sabato 26 febbraio 2011

ALTRO NORD

Partiamo tardi perché alla fine non si riesce mai a partire nel tempo stabilito quando si va in auto. E' inutile dire che alle otto in punto si mette in moto l'auto per poi essere puntuali all'arrivo. Bene che vada si parte con mezz'ora di ritardo. Bene che vada.

Confortati dal sole che splende, a dispetto della neve che invece cade su tutto il circondario, costa adriatica, Umbria e sud, ci avviamo verso un altro trasloco, anche questa volta non nostro, su su al NORD, a Milano.

Nel tragitto Pips s'impegna nella conta dei ponti che, numerati e ordinati, scavalcano l'autostrada. Si blocca quando nomina il 41bis...
Poi conta e sbava su tutti i magazzini Ikea che incontriamo, depositi compresi: sono 5 i negozi e 2, enormi, i magazzini.

Sole lungo la strada.
La radio canta. Scopro finalmente i personaggi di Super Pazza e di Sharon Cenciarelli, del programma Radio 2: "Sei uno zero". Me ne avevano parlato altri.
Super Pazza e' un super eroe gay alla salvaguardia di parrucche e calze smagliate.
Sharon, post adolescente romana, quest'oggi trasmette da ponte Milvio, dove c'e' un raduno di minicar. Ha difficoltà a parlare per le quattro gomme da masticare che mastica contemporaneamente e separatamente a una decina di caramelle. Le sputa una alla volta provocando una smitragliata di un minuto.

Bello e' il panorama della pianura. C'e' sole, qualche Freccia Rossa FS sfreccia a fianco. Certo che con la benzina a 1,50 € di gente in giro se ne vede poca.
Tranne una mandria di romani, tutti in SUV, che vanno a sciare. Sono una transumanza biblica, ci accompagnano per tutto il tragitto appenninico, affollando anche bagni e caffè, ma scompaiono contemporaneamente allo svincolo per il Brennero.
Pof... Magia. Autostrada deserta.

Arrivati a Rho il cielo si chiude: il sole c'e' ma ingrigito.
Fermi al semaforo di via Ratti (...) ammiriamo l'incanto e l'armonia della cittadina lombarda. Così affascinante che mi vien voglia di mettere al mondo dei figli per dargli l'opportunità di poter crescere in un posto come questo. Per poterli avvicinare alla bellezza fin dalla più tenera eta', così che da grandi possano sentirsi a casa in ogni luogo di bellezza, in ogni museo, galleria d'arte, luogo del bello.
Arriviamo. E la chiudiamo qui per iniziare le grandi manovre.


Inviato da iPhone di Giampiero

giovedì 24 febbraio 2011

ALLA RICERCA DEL FRENO


Gustave Caillebotte, Les Raboteurs de Parquet
Musée d'Orsay, Paris


Nella fretta di questi giorni, il potermi avvicinare alla splendida macchina di collegamento, è quasi una vacanza dal tempo reale.
Quasi.
Non so dire quanto ho corso in queste ultime ore e quante volte mi sia fermato chiedendomi perché e cercando di decelerare. Perché io corro, stop, tanto per arrivare non so dove. Come se avessi un cane alle calcagna che mi spinge a fare. E velocemente, altrimenti non ha lo stesso sapore.
Cavalcare l'onda dell'efficienza per dimostrare di essere buono a qualcosa.
Ogni pausa presa, necessaria tra l'altro, risulta irrilevante al fine del rilassamento, perché dare peso alla pausa assume quasi un sapore di disfatta.

Non conta neppure che una settimana fa sono dovuto andare a Milano per depositare la mia orina in un vasetto di analisi, farmi misurare vista e pressione per farmi dire che sono sano e che se mi volessero potrei continuare a "svolgere i (miei) compiti di emergenza a bordo di un aereo", appuntamento annuale immancabile: ore di auto e soldi buttati al vento...
Passando prima per una cittadina vicino a Rho per salutare il nipotame di Pips, per poi andare a Torino dove non si sapeva bene che aria avrebbe tirato in quel fine settimana programmato da tempo e che sembrava non dovesse avere luogo.
Invece mi sono pure comperato un vetro per una lampada ad un prezzo irrisorio...

