sabato 30 giugno 2012

CANI-COLA


"Bucarest sotto la canicola: tracce sul deretano"
fotomiafattadame

"Antò, fa ccaldo"! Diceva la pubblicità del tè freddo.

Fa davvero caldo, mannaggia. E come tutte le estati l'argomento torna ad essere quello delle temperature che salgono, non salgono abbastanza, salgono troppo.

Ora che tutto questo fenomenomeggiare ha un nome, l'ultimo è "CARONTE", sappiamo meglio con chi prendercela quando siamo costretti a lavorare all'aperto solo la mattina presto, a stirare la notte in terrazza, a bagnare con doppia attenzione le piante, a far partire la lavastoviglie solo col fresco e a non accendere MAI il forno, a passare notti in bagni di sudore in attesa che inventino un "appendisonno" che ci consenta di dormire in verticale, senza mettere a contatto il corpo con il lenzuolo. Un po' come la minaccia di Rynair di farci viaggiare in piedi, solo a casa propria...

Me la godo scrivendo in una stanza con tanto di aria condizionata facendo scorrere le ore della giornata, a pochissimi metri dall'aeroporto, in una reperibilità lavorativa estremizzata. Le ore passano ed io posso stare persino in cravatta senza sudare. "CHE LUSSO!", ci disse una volta Franca Valeri. Era riferito ad altro, ma calza a pennello.
Certo da qui dovrò uscire o per andare a lavorare o per tornare a casa, ma allora la realtà avrà un impatto minore nel mio immaginario di sofferente dell'estate. Sarà finita, o quasi, la giornata. E se andrò a casa ci sarà un bottiglione di tè freddo ad attendermi in frigo.
Purtroppo anche la spesa da fare e quindi il fornetto della macchina senza aria condizionata ad attendermi, ma a questo penserò dopo.

Le cose che ho notato mentre intorno a me si scatenava il delirio da temperature torride sono parecchie. Due le principali:

Prima di tutto: chi si lamenta di più è chi vive in città, cioè chi ha case con pareti sottili come carta velina ed è circondato da asfalto bollente che ribolle come zuppa di farro per tutta l'estate. Si avranno pure più servizi, ma da sempre d'estate, in città si soffre di più. Meriterebbe migrare tra i campi dove di giorno friniscono grilli e le cicale, ballonzolano i papaveri e si torcono i girasoli, ma la sera il fresco arriva prima. Non tutti possiamo farlo e solo chi può sa quanto questo ripaghi le scomodità invernali.

Due: il mio dirimpettaio attore/scrittore sempre compito, sempre elegante, sempre magro, sempre distaccato e distante, ha smollato i freni inibitori e si è mostrato in terrazza con indosso solo un paio di mutande bianche di tutto rispetto, modello calciatore di quelle due cretine di D&G, ma senza lo stesso fisique du role.
E meno male che non erano le classiche CAGI ascellari di Fantozziana memoria.
Non che io stia lì col binocolo, che tra l'altro non ce n'è bisogno, ma pure se ho cercato di fare l'indifferente e non piazzarmi davanti alla finestra a godere lo spettacolo, certo è che sono rimasto stupito. Era l'altro dirimpettaio, il musicista a mettere regolarmente in mostra le grazie sul balcone senza bisogno di aspettare la scusa del caldo torrido. Se ora mi ci si mette pure lui, sto fresco!

Appunto, MAGARI!!!

In attesa che tutto il vero delirio del caldo vero passi, non resta che aspettare con pazienza, rassegnazione e, solo per chi ce l'ha, aria condizionata a palla.
Chi non ha tale impianto a casa sappia che in condizioni fisiche normali si può sopravvivere anche sensa: lo hanno fatto per millenni i popoli della terra con le temperature più bastarde a massacrarli e continuano a farlo senza bisogno di tanta energia elettrica.
Basta seguire qualche trucchetto della nonna o dei paesi più caldi - casa ombreggiata, finestre socchiuse nelle ore del giorno, lampadine spente -  e la si sfanga anche quest'anno. Io ho notato che gli elettrodomestici in generale emettono un sacco di calore, primo tra tutti il televisore di vecchia generazione col tubo catodico. E' questa l'ennesima buona scusa per tenerlo spento.
Io farò così. Meglio distaccato dal mondo che lesso.

