domenica 27 settembre 2015

IO PESSIMISSIMO



clinicaveterinariagaia.com

In attesa di un aereo che mi riporti da Roma a Milano, connetto il mio telefono ad una parete attrezzata per ricarica dei cellulari degli sprovveduti viaggiatori senza batteria di scorta. In pratica un bancone pieno di schermi e di prese/corrente e usb. 

Mentre i pannelli luminosi alle mie spalle scaldano la schiena nel vano tentativo di allontanarmi da qui il più rapidamente possibile e lasciare la presa a qualcun altro, vedo quello attaccato alla presa a sinistra che si fa un selfie, quello ancora più in là che si intrattiene in una conversazione ispanica senza fine. Tema della chiamata: banalità sulla cultura culinaria del bel paese; avete presente "pizza/pasta/mandolino" e niente più? Ecco, sul genere. 

In un istituto medico hanno appena certificato la mia salute fisica: di quella mentale non si sono accertati se non con vaghe domande alle quali ho risposto nella maniera più convincente. Ma esiste un atteggiamento convincente se si vuol dimostrare di essere mentalmente stabili? Alla fine ho messo una firma per certificarne la veridicità delle mie dichiarazioni e del mio sguardo sobrio. 
Certo non mi sono messo a raccontare che sempre più spesso, col passare degli anni, tendo a fissare lo sguardo ed a concentrarmi sulle particolarità fisiche delle persone: potrei passare ore a guardare una ciocca di capelli di un colore particolare, un punto nero sulla schiena di una sconosciuta in chiesa, un'unghia troppo lunga anche mentre non scava un orecchio. Il soggetto delle mie ispezioni mi provoca un'osservazione compulsiva. Mi ci perdo e perdo la cognizione del tempo. Poi mi riprendo e mi do del coglione. 

Ma se nel gabinetto medico avessero avuto bisogno di una qualche cavia da sondare per esplorarne il pensiero debole, oltre al sottoscritto sia chiaro, io qualche nome, indirizzo o mestiere, avrei potuto indicarlo. 

Potrei proporre, ad esempio, accaparratori di amicizie altrui, quelli che marcano indefessi e senza vergogna un territorio che non gli appartiene più. 

Oppure potrei presentare loro il creativo che per vendere vestiti ai bimbi li fotografa tutti in fila, tutti col loro bel piumino colorato, tutti con la medesima testina inclinata a guardare lo schermo del telefonino... La faccia non si vede, ma ho come l'impressione che lo sguardo sia un po' inebetito. Chissà perché?! Il prezzo che vedo sul cartellone spero sia quello del piumino e non del piccino: così piccoli e già cosi rintronati... no grazie, non li comprerei. Capito forzanovisti??????

Non sfigurerebbe neppure quello che ha pensato di mostrare in un altro spot, la madre che spiega al piccino come usare lo smart phone, il che avvalora la tesi che il meraviglioso mondo di Amelie esiste davvero e non è solo un film. 

Chiudo la lista dei papabili al delirio con la nuova miss Italia che pare sia stata eletta dopo aver espresso a cuor leggero una castronata di tali proporzioni da diventar offensiva per la memoria collettiva. Ringrazio i giudici che hanno preferito comunque eleggerla quando avrebbero dovuto farla precipitare in fondo alla classifica delle belle e risalire alla testa di quella delle candidate all'accompagnamento INPS. 
Le altre concorrenti dovevano essere state più brutte di un'emicrania a grappolo per aver perso a paragone di cotanta ugola allegra, ma non mi risulta.  

Convengo con chi difende la reginetta dicendo che le parole siano uscite dalla bocca di una diciottenne spaesata. Ma abbraccio chi si sente offeso perché nello "sparuto" numero di vittime civili della seconda guerra mondiale, più di 33.000.000 se si escludono i civili periti nella guerra sino-giapponese (fonte Wikipedia), ha perso una madre, una nonna, una sorella, zia o amica. O chi come me ha ancora orrore e disgusto per le rappresaglie fascio/naziste di San Polo (Ar), Civitella in Valdichiana (Ar), Sant'Anna di Stazzema (Lu) e le centinaia di altre che non conosco. Vittime che in guerra ci si son trovate senza divisa. 
Confido infine che l'attitudine alla buona memoria che da sempre contraddistingue il Popolo Ebraico non le consenta almeno l'accesso in nessuna Sinagoga. Perché da noi siamo già alla solita pizza e fichi dal giorno dopo.