Non conta neppure che il ritorno da Torino sia corrisposto a cinque-ore-cinque di macchina sotto una pioggia ininterrotta; che oltre la metà del viaggio se avessi potuto sradicare i tergicristalli lo avrei fatto, tanto mi stavano sulle scatole con il loro rumoroso ondeggiare. E che la mattina dopo abbiamo avuto la casa invasa alle 08:30 zulu, dagli operai che hanno cambiato quattro finestre; che tra una storia e l'altra ci hanno messo un giorno e mezzo lasciando la casa sporca e polverosa come non mai.
Sono stato in ginocchio per ore per lustrare i pavimenti una volta sloggiati loro. Sembravo uno di quei lucidatori di pavimenti.

Non conta neppure che una volta staccate le tende - che fai, le smonti per consentire agli altri di lavorare e poi non prendi l'occasione per lavarle? - stirate tra bestemmioni ciclopici, ti accorgi che adesso sono una più lunga, una più corta dell'altra? Mentre prima erano della lunghezza giusta?
Certo è che dalla camera non le smonto manco se pare di avere avuto l'acqua alta a Venezia: senza di quelle non riesco a dormire.
Eh già: tra i tanti difetto mi mancava pure l'incapacità di mantenere il sonno se non sono avvolto dall'oscurità del sacello...

Ok, va bene. Di che mi lamento? Tanto sabato ripartiamo per Milano! A dare una mano per il trasloco del nipotame di Pips!
Che culo!
Che lo faccio volentieri, ma se volevo calmarmi un po'...

Insomma. Sono alla ricerca di un modo per decelerare. Tirare il freno a mano. Stopparmi, in un brutto italiano.
O almeno per riuscire a capitalizzare i momenti di pausa che pure mi prendo e che passano veloci e senza lasciare traccia, come aquiloni al vento.
Va a finire che mi faccio prendere da un influenza per infilarmi sotto le coperte e non muovermi per un pezzo.

domenica 20 febbraio 2011

TRAM N.9





Sul tram numero 9, a Torino, di ritorno verso casa dei nostri ospiti. Piove e non c'è tanta gente, pur con il traffico delle auto private bloccato dall'inquinamento troppo alto.
Due tossici - perché non saprei definirli altrimenti con parole più appropriate, più politicamente corrette - dall'aspetto di tossici solo un po' più ripuliti, parlano per tutto il tragitto che li porta all'ospedale verso la dose sostitutiva. Parlano di risse in casa famiglia, di chi mena di più, i pugni sono definiti "cartelle", di sorveglianti rimossi e altre amenità. Una realtà che non conosco e che invece mi accorgo essere parallela e sovrapponibile a quella delle persone definite, tra virgolette, normali.

Prima di scendere all'Ospedale Amedeo di Savoia, proprio davanti alla porta pieghevole, uno fa all'altro:
"Minchia! Ma io le allucinazioni non le ho mai avute!".
Pausa.
"Strano".

martedì 15 febbraio 2011

A LAVORI QUASI FINITI


infiorescenze di Saskatoon Berry, luglio 2009


Bene, adesso anche la zia bizzarra avrebbe un clima più sopportabile nella parte di soffitta che le era stata concessa come camera da letto. Lana di vetro stesa, primi pannelli di poliuretano posizionati, grazie all'aiuto dell'esperto.
Davanti a terze persone ha affermato che ho fatto un bel lavoro. E che quindi posso procedere e farmi anche gli altri che avevo immaginato realizzati da lui...
GGRRRRRRRRRRRRRRR!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Durante il lavoro pensavo alla zia. Nel ripensare alla zia, mi sono tornate alla menta alcune parole di mia madre che si riferivano a lei e al suo allontanamento dalla famiglia in direzione della casa di riposo. In un paio di occasioni mi disse che dopo la nascita della mia sorella maggiore, non era più il caso che vivesse qui.
Troppo squilibrata per vivere a contatto con la creatura? Ansie di primipara ansiosa? Paura di contagio dello squilibrio emozionale?
Il bello è che mentre me lo diceva, ho quasi la sensazione che lei fosse certa che io capissi il sottinteso, la vera verità non espressa.
Ed io, un po' per pigrizia, un po' perché non mi piace passare da scemo o poco brillante, facevo finta di aver capito tutto e annuivo tutto compito e comprensivo...
Quindi la verità è restata nascosta ai posteri.