Caronte prima o poi passerà. Mortacci suoi!




lunedì 25 giugno 2012

SHANGHAI



Per chi non lo sapesse non amo molto la Cina.

Condivido con Tiziano Terzani, l'orrore per le trasformazioni imposte a quella terra immane. E non posso condividere l'entusiasmo per i disastri che si stanno compiendo in quel paese nel nome del nuovo e della modernizzazione. Terzani ebbe l'occasione di vedere "un prima ed un dopo" temporalmente molto esteso e l'abilità di narrarlo con sapienza.
Il mio metro di paragone è invece molto più limitato: ho iniziato ad andare in Cina, a Pechino, nel 1999 e ci sono andato spesso. Poi ci sono tornato altre volte nel 2008, questa volta puntando sempre verso Shanghai.
Se si sorvola sulla capacità di narrarlo, questo non toglie che una "differenza", un "prima e dopo" abbia potuto vederlo pure io.

O forse si trattava di un "mentre": la trasformazione era sempre attiva e sempre percettibilissima. Ancor più sconvolgente perché d'impatto.


fotomiafattadame



Questa la vista della città, sul grattacielo dello Shanghai World Financial Center disegnato dallo studio Kohn Pedersen Fox, ancora in costruzione nel 2008, ultimato ed inaugurato solo due anni dopo.
La città intorno si estende come un mostro gelatinoso, abbarbicato sul territorio che col suo stesso peso sta facendo affondare. A ritmo vertiginoso le case vengono prima abbattute, poi ricostruite più grandi, il traffico impazzisce nelle arterie sempre più larghe. Tutto prende un colore grigio, pesante, monolitico e piatto. Per ritrovare qualcosa "a misura" bisogna spingersi fino al vecchio quartiere diplomatico, al Bund coloniale sul fiume Huangpu, anche questi ormai è assediati.

E se davanti alla prospettiva di andare per un paio di giorni a Pechino mi preparavo alla inevitabile bronchite che mi sarebbe arrivata al ritorno, colpa dell'inquinamento della città, della sabbia che arriva costantemente, portata dal vento dai deserti interni, andare a Shanghai significava scommettere di quanto si sarebbe ingigantita la città durante l'assenza. E immancabilmente perdere.
Qui tutto può diventare mostruosamente grande, veloce, esagerato.
La sensazione era percepibile già sul treno a levitazione magnetica - MAGLEV - che viaggia tra aeroporto e città ad una media di 200 Km/h con punte di 500 km/h: 7 minuti e venti secondi per fare trenta chilometri. E dal paesaggio che scorreva a fianco, in grado di modificare se stesso nel giro di poche settimane.

Un giorno, per sfuggire a tutto questo faraonico delirio di gru e costruzioni, rumore, luci, di traffico infernale e mortale, io ed un collega decidemmo di andare a fare un'escursione verso un luogo turistico in campagna, l'ennesima Venezia straniera. Dalle foto il regno della pace. Eterna...
Trovammo un paesello finto in mezzo ad una pescosa palude, pullulante di zanzare fameliche, negozi di piumini imbottiti di seta, pollerie con stragi di galline appese e ristoranti tutti uguali che servivano pesce di lago, estratto vivo da acquari a vetri dove, con i vivi, galleggiavano i pesci morti...

Alla vista dei pesci morti NOI NON MANGIAMMO.
E tornammo di corsa a Shanghai per saziare la fame famelica. Ma non prima di aver aspettato diligentemente il nostro turno per tornare in città via pullman: nell'impero "Più Rosso che Celeste" ti muovi da turista come, dove e quando decide l'impero stesso.


