondato, invaso, violato, dal folto pubblico che assiste alla strana rappresentazione del viaggio inteso come strappo.
A fianco due ragazzetti di massimo vent'anni, sopracciglia strappate ad ala di gabbiano - orrore!!! - che parlano l'un l'altro alternando linguaggio aulico ad una serie di salutari bestemmie mentre giocano a carte. Due nerds o due coglioni.

Due file dietro la signora che mi ha ceduto il posto e mi ha fatto viaggiare seduto accanto a Pippo. Le ho regalato una scatola di cioccolatini per ringraziarla, ma non credo abbia apprezzato.

Ma su tutto un mondo rumoroso, invadente.

Lo so bene che le alternative a questo sono:
- spendere 10/15 volte di più di quanto speso per acquistare un biglietto in business;
- andar per mare in un viaggio lungo non meno di 2 settimane;
- stare a casa!!!!!!!

E se adottassi la terza ipotesi in maniera concreta, reale, definitiva?
È così importante viaggiare? Subire queste brusche accelerazioni e decelerazioni, pressurizzazioni, violenze gastriche da cibo da Barbie, alitosi altrui e, su tutto, un dolore alle chiappe protratto per ore e ore?

Oppure devo vincere al Superenalotto e viaggiare solo prima classe da qui alla morte. Che se non vinco alla lotteria e viaggio ugualmente in prima, sopraggiungerà rapidamente per inedia...

Ok. Stavolta è andata. La prossima decideremo con oculatezza.

Inviato da iPhone di Melinda

martedì 12 luglio 2011

WASHINGTON-FRANZEN




La solita illuminazione che, arrivata inaspettata, ma soprattutto mai cercata, che condivido.

Il caldo, la noia di un pomeriggio passato rinchiuso, hanno contribuito insieme ad altri fattori esterni a questa minima epifana dei neuroni abbacchiati dal calor bianco di questo giorno.

Insomma, leggendo il libro illustrato qui a fianco, ho compreso perché mi piace tanto Washington. O almeno mi piaceva quando la frequentavo per lavoro.
E' capitato sovente di passeggiare per quei lunghi viali alberati e non. E di provare quasi un senso di elegante riconciliazione con i baccani stradali nostrani; un senso di pace in una città non grande, che non pareva mettersi in subbuglio neppure la mattina in cui passò l'auto Presidenziale con Laura e George W., forse di ritorno dalla funzione domenicale; un quieto susseguirsi di facciate e monumenti che invitano alla riflessione più che allo sconcerto delle metropoli iper-attivate dal denaro. Non che lì non ne passi, ma il suo pare più un passaggio meno isterico e, soprattutto, meno sbandierato. Un senso di appartenenza addirittura con tutti quei monumenti a guerre sparsi per chilometri, che ci appartengono solo in parte come popolo, ma totalmente come portatori sani di memoria.

it.123rf.com

Dopo la cartina ecco il passo di J. Franzen, tratto da "Libertà", ed. Einaudi, che mi ha colpito - uno dei tanti perché dacché leggo il libro continuo a pubblicare su Faccialibro frasi dello stesso:

"Malgrado avesse suonato abbastanza spesso a Washington nel corso degli anni, l'orizzontalità e i fastidiosi viali di quella città lo mandavano in paranoia. Si sentiva un topo prigioniero in un labirinto governativo".

Ecco qua. Poche parole per spiegare quello che non era richiesto spiegare. Ma un "precisino" come me, al contrario del personaggio del rocker Katz, dove può star più comodo che in una città tutta ordine e viali? Manco in campagna a pettinare i fili d'erba tutti in un verso.

Anche se trattasi di città straniera nel senso più vero del termine, perché seppur comodo, la sensazione che ho avuto, è sempre stata quella di NON appartenenza a quel luogo. Il che consente, come scriveva qualcun altro di cui non ricordo il nome, di provare la meravigliosa sensazione di leggerezza che solo le città che non viviamo ogni giorno, ci donano proprio perché le abbandoneremo.

Fatto. Spiegato. Peccato.

sabato 2 luglio 2011

BUONGIORNO


da loudvision.it



Ok, basta. Ora hanno proprio rotto.
Non gli farei la class action per riavere i soldi del canone: credo che di fronte ad un servizio di una discreta qualità, anche se, ahimé, di qualità ormai a macchia di leopardo bisogna parlare, per il servizio ricevuto dei soldi si debbano versare.
Anche sulla base della promessa di una certa indipendenza dai poteri e pluralità che fin'ora non s'è mai vista bisogna investire.
Magari un po' meno euro...

Ma un discreto vaffan@@@o a mamma Rai glielo voglio mandare per la vicenda di quel film che continuano "a sbagliasi" a mandare in onda e che guardacaso parla di amore omosessuale: "I segreti di Brokeback Mountain" di Ang Lee.
Loro dicono che "si sbagliano" e mettono in onda "per sbaglio" la versione epurata di tutte le scene omoerotiche o di omoaffettive. E siccome che è almeno la terza volta che accade in proiezioni rigorosamente notturne, le virgolette ci vanno eccome.
SONO D'OBBLIGO, miei cari.
E se si tratta di errore di copia... Epurassero dagli archivi la copia epurata.

Allora, vogliamo capirsi? Se proprio non lo volete mettere in onda in edizione integrale, che è una scelta che non capisco ma che alla fine posso anche accettare - ognuno fa "che gli pare" in casa sua?! -, non mettetelo in onda e basta! Che ci vuole, no? Smettetela di fare i culturalmente aperti, i ricettivi, i comprensivi del ca@@o, che lo devono mandare in onda ad ogni costo, per avere il titolo in scaletta, perché con quel "ad ogni costo" ci fate la figura dei ca@@oni.
Credo che tutto il mondo, anche quello omoerotico, omoaffetivo, possa vivere SENZA la proiezione de "I segreti dei Brokeback Mountain". E vive ugualmente molto bene. Vi ricordo che sistono i DVD, grazie a Dio.

Credo però che lo stesso mondo omoerotico, omoaffettivo, 'sta manica di froci insomma, possa sentirsi turbato, o incazzato, oppure cominciare a provare una strana sensazione di pericolo - ho scritto pericolo coscientemente e lo ripeto: PERICOLO - nel vedere che certe scene, a qualunque ora del giorno o della sera, non sono trasmesse al pubblico. Mai. In tre proiezioni della pellicola, mai. Che stia per diventare illegale l'omosessualità?

Eppure, quando il film è passato nelle sale non mi pare che ci siano stati aborti spontanei, sommosse popolari, ictus a raffica. Chi voleva entrare a vedere è entrato, che non voleva è andato altrove, chi non si era informato del contenuto, una volta entrato e schifato è potuto uscire liberamente.

Fate voi, omuncoli o donnuncole ridicoli.
Oppure potete mettervi d'accordo con la distribuzione e far castrare i film prima dell'arrivo nelle sale, di quelle scene che v'imbarazzano. Come avete fatto con "Bruno, il lato B di Borat", che visto in Germania ha mote più scene di quando l'ho visto in Italia.