Non servirà a molto, ma non sarebbe male dedicare quella stanzetta, una volta terminata, alla mitica zia T., la bislacca.
Con tanto di cerimonia di inaugurazione, salatini e bevute tra chi se la ricorda, una specie di "memorial" molto postumo con applicazione della foto della zia, che dovrei nel frattempo ritrovare.
Si potrebbe anche fondare un comitato a suo nome che si occupi di qualcosa di importante, come l'evasione delle suore di clausura dai conventi - anche se non sono certo che questa sia la cosa migliore per il loro stesso equilibrio -, oppure un gruppo di supporto destinato a donne innamorate di uomini sposati.
Ma forse basterebbe un'adozione a distanza a suo nome.
Ne riparliamo quando tutto sarà bello e finito.

Nel frattempo vi comunico, ammesso che ne siate interessati, che la bilancia da cucina, quella che poteva interpretare il film "Io sono il numero 4", inserendosi come il protagonista numero tre della strage di elettrodomestici che si è compiuta in casa mia, ha ripreso a funzionare giusto il tempo di farmi preparare una crostata, e poi è nuovamente ricaduta nell'oblio narcotico.
La crostata era stupenda, ma quello ça va sans dire... Fatta con l'ultimo barattolo di marmellata di Saskatoon berry, acquista nel mitico luglio 2009 e col burro bio, che garantisco ha una sapore diverso, meraviglioso anche se si tratta solo di quello di produzione industriale. Praticamente finita in una sera...
Ma torniamo alla bilancia:
novello dottor Frankenstein l'ho aperta e ho riposizionato con colla super i pezzetti che si erano frantumati, gridando alla vittoria ottenuta sulla morte elettrica. Ma la mattina dopo la colla deve aver ceduto di nuovo e la piccola pesatrice bianca ha ripreso il suo aspetto spento e inutile. Una rabbia!
Oggi provo a portarla in riparazione, ma anche se non potessero farci nulla, bene, io me la riprendo e la uso lo stesso, a costo di incollarci due pezzetti di legno ricavati da una matita dell'Ikea al posto di quelle micro-dita di plastica che si sono rotte, o di praticarvi un foro che mi consenta di raggiungere il contatto direttamente con il mio ditone. Perché non è che non funziona, è che per una serie di rotture non si riesce ad accenderla.

Come vedete qui a fianco sto leggendo Pavese. Il mio primo romanzo.
Vado avanti raccogliendo opinioni discordanti, ma più spesso di altre sento definire la sua poetica "una gran palla".
1qq e Igno hanno già espresso la loro opinione. La mia amica prof che ha confermato il mio dubbio riguardo ai tempi verbali sbagliati in una frase incontrata durante la lettura, ha detto pure lei la sua.
Io non so che dire. Mi piace? Non mi piace? Non lo so. Ho fatto un po' di fatica a leggere questo brevissimo romanzo, ma sono incuriosito dalle tematica della resistenza, del passaggio della guerra nel nostro territorio. Da quella parte storica del romanzo che certamente esiste e che è stata corroborata dalle note a lapis che il lettore precedente del libro, ha lasciato a margine.
Sì, sì, anche questo è roba usata e mi sa che ne vorrò sempre di più di romanzi di seconda mano. Hanno quel qualcosa in più, quel passaggio di grandi emozioni che solo l'usato, in questo caso sa dare.
Vedremo di procurarci altri tomi.


martedì 8 febbraio 2011

LANE & PANNELLI


continua la pubblicazione delle scritte bizzarre



Tra le varie opzioni lavorative che mi si aprono come fiorellini sul prato a primavera, se non potessi tornare a volare, da adesso posso aggiungere:
1- spazzacamino;
2- traslocatore;
3- coibetatore;
4- (ma soprattutto) uomo di fatica tanto elegante.

Non ho finito con le soffitte, me ne manca una, quella che si trova esattamente sopra la mia camera da letto: una cella frigorifera naturale che riflette tutto il suo gele nella stanza di sotto. La cosa bizzarra è che, per un po' di anni, la soffitta fu fatta abitare ad una zia altrettanto bizzarra, che poi, troppo strana anche per la mia famiglia, fu sistemata in casa di riposo e lì rimase fino alla morte; e che non so come, poveraccia, non tirò il calzino il primo inverno in soffitta, dove tra l'altro dormiva anche nel mitico inverno del '56, in cui, con la forza dell'autorità, tutti i neonati che non disponevano di riscaldamento in casa, furono trasferiti negli ospedali.
Senza riscaldamento la vecchia zia sopravvisse alla neve, all'inverno, ma poco dopo venne sfollata in un luogo più asettico e meno familiare.
Sulla vecchia circolano notizie non comprovate di amori giovanili intollerabili alla famiglia, mentre si hanno invece notizie certe di un suo internamento in un convento di clausura da cui fu fatta uscire in fretta e furia per poca stabilità mentale.
Azzardo un ipotesi: se non ci andò di sua sponte tra quelle mura murate, non potrebbe essere quest'instabilità una conseguenza di tale forzatura?
Vorrei saperne di più, ma nessun presente ne sa molto; chi allora sapeva non parlava, adesso chi sapeva non c'è più.