Non mi domanderò perché il mondo sceglie di individuare in qualunque città fornita di un qualche misero canale una novella Venezia - seguita diligentemente da un punto cardinale o dal nome di un paese. Alcune - Copenhagen, Bruge, Zhouzhuang - le ho visitate, le altre non credo che m'interessino. E più ne visito e più colgo l'unicità dell'originale e l'arroganza del paragone.
A proposito: secondo internet in questo momento i cloni di Venezia in Cina sarebbero almeno due, la suddetta Zhouzhuang e Suzhou. Tutte e due nella zona di Shanghai.


Ma torno alla Cina, a Shanghai, dove in tutto questo afflato verso il nuovo mi è sembrato che la popolazione rimanesse sempre un passo indietro. A parte i pochi cittadini completamente occidentalizzati-lookizzati- rovinati, la grande massa continua a sputare per terra a ritmi da estinzione incendi estivi, a far fare la cacca per terra ai bambini che viaggiano senza pannolino ma con uno spacco nel dietro dei pantaloni che serve all'uopo e a comportarsi come se anni e anni di progresso occidentalizzato non li avesse neppure sfiorati. Per alcuni il nuovo è sempre così veloce da risultare inarrivabile.

fotomiafattadame

Io invece vorrei vedere più luoghi come questo in Cina: sommerso e circondato dalle torri di cemento e metallo, questo giardino fa parte di una vecchia villa del potere imperiale. E' anch'esso a Shanghai ed è un'attrazione turistica all'aria aperta. C'è un percorso intorno a vasche d'acqua, ponti, alberi centenari e tetti a forma di drago.

E' un minuscolo punto di ristoro in mezzo al caos e alla follia.
Se non fosse che la follia viene trasportata al suo interno della popolazione che lo gestisce e che fa faville nel non farti godere nulla.

mercoledì 20 giugno 2012

LA SPOSA INDOSSAVA...


foto mia fatta da me a Vibo Valentia

UN ABITO ELEGANTE MA MOLTO, MOLTO, MOLTO SEMPLICE.

PS: sono una Merd@ ma non ho potuto fare a meno di fotografare.


venerdì 15 giugno 2012

TIFO


Partiamo il giorno in cui c'è la partita. 
Gli aeroporti saranno deserti, i pochi visitatori raggruppati sotto gli schermi attaccati alle pareti, i servizi a terra ridotti al lumicino. 
Quando gioca l'Italia il moto del Paese si ferma. L'evento è ridondante. 

Lo provo nuovamente come ogni due anni e resto deluso da quanto, ancora, le persone riescano ad essere influenzate da un calcio prevalentemente sporco e giocato da un abbondante numero di trogloditi - le poche eccezioni non si affrettino a smentire: sappiamo che, rari, esistono anche loro.

Dire che il calcio è un'altra cosa è inutile, riduttivo, giustificativo e offensivo. Quando lo sento dire provo la sensazione come se a capo di un comitato per la legalità eleggessimo uno dei Casalesi.

Ma non è questo che volevo dire. Anche nel mio equipaggio che ha due sole donne su sei totali, l'attesa del risultato sarà spasmodica: costretti a lavorare mentre di srotolano sul campo quei novanta minuti di foga taurina.

Chi tifa comunque non avverte l'indifferenza al caso di chi, appunto, ne è indifferente. Chiede notizie. 
Si tuffa in considerazioni.
Partecipa distratto alle formalità del gruppo.
Vivrà l'attesa col corpo rigido e la mente altrove.

Chi tifa dichiara: "Oggi gioca l'Italia"!
Chi non tifa, serafica la collega, risponde: "A che gioca?"

Risposta esatta.

Inviato da iPhone di Melinda

mercoledì 13 giugno 2012

MADONNE VARIE



Il notizione del giorno - ieri - è quello del primo concerto di Madonna in Italia. Roma, stadio Olimpico, un'ora e più di ritardo sull'orario d'inizio, 43000 spettatori. Si replica prossimamente a Milano.
Il resto è "fuffa".

