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🎶 "Non sopporto i cori russi,
la musica finto rock,
la new wave italiana,
Il free jazz, punk inglese...", cantava e canta ancora il poeta.
Invece ieri sera sono andato a vedere il Coro e Complesso di Ballo dell'Armata Russa, "Armata" che con un semplice cambio di vocale è uscita dall'era comunista. E mi son divertito: il miglior gruppo orchestrale bombardone mai sentito in un teatro sinfonico. Il miglior coro di artisti bassi, e non solo di statura, che abbia mai ascoltato; certo quella divisa col cappello a eliporto non slancia.
Poco importa che la musica sia troppo spesso un bombardamento di marce in salita che si concludono inevitabilmente con un danno ai timpani. Che i coristi abbiano diaframmi e strumenti possenti. Che l'età dei militari componenti il coro vada dai venti ai sessanta. Che i direttori d'orchestra siamo due, uno definito "principale" che si presenta con una gran medaglia pendente dal petto ed uno addetto solo alla musica suonata per i ballerini, il che provoca continui cambi sul podio e la richiesta di ulteriori applausi.
Poco importa perché le marce trionfali, vigorose, maschie che l'ensemble propone, coinvolgono la platea in furiosi, spesso fuori tempo battimani, che se ci provassero a sbagliare così a Vienna per il Concerto di Capodanno li radierebbero subito dalla sala. A vita! Rausch!
Ma l'accento popolare della serata si vede anche da questo. E non solo. Si vede, anzi si ascolta pure dalla presentazione del gruppo enunciata in un accento russo da operetta. Sul nulla di decoro che completa le scene grigie. Sul pubblico mai così poco in pompa magna, come questa sera.
I solisti del coro si esibiscono evitando in maniera pedissequa di trovarsi illuminati dalla luce dei riflettori: con l'eliporto piazzato in testa l'effetto sul volto è spettrale. Prendono con dignità i loro personali applausi e li dividono, "collettivamente" col coro che li ha accompagnati, mai oltre il secondo, rigido inchino.
Le ballerine sono vestite con abiti bellissimi, emettono squittii e urletti, ballano benissimo ed il massimo che si beccano è un applauso di riporto per un passo di danza che le fa roteare per tutto il palco, mostrando i casti mutandoni. Una di loro ha un vitino non proprio da libellula... Ma le cinture piazzate sotto il seno aiutano sempre.
I ballerini, loro indossano i leggings con le casacche, fischiano ed urlano, ballano e si beccano tutti gli applausi perché i loro passi son tutti acrobatici. Più d'uno ha la pancia gagliarda e quando si tratta di rotolare sulla schiena, dalla sinistra alla destra del palco, indossano una giacca nera che non c'entra nulla col costume, ma così non macchiano la casacca.
Dei brani non capisci una mazza. Sono in russo tranne il coro degli schiavi del Nabucco che cantano alla fine.
Riconosci "Kalinka Moja!" ed il "Casatchiok" di Dori Ghezzi e scopri che quando lei canta: "Kasachiok è il ballo della steppa" il motivo originale fa solo un gran: "La lalla lalla la". Del "Canto dei battellieri del Volga" nessuna traccia.
Effetti luminosi? Nulla.
Effetti sonori? Solo la chitarra elettrica inserita nell'orchestra classica.
Scena? Ho già detto: grigi teloni.
Sipario? Non c'è. Tutti entrano ed escono di scena come in un dramma di B. Brecht.
Ma il tutto risulta divertente, godibile e allegro. Bella serata.
"Non sopporto i cori russi,
la musica finto rock,
la new wave italiana,
Il free jazz, punk inglese.
Neanche la nera africana! 🎶".
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