Passa gente, qualcuno corre tirandosi dietro un bagaglietto a mano su ruote stringendo la carta d'imbarco come un salvifico amuleto, altri, più simili a me, deambulano con lentezza. Più o meno la solita storia di sempre, quello che accade in un giorno normale. 
Tanto a me importa ben poco delle ansie degli altri: io son certificato sano. Cattivo ma sano. 


Inviato da iPhone di Giampiero Pancini

sabato 12 settembre 2015

NORD 2



Fotomiafattadame Palanga-Lithuania


Mettetevi l'animo in pace, le zanzare ci sopravviveranno. Quando questa razza di bipedi incapaci di intendere ma capacissimi di volere verrà estinta per nostra stessa mano, loro continueranno a svolazzare tranquille. E la sera davanti al fuoco, le femmine, racconteranno alle uova in schiusa di un epoca in cui fu inventato il DDT, il Raid, lo zampirone, la friggitrice da parete che richiamava solo le grasse e lente falene... E tra roboanti risate converranno che l'evoluzione in zanzara tigre è stata una figata e che l'aver cambiato dieta, non ha segnato affatto la sopravvivenza della specie.

Questo è quello che si evince visitando il museo dell'ambra a Palanga, Lithuania. L'ambra di questi parti del Baltico risale all'Eocene, tra 55 e 40 milioni da anni fa. Ed è piena di inclusioni: lucertole, mosche, ragni, ma soprattutto zanzare, tanto che al negozio del museo una goccia di ambra contenente una zanzara viene quotata 100€, mentre per un ragnetto incollato o una farfallina ci vanno 190€. Il che vuol dire che di zanzare ce n'erano già un surplus.

Ho scoperto che c'è pure un tipo d'ambra che è detta "bastarda". Me ne sono subito innamorato per simpatia tra simili. È quella che presenta inclusioni chiare, quasi marmoree tra il trasparente giallastro. Bella davvero. Conserva tutta la leggerezza della resina prendendo l'aspetto della pietra.
Tra i veri gioielli creati ed esposti un meraviglioso anello che al posto della pietra ha una formica millenaria. Basta trovare l'estimatrice...

Poi fuori dal Museo, collocato in un bel parco verde e fiorito, sono stato sopraffatto dalla malinconia di un autunno anticipato. Un vento freddo e costante, una luce pura, di taglio ma col cielo grigio di nubi alte, i bambini imbacuccati fino alla testa e i roseti ormai potati.
Questo è un luogo, un Paese silenzioso. Se si esclude il rombo delle auto di grossa cilindrata che transitano per strada, e sono la maggior parte, tutto intorno si svolge in un silenzio ristoratore. Ma troppo fitto per essere al mare, alla fine della stagione. Perché tra i negozio chiusi ed i ristoranti aperti c'è ancora un mucchio di gente che va verso il mare a sedere, per raccogliere i raggi del sole, ordinatamente seduti su una panchina, a guardare il Baltico e coloro che tra le alghe del bagnasciuga cercano conchiglie o, chissà, qualche goccia d'ambra portata da questo mare che sommerse foreste.

È tempo di scendere più a sud per scrollarsi di dosso questa sensazione non turistica. Bastano duecento chilometri per lasciarsi alle spalle le atmosfere marine.
È meglio andare.

venerdì 11 settembre 2015

NORD



Fotomiafattadame Klaipeda-Lithuania


Per smettere di scrivere di sé, bisogna alzare gli occhi e guardarsi intorno. Così con la scusa di raccontare qualcos'altro, si potrà continuare a scrivere di se stessi impunemente.
Qualunque parola scritta o parlata non può che parlare da quella testa, mono o pluri-neuronica che l'ha partorita. Ecco perché se si vuole scrivere anche un banale blog bisogna prendersi delle pause. Che siano espresse in ordine di tempo o di spazio - letarghi o viaggi - diventano indispensabili per continuare in maniera garbata a postare. Altrimenti rischi la galera o le denunce a raffica perché non trovando nulla da dire con garbo, allora ti impicci in maniera arrogante ed assolutista dei ca... fatti degli altri. Giudichi come la cristiana al quarto matrimonio che non vuole concedere le nozze ai gay e magari questi "altri" s'inca.... s'inquietano per le tue considerazioni.