Pure quel "nobilomo" di Cassano che riceve il Presidente della Repubblica nello spogliatoio a torso nudo, e che in un rigurgito di maschia virilità si augura: "che in nazionale non ci siano giocatori omosessuali", passa in secondo piano.
Se si potessero denunciare i giornali che con la scusa d'informare non perdono mai occasione di portare in primo piano gli atteggiamento omofobi del primo che capita, certe pagine strillate non ci sarebbero più e forse vivremmo in un mondo più quieto.
Comunque: fanculo pure a Cassano che poi ha chiesto scusa. E' solo l'ultimo della lista.

Del terremoto in Emilia si parlava ma non avendo provocato in giornata danni pazzeschi o vittime, si può spostare l'attenzione verso i fenomeni di "costume" più o meno apprezzati.
Alla Ipercoop di Peschiera Borromeo trovo il Parmigiano della solidarietà: acquistarne un pezzo a prezzo più o meno standard garantisce un euro di incasso in più per le aziende produttrici disastrate. Acquisterò più avanti.

Di Madonna che so molto apprezzata da diversi amici e colleghi mi ha colpito questa foto pubblicata da Repubblica dove ha l'aria stanca, provata, assente alla scena, quasi fragile, l'espressione un po' disincantata e un po' da Baby Jane: che me tocca fa' pe' campà.






La mia didascalia all'immagine sarebbe questa: "ne ho le scatole piene di tutta questa fatica. Muovo 'sti pon pon poi mi levo dal ca@@o che non ce la faccio più. E affa anche la Gaga e la Kylie Minogue".


E' vero che nelle altre pubblicate da TUTTI i quotidiani traspare una bella energia, persino in quelle dove esce dal ristorante con bel filarino che le hanno attribuito, con inforcati gli occhiali da sole a mezzanotte. Quindi è probabile che si tratti solo di uno scatto venuto male. Però... Da lei sempre ineccepibile non me lo aspettavo.

E mi fa quasi tenerezza quindi.

sabato 9 giugno 2012

DI SORPRESA IN SORPRESA


dal sito di Repubblica, un po' di tempo fa


Di sorpresa in sorpresa.

Arrivo a cinquant'anni per scoprire che non esiste la parola "rammanico" ma esiste ed è corretta la sua versione "rammarico".
Posso dirmi stupito oppure devo tacere e vergognarmi?

Come quando alle elementari, cresciuto in Toscana, non riuscivo a capire perché la "ghitarra" si dovesse scrivere chitarra e la "bicigletta" fosse la parente locale della bicicletta. Ma guai a scriverle con la g mentre si facevano i compiti a casa o i dettati in classe.

E' lo stupore che mi assale ogni qualvolta scopro di aver usato male la lingua italiana. Non che sia un genio, ma il dubbio di aver sempre evitato di leggere la parola rammarico correttamente in un qualunque libro passatomi per le mani, e non sono pochi, ormai si è fatto certezza. La mia testa lavorava per concetti assunti e definitivi: ho sempre detto così, non ho mai ricevuto correzioni dalle mie amiche professoresse, quindi si dice così.

La verità è emersa lottando contro il correttore automatico di word che non ne voleva sapere di farmi passare  liscia la mia personale rivisitazione del gergo. Comunico la cosa la mio uomo e questo guarda lo schermo del computer, guarda me e con tono incredulo dice: "Ma scherzi"?

Purtroppo, con profondo rammarico, non scherzavo, mortacci della falsa sicurezza data dall'essere nati in Toscana. E' come se dovessi rivedere il concetto, inculcato da sempre, che l'essere nato nella culla della lingua italiana garantisse per dotazione genetica il grande risultato di un italiano pressoché corretto... Infatti "pressoché" calza a pennello.

E quindi... rammanico è una parola che non esiste. ME CO!