Insomma, torniamo alla lana di vetro ed ai pannelli di poliuretano: mi è rimasta una sola stanza da mettere a punto. Dopo di che si dovranno aspettare altri soldini da investire in finestre per le innumerevoli bocche di areazione che si aprono nel sottotetto. Ma per quelle dovrò aspettare.
La lana di vetro non è così fetente come la dipingono, sono peggio le capocciate che continuo a battere senza soluzione di continuità sugli spioventi del tetto. E sì che son lì dentro da più di una settimana.
Mentre sbattevo con martelli e cacciaviti nel sottotetto, sono tornate alla luce mobili e oggetti dimenticati.
Lavoravo tra la fascinazione di cose che riemergevano da polvere e oblio, cose che magari erano state messe lì proprio da me.
Non mi sono dato all'apertura di sportelli, ma il contatto fisico obbligato con un sacco di oggetti - ci strisciavo sopra, a fianco, in mezzo, sotto - li ha resi nuovamente reali.
E la sera la cosa strepitosa era raccontare con meraviglia a Pips, lontanissimo in chilometri, cosa avevo scoperto essere nel tal posto, e sentirmi dire con la precisione di un geologo: "Certo che stava lì. Perché non lo sapevi? Ma se ce lo avevi messo tu".
Beffa! Io qui sotto, proprietario, non ricordo nulla. Lui in Sicilia, sfollato, ha memoria fotografica e millimetrica di quanto c'è.
Mi aveva addirittura avvisato al telefono di una finestrella aperta... Era vero.
Ma come faceva?

Quando sarà finita la parte faticosa, arriverà quella ludica. Cioè lo svuotamento delle stanze dalle cose inutili. Ci sono secoli di reperti buttati lì solo per paura che un giorno possano nuovamente servire. Solo che poi quando servono davvero e non ci ricordiamo che ci sono già. E li ricompriamo. In un assurda giostra di svuotamento ed accumulo.
Operazione nella quale sono maestro.
Fortuna che senza sensi di colpa riesco a buttare via di tutto. E anche stavolta ho visto cosette che fanno al caso mio... Ho cominciato con il mio casco da cavallerizzo, inutilizzato da decenni. Violà, sparito nel primo pomeriggio quando mi sono preso una pausa per andare a fare la spesa.
Lo acquistai insieme ad un tot di lezioni di equitazione in un momento in cui volevo che la mia vita reale assomigliasse quanto più possibile a quella fantastica di "Maurice" Foster/Ivory.
Poi capì che il cavallo era decisamente più impegnativo che romantico, e che la Toscana dove vivo era ben lontana dalla piatta brughiera inglese. Come feci? Cadendo dalla bestia un paio di volte di troppo.

Col casco sono spariti già un impianto stereo che non funzionava (epoca 1993), una valigia presa con i punti Esso e MAI usata (per capire quanto fosse pratica), un numero svariato di quadretti a giorno non più utilizzabili, mentre altri sono stati messi da parte per essere regalati al prossimo mercatino di beneficenza.

Insomma, dalla coibentazione allo scavo.
Che lavoro!

Ps: delle foto nessuna traccia...

giovedì 3 febbraio 2011

BITTER, SPUMA E GASSOSA



Continua la mia perfida ricerca di cartelli improbabili. Forse un giorno farò un post spiegando che sono cresciuto con le etichette scritte con l'italiano improbabile di un famoso negozio di dischi incentro. Quello sopra è l'ultimo incontrato in questi giorni. Purtroppo oggi quando sono passato per scattare una foto migliore di quella che presento, ho scoperto che era stato corretto: "piedicure" era diventato "pedicure". Accontentatevi di questo.


Ho cenato con insalata, pizza surgelata e BITTER SAN BENEDETTO!!!!!

Una libidine fanciullesca. Più stimolante della Coca Cola, il bitter non si beve a litri come la suddetta per cercare inutilmente di dissetarsi; il bitter si gusta a bicchiere, ho versato con gioia bambina la bevanda innaturalmente rosso brillante nel mio bicchiere, convinto che non ci sia nulla di più buono per accompagnare la pizza.