Ecco perché mi son preso volontariamente un lungo periodo di lontananza da questo blog.
Ecco perché stamani, sveglia alle tre e trenta, manco fossi al lavoro, sono partito per le vacanze. Un po' di sani ca.... fatti dell'estero, fan bene alla salute più di un ricostituente contro la canicola estiva. Che tra l'altro, grazie ai temporali nel sud, è definitivamente archiviata per l'anno in corso.

All'aeroporto tra personale immusonito dietro i banconi e passeggeri addormentata al di qua, tempo dieci minuti avevo spedito il bagaglio e fatti i controlli di sicurezza. Obbligando i passeggeri a fare il check-in da casa propria, pena sanzioni stratosferiche, si riducono notevolmente i tempi di attesa; attivando più o meno tutte le linee di controllo di sicurezza e non le classiche due, ci si mette un attimo a farsi perquisire dallo svogliato di turno che è pure bruttacciolo; pur con tutte le precauzioni del caso ho suonato passando sotto l'arco della Ceia®. Giuro ho tolto tutto: che si sia attivato per il livello alto del colesterolo? Farò le analisi.

A bordo tutti dormono. Meno che me, la famigliola bimbo-munita della fila dietro, e le hostess che imperterrite percorrono la cabina coi carrelli delle vendite. Il bimbo dietro viene sedato con un crostino aglio e formaggio il cui afrore sveglia il mio compagno di viaggio, che però ha così tanto sonno che in seguito non se lo ricorderà.

In auto verso il Baltico il panorama è quello delle praterie nord americane. Cieli infiniti cosparsi da nuvole bianche che galleggiano sul loro fondo piatto, mucche, cereali, poco mais molto indietro nella maturazione, presenza umana non pervenuta.
Fuori 20 gradi, sole limpido, il cereale da mietere, un autovelox ogni 10 km, il rodeo delle macchine folli di velocità tra i due punti. All'autonoleggio ci hanno consigliato un piccolo sovrapprezzo per la copertura assicurativa totale di eventuali danni alla macchina. Accettiamo titubanti ma capiamo di aver fatto bingo incontrando, in soli dieci minuti, due incidenti camion contro auto: tutti illesi tranne le auto...
Guidano con quel gusto tamarro degli pneumatici che graffiano l'asfalto, con quella velocità che già li immagini investire un gruppo di vecchiette fuori dall'ambulatorio del medico di base.

Alle quindici fuori 20 gradi, io nel ristorante con la felpa, il bimbo di due anni con su solo il pannolino: questione di tempra. Dev'essere stato svezzato dalla Rottenmeier!

Arrivato a Klaipeda mi chiedo se non ho sbagliato abbigliamento: potrei aver esagerato con le polo a mezze maniche ed essere in carenza di maniche lunghe. Ma l'aperitivo all'aperto sul terrazzo, felpa indossata, a guardare il traghetto che fa avanti e in dietro con la penisola di Neringa non me lo toglie nessuno.
Voglio immergermi in questa luce cristallina.

martedì 8 settembre 2015

LETTURE ESTIVE


Palmira com'era, prima che quei COGLIONI SANGUINARI decidessero di distruggerla
fotomiafattadame

Non leggo quotidiani. Leggo parecchi libri gialli, forse perché me ne regalano in abbondanza. E quando sono lì, sullo scaffale, con la fascetta che elenca il numero di copie vendute, le lingue in cui è stato tradotto, le versioni teatrali, televisive, cinematografiche in cui è stato replicato, non ce la faccio a considerarlo un prodotto di bassa qualità, qualcosa da evitare per utilizzare il poco tempo che ho a disposizione per leggere, su classici e romanzi di "un certo peso".
Lo so che alla fine della mia vita mi ritroverò con il rimpianto di non aver letto tutto quello che avrei voluto, ma certamente il numero di parole altrui raggiunte, sarà comunque cospicuo ed il massimo possibile.

Quest'estate oltre alle pesche e alle pere, che sono stati eletti i miei frutti preferiti DELLA stagione, e non solo DI stagione, frutti accomunati dall'essere fragili e succosissimi, tanto da rendere inevitabile lo sporcarsi le mani quando li mangi, ho letto un paio di gialli/thiller notevoli. Uno è l'agognato ritorno dell'adorato Adamsberg, dalla magica penna della Fred Vargas, l'altro un volumone norvegese di uno scrittore all'opera prima.
Poi qualcuno mi spiegherà come ha potuto, tutta quella capacità di creare, rimanere nascosta fino alla pubblicazione di quel volume. Siamo invasi da opere prime di notevole spessore. Che si tratti della ghostwriter revenge?
Poi ne ho letto un altro: una vera scempiaggine. Sono stato tratto in inganno dal nome dell'autore: non succederà più.