Ripresa l'attività lavorativa sono finito a pernottare in due città diverse nel giro di due giorni. Non posso che dire di essere contento di tutto questo. Nella seconda tappa, di cui non farò il nome ma nasconderò solo la targa automobilistica nel testo per non fare della semplicistica, misera delazione, ho avuto il piacere di svegliarmi nel cuore della notte, sotto le leggere coperte estive dell'hotel quattro stelle, due pianeti e un po' di comete, con la camera invasa da una puzza mostruosa di fogna, pozzo nero, bottino - in toscano - ...  Merda, nell'italico idioma. E non era la mia, lo giuro!

Un odore così forte e sgradevole che mi ha svegliato prima e costretto ad dormire con le finestre aperte, poi. Meno male che stavo al quattordicesimo piano. E che ero così stanco da riuscire a dormire senza la totale oscurità che invece mi necessita di solito. PAzienza. La giustificazione della mattina dopo alla reception è stata un banale: "Davvero?".

Bene. Conto con questo di aver ricevuto il mio personale benvenuto a bordo e di non dover più ripassare da tutto quella puzza.
O forse semplicemente me lo meritavo per essere stato rammanicato per così tanti anni.

domenica 3 giugno 2012

IO E IL MIO PAPISMO E LE ROSE



fanodiocesi.it

Sono già stato bloccato dalla presenza del Santo Padre in città. Così tanto bloccato che molti miei concittadini, invece di accogliere l'illustre ospite si precipitarono in un week end fuori porta, che alla fine si rivelò praticamente inutile: i disagi furono avvertiti solo da coloro che abitavano a stretto contatto con le strutture di accoglienza vaticane.

Ora, a Milano, arrivo in contemporanea con Sua santità, ed i miei primi giorni di permanenza corrispondono ai Suoi. I miei con molto meno pubblico.

Pare impossibile che meno ti sopporti e più ti ci trovi invischiato. Karma? Sfiga? Forse solo fatalità. Ammesso che la fatalità esista.

E mentre sono in attesa di un tecnico che mi possa aggiustare la caldaia, l'abbiamo trovata rotta e ci laviamo a pezzi con l'acqua fredda, un po' come i barboni lontano da Caritas, penso che "sfiga" si adatti meglio di "karma": non ho un karma puzzolente, e se ce l'ho lo rifiuto. Ora però, se si rifiuta il concetto di "Karma", bisogna scoprire come abbia fatto Sua Santità a far scoppiare preventivamente il polmone della caldaia a gas. Agenti segreti, forze angeliche in missione?
O a spostare il divano dal punto A al punto B, in maniera che io mi ci sfrantumassi un unghia del piede passandoci accanto.

Ora, stabilito che la vicinanza col Pontefice mi porti una leggera jella, mi viene da domandare se questo non sia dovuto alla mia totale incapacità di credere in Lui o nella sua Dottrina e se, in caso credessi, le cose andrebbero in direzione diversa, magari opposta. Sì, no, chissà.

Ho lasciato l'allegro villaggio toscano pensando che dovevo imprimere nella memoria un particolare, fosse un'immagine, un odore, un suono, che mi potesse riportare indietro al momento giusto. Ho scelto il profumo delle rose che enormi, quasi alberi, affiancano il vialetto che porta al mio garage. Sono di un rosso pallido, dai boccioli non definiti, aperte a spandere profumi con gli oltraggiosi pistilli al vento; forse poco eleganti perché tutte confuse, attorcigliate, aperte, tese a raggiungere lo scopo di abbellire e profumare la piccola strada senza dar peso alla forma. Un tripudio, un protendersi quasi a formare un minuscolo, autonomo gazebo nel giardinetto in cui sono state piantate anni addietro. E curate con amore e successo, a quanto pare.

Scelgo quest' immagine, come se partissi per la spedizione in pianeti lontani. Come se non mi piacesse vivere qui, cosa priva di qualsiasi fondamento. Ma la scelgo per avere dietro di me una mollica di pane che, come Pollicino, possa guidarmi passo passo sulla strada del ritorno.