Che gioia!

Ho il novanta per cento di certezza che non faccia proprio bene alla salute e alla linea. Lo so, non sono scemo, ma so anche che non potevo resistere alla vista di tale bevanda sugli scaffali del supermercato.

Ed insieme a quella ho preso anche una bottiglia di... GASSOSA!!!!

Ragazzi: il delirio!

Con quella meditavo di fare una lunga bevuta di panashè - si scriverà così? - un misto di birra e gassosa, appunto, per ricordare i lunghi pranzi a panini al mare all'età di diciassette anni. Quando cioè ci si crede così tanto adulti da non sospettare che non sia ancora il momento di fare certe cazzate e ci si ubriaca col Martini Bianco. O ci si crede così tanto profondi e vissuti da non comprendere certi divieti calati dall'alto dagli adulti.

Poi si cresce e si capisce che spesso avevano ragione loro. Anche quando ci facevano le multe sulla via Aurelia, in Liguria, perché si arrivava dalla Toscana in due su una vesta 125, ma il guidatore aveva solo 17 anni e non poteva portare passeggeri. Cioè il sottoscritto. Non protestavamo, ma li odiavamo! Una volta, tra Arezzo ed Imperia, siamo riuscito a rimediarne tre.


La prossima pizza surgelata sarà invece accompagnata dalla Spuma Bionda. Se devo fare un viaggio a ritroso immergendomi nei gusti dell'età non adulta, il secondo step è quello.

La bottiglia - in vetro - della spuma bionda accompagnava i pomeriggi d'estate al fiume - l'Arno verso Giovi, in Casentino - con noi ragazzi in costume e in acqua e mia madre con Grand Hotel in mano, seduta su una sedia pieghevole, in costume intero a fiori. La spuma bionda veniva immersa chiusa in acqua per non farla riscaldare ai raggi del sole estivo, e quando la si apriva, finalmente per berla, la gestione dalla bottiglia da immergere, senza farne allungare il contenuto dall'acqua del fiume, diventava capitale.

Le tecniche non le ricordo, ma si usciva vittoriosi dalla sfida.


Spesso il babbo non era con noi, ma quando c'era si prendevano i pesci con le mani, sotto le rocce del fiume. Una volta, con amici di famiglia, finimmo per prenderne così tanti, che per colpa del calore provocato dalla frittura che ne seguì, riuscimmo a fondere il lavabo in plastica delle roulotte su cui era appoggiato il fornello da campeggio. Rischiando un bell'incendio.

Ma comunque, al sapore e all'odore dell'acqua di fiume, si univa quello della spuma bionda. Dissetava tra i giochi e dopo le merende.

In effetti da bambino, non ho mai saputo cosa fosse la Coca Cola. Quella scelta dai miei era la vera bevanda gassata di trasgressione: gialla come la pipì, ma più dolce. Se a casa di amici mi veniva offerta l'intruglio americano, pensavo subito che in quella casa si fossero montati la testa...

Chissà com'è adesso il sapore della spuma bionda?


Comunicati veloci.

1- i lavori di coibentazione del sottotetto procedono. Non velocissimi ma procedono. Se non fosse per la fatica, potrei dire che il movimento di regressione non etilico è iniziato contemporaneamente all'inizio dei lavori, nei quali riesco a sporcarmi, impolverarmi, rotolandomi per terra come uno zingaro in un campo nomadi. Solo che loro non credo che dispongano di soffitte fredde. Insomma mi diverto e torno giù nero come uno spazzacamino;

2 - il vicino che per tanti anni mi ha fornito la linea internet a scrocco ha inserito una password... Non commento ma mi ritengo offeso. Mi dovrò fare un contratto flat?


mercoledì 2 febbraio 2011

LEMURE


Scusate, voi siete lì che fate post su cose bellissime, su angeli che cadono dal cielo, su persone con voci indicibili, ma io è da stamani che rido con questa cosa che ho beccato su Faccialibro, rubata baldanzosamente dal muro di mio nipote.
Lo metto anche qui perché stamani ridevo, oggi, dopo un giorno di duro lavoro in soffitta rido ancora.
Per chi non usa Faccialibro o non mi è amico lì, ecco il lemure più figo del mondo.
Poi, magari, faccio anche io un post serio.


Naturalmente l'ho tirato giù da youtube, con il titolo "lemure" postato da ruben392.