giovedì 9 novembre 2023

QUESTIONE DI ESERCIZIO DI STILE


dal sito di Fondazione Umberto Veronesi


Avevo scritto un post su una carota poi, vigliacco, l'ho tolto. Avevo paura che quella carota mi arrivasse nel ----, perché non si sa mai, come gira il mondo adesso. Se mettono in pratica le parole della locuzione latina che parlava dell'1 a 1000, poi attribuita anche a Mao, la carota potrebbe arrivarmi... lì.

Allora farò un post sul soffritto o sul brodo dove la carota ci va ma è decisamente meno pericolosa. Nel brodo va intera, ma alla fine risulta molle; (notare che ho usato il punto e virgola!) nel soffritto va sminuzzata quindi se ne può parlare senza pericolo. A meno che non si sia sviluppata una intolleranza, o peggio un'allergia all'erbacea in oggetto. Le erbacee son tremende. Tremendissime. E se ti va di traverso, attento che ci muori, come minimo.

A me la carota piace in cucina, come contorno, a rondelle, cotta in padella nel burro e un po' d'olio, poi spolverata con l'aneto, ma a me l'aneto piace anche nelle polpette quindi non faccio testo. Nella crema dolce, no. Non ho fornitori abituali né di aneto né di carote, la compero in vaschetta al supermercato perché nell'orto del mio amico le carote non sono state piantate, ma l'aneto sì.

Un altro mio amico ha un portachiavi a forma di carota, in peluche, che mi pare esagerato e poco pratico, ma lui dice che così le chiavi non le perde e allora come dargli torto? Dice che l'unica difficoltà è mettere le chiavi nella tasca dei jeans e lo comprendo, per questo va sempre in giro con lo zainetto. Quindi posso dire che il mio amico ha lo zaino pieno di carote, mentre Fallaci aveva un cappello pieno di ciliegie. E le bananiere le stive piene di banane. Continuate voi, che siete pochi e quindi finite subito.

Poi di verdura mi piace il cavolfiore che lo so che tutti lo schifano (poverino) per la puzza che fa cuocendolo. Alcuni dicono di aggiungere l'aceto, ma io sono un puro e voglio che casa mia puzzi di Unione Sovietica. Il cavolo è come l'aneto, lo metterei dappertutto. E poi è così bello da vedere, sembra una verruca. Le verruche non sono belle ma il cavolfiore sì. Quello il mio babbo lo coltivava e ci capitava spesso di averlo in tavola. Come le spinaci che tagliava dal suo orto: mai più sentite spinaci come quelle lì, che ti allappavano la lingua da quanto ferro avevano. Anche da bambino ero controcorrente e impazzivo per le spinaci, che come tutte le cose verdi i bambini "normali" (virgolettato) le schifano.

Ma torniamo alle carote nel brodo: io le passo col pelapatate perché qui a Milano non ho la spugnetta in cocco per pulirle, poi finiscono nell'acqua  fredda insieme a resto, porto a ebollizione e buonanotte suonatori.

Per il soffritto vanno sminuzzate: fatelo col coltello e con attenzione, che la macchinetta per quanto ce le giri e spendi un chilowatt non le sminuzza mai abbastanza. E se fate un soffritto serio non usate la cipolla bianca: è loffia.

Fine dei consigli alimentari.

Per i consigli di conservazione: le carote tenetele in frigo, non c'è bisogno di pisciarle come il cane.






martedì 7 marzo 2023

LA SORPRESA DELLA PIOGGIA



fotomiafattadame



È una curiosa sensazione. Una sorpresa che, come tutte le sorprese, risulta inattesa, che stupisce proprio perché sorprende.

Come vedere un quadro che si è amato sui libri e scoprire che è bello davvero.

È un fatto banale, che poi banale non è, ma che il caso?, la mano funesta dell'uomo?, la prevista desertificazione della Pianura Padana?, ha reso qui un evento raro e