Scusate il ritardo, ma l'autobus per Milano ci ha messo giorni a passare alla fermata, farmi salire a bordo e portarmi a destinazione. Un viaggio che, come tutti i viaggi, è iniziato contro corrente: via Roma. Da sud a nord, via sud...
Roma, che praticamente non ho visto, mi ha ospitato per quattro giorni di corso di rientro nelle mie vecchie funzioni pre-CIGS, che si sono inevitabilmente trasformati in un frullatore di nozioni e sensazioni. Risultato? Herpes labiale di dimensioni bibliche. Il corpo ha una strana forma di combattere e portare in superficie lo stresssssssss: ad uguale stressssssss da uguale risultato, così mi sono ritrovato con le labbra bruciate dal virus esattamente come ormai diciotto anni fa quando affrontai per la prima volta questo tipo di esperienza. Che culo! Anzi: "Fantastico!", come il bon ton della famosa barzelletta vorrebbe si dicesse in luogo di " 'Sti cazzi!".
Finito il corso una puntatina a casa per organizzare le valigie, un altro ritorno a Roma per la firma del contratto, ed una corsa a fari spenti nella notte verso Milano per prendere servizio a Malpensa alle sei del mattino successivo. Con tanto di deviazione da autostrada a statale della CISA per aggirare un blocco sugli Appennini causato da un incidente. Ed infine il lavoro.
Ora, seduto sul divano della casa presa in affitto con il mio compagno di corso, di prima stagione lavorativa e prima casa nel 1995 - a volte ritornano, dice Stephen King - , guardo indietro e provo pochissime emozioni. Il ritorno al volo mi ha reso felice ma non mi ha provocato nessuna particolare emozione. Se devo dare una descrizone di quello che ho sentito dico... NULLA. Non un nulla da leggere in maniera negativa, ma un nulla da comparare alla sensazione che quest'anno e mezzo di black out lavorativo non fosse mai esistito. La naturalezza dei luoghi - angusti -, la familiarità con rumori, situazioni, persone e accadienti ha fatto sì che non provassi la gioia che mi aspettavo.
Il che è comunque stato positivo perché la mole di lavoro che mi è piovuta addosso fin dal primo giorno era tale che avrei potuto sopportarla solo se avessi provato familiarità e un sano distacco dal vortice di cose, rumori, persone e accadimenti. Così è stato infatti. Ho fatto tutto quello che dovevo fare con la consapevolezza di avere gli strumenti per saperlo fare.
E proprio questa è stata l'unica novità, perché in vita mia mai mi sono sentito all'altezza, anche se ci hanno provato in tutti i modi e in tutte le salse a farmi capire che lo ero. Me lo hanno pure detto in faccia, ma io ho ripetutamente chiuso gli occhi.
Adesso ho questi due giorni di riposo e cerco di rimettere apposto questa casa e le sue cose perché dovrò viverla abbastanza e io odio lo sporco e il disordine. Spero che lei, la casa intendo, non opponga una troppo fiera resistenza.
3 commenti:
beh, mi pare che tu sia arrivato a poter dire: been there, done that. NEXT!?
Una volta che si arriva a questa consapevolezza che stai provando, la maggior parte della gente si accorge che il ruolo ormai gli sta stretto e vuole vedere cosa c'è più in là. Va bene anche decidere che ci costa poco, ora che sappiamo davvero DI SAPER fare il lavoro ad occhi chiusi, di continuare a farlo in eterno. Ma io spero che invece ti venga la voglia di dire: NEXT? and move on
"ora che SAPPIAMO davvero di saper fare il lavoro ad occhi chiusi,": l'importante è saperlo, non saperlo fare.
Concordo con Ignominia: NEXT!!
Comunque in bocca al lupo. Tutto ha un perchè.
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