Ma mentre la frutta adorata, al di là dell'appiccicaticcio lasciato su polpastrelli, dita e mano, lascia in me una senso di soddisfazione e sazietà inenarrabili, i libri letti, che vorrei precisare mi son piaciuti parecchio, hanno confermato la sensazione di un mezz'amaro in bocca, che conosco da tempo.

Non so se capita anche a voi di uscire frustrati dalla lettura di un giallo, di un thriller.
A me regolarmente.
Per il semplice motivo che non indovino mai in anticipo il colpevole.
Posso leggere tutto con attenzione, puntare gli occhi sulle azioni e sulle frasi di uno dei personaggi, piuttosto che di un altro, ma alla fine il vero colpevole è sempre un'altro.

Inizialmente pensavo che solo la persona presentata come la più riprovevole fosse il candidato ideale per ricoprire il ruolo del colpevole, invece veniva fuori che era stato il prete.
Per un'altro periodo ho puntato tutto su quello/quella che durante lo svolgimento della vicenda era stato presentato in maniera più defilata. Ma non era lui/lei l'assassino/na. No. Era l'altro più defilato del primo.
Ho quindi rimesso gli occhi sul più probabile, e manco questo/questa era il/la colpevole: puntavo sul salumiere, invece era l'osteopata che rimette al mondo i gatti.
Poi ho cercato di ragionare, di vedere chi fosse presente o assente, dalla scena del delitto mentre il delitto si stava consumando, ma anche così non ci andavo certo vicino: un buon libro di genere ha una serie di personaggi davvero notevole da seguire, così, giusto per confondere le acque.

Alla fine, dopo essermi accorto che a me la fa pure la Signora Fletcher, quella è una serie che continuerei a vedere e rivedere fino alla noia, ho deciso di fare il lettore e lasciarmi andare alla sorpresa finale, prendendomi la briga di dire soltanto: "Ma dai! Era proprio lei l'assassina? L'infermiera! Bravo 'sto scrittore a confondere le acque".
In fondo i buoni libri non sono costruiti anche per questo, per sorprenderci?
Con buona pace delle velleità da Sherlock Holmes in pantaloncini estivi.
Che io i gialli li leggo soprattutto d'estate.

PS - lunghetto ma indispensabile - : vorrei spendere un po' di parole CONTRO, ma proprio CONTRISSIMO la fissazione che pare si sia instaurata tra gli scrittori contemporanei di voler per forza, di loro intenzione o nelle volontà degli editori, lasciare finali aperti a tutta una serie di seconde, terze, o n puntate.
Ora, fino a che si tratta dei vari Montalbano, il già citato Adamsberg, della Petra Delicado, dei vecchietti di Malvaldi ci posso pure stare. Ma davvero sento il bisogno di un sequel di tutti gli altri libri in circolazione? Possibile che ogni ispettore, investigatore, team di lavoro, possa assurgere al titolo di ispiratore di un'intera serie? Personalmente di alcuni libri non comprerei mai un seguito, non ne sento il bisogno, posso dormire benissimo la notte. E pur comprendendo che spesso si tratta solo di mere operazioni commerciali, la presenza di tutti questi finali aperti mi pare un po' eccessiva.
Si può vivere anche senza. Davvero.
E, senza offesa: come nella vita di tutti i giorni ogni tanto le storie è meglio chiuderle.
Come le finestre quando piove.
E le serrande pure se hai appena finto di lavare i vetri.
Perché è sempre allora che piove.



venerdì 4 settembre 2015

RITORNO DAL CASTELLO




fotomiafattadame


Il signor Kafka Franz, nato a Praga nel 1883, scrittore di fama mondiale, ha avuto una vita per così dire... travagliata?!
Decisamente accidentata.

Un rapporto con le donne travagliato, con il suo stesso corpo altrettanto travagliato, tanto da morire quando questo lo ha tradito con una qualche forma perniciosa di tubercolosi. Non prima di aver sofferto le pene dell'inferno.
Della sua opera gli scritti lasciano trasparire una mente travagliata, una pensiero profondo e animalesco della condizione umane.

Oltre alle opere ed al suo ricordo di uomo vissuto a cavallo di due secoli ci lascia un aggettivo: KAFKIANO.
Dal vocabolario Treccani. Kafkiano: "che richiama l'atmosfera tipica dei racconti di Kafka, e quindi inquieto, angoscioso, desolate o paradossale, allucinante, assurdo".


Ho più di cinquant'anni e so bene di aver già affrontato, nella vita, l'assurdo, l'angoscioso e l'allucinante.
Poi, se solo mi guardo in giro e vedo le sentinelle in piedi, vedo anche il desolante; leggo le parole del proprietario di Ryanair e percepisco il paradossale; ascolto come si trasforma una legge che dovrebbe garantire, parificare le coppie omosessuali in un'altra che garantisce le coppie eterosessuali sposate, vomito attaccato allo stomaco dall'assurdo.
Potrei andare avanti per ore e se cercassi il vostro contributo son certo che intaseremmo il server di esempi pertinentissimi.


Invece mi fermo e faccio un outing (... un altro?!) dichiarando senza vergogna alcuna che, a metà luglio, ho avuto l'ardire e la sfacciataggine di accettare l'offerta fattami telefonicamente, ma concretizzata in un ufficio reale, palpabile, di cui ho l'indirizzo, con la quale sceglievo di cambiare il gestore telefonico della linea fissa.

Lo sapevo che avrei dovuto ascoltare la vocina che mormorava.... URLAVA di non far nulla, di restare radicato alle vecchie abitudini, che cambiare è positivo ma se ci si mettono di mezzo i call centre ed i nuovi contratti, questi luoghi e deleghe trasformano il cambiamento in un incubo.



Io quella voce, ahimè, non l'ho ascoltata e adesso mi ritrovo nel pieno del delirio.
Avevo una linea cellulare da anni, ce l'ho ancora?
Ho una linea telefonica mobile come prima. Sì, ma non essendo perfezionato il contratto non so bene quanti dei futuri 400 minuti, 400 messaggi, 2Gb ho attualmente a disposizione, quanta ricarica sto prelevando dalla scheda ricaricabile. Mi ritroverò alla fine, nel mezzo del bisogno senza credito e senza contatti con l'Italia.

Avevo da anni lo stesso numero telefonico e una linea fissa.
Ho adesso una linea telefonica fissa? Certo che ce l'ho, ma misteriosamente non ho più lo stesso numero. Se chiami quello vecchio nessuno risponde, se chiami invece il numero che risulta a carico di una persona straniera, rispondo io. O la mia segreteria.

Avevo una linea internet.
Sì? Quella invece non ce l'ho più, perché il primo servizio che ti staccano quando traslochi da un'azienda all'altra è l'Adsl. Poi te lo ricollegano, ma al vecchio numero. Mentre tu in casa hai un numero non tuo, allora tutta la tua meravigliosa linea internet va a finire nel nulla dello spazio infinito dei dati interstellari. Nel frattempo tu scarichi la posta, e solo quella, mi raccomando, con la "mattonella" portatile di un altro operatore.

In breve è questa la situazione che mi sono creato non ascoltando la vocina urlante che intimava di non farlo.
Perché è dal 14 di agosto che ho fatto presente la situazione a tutto l'universo creato (ufficio nuovo operatore, call centre nuovo operatore, call centre vecchio operatore, ufficio nuovo operatore per tre volte, call centre nuovo operatore per tre volte, chiamate sterminate all'ufficio del nuovo operatore, per arrivare a oggi: venti minuti al call centre del nuovo operatore e due chiamate all'ufficio del nuovo operatore) e se non mi faccio amico un senatore a vita, difficilmente riuscirete a raggiungermi al telefono e a farvi leggere se mi scrivete una mail.

Tutti mi dicono che mi capiscono e che aspettando la situazione, magicamente, si dovrebbe risolvere da sola. Ma ad oggi non è stato risolto nulla. Niente. Nada de nada.
Si dice che mi manderanno un tecnico a risolvere la cosa, il che è già di per sé un passo avanti, ma: "la prossima settimana, caro sig. P, ormai siamo a venerdì".


Mentre io rantolo, cappottato sulla schiena da insetto con le zampetta all'aria, un vaffanculo serafico risolleva il morare. Ma non mi da l'accesso alle porte virtuali del mondo. Quindi due vaffanculo rituali.
Ed una macumba.
A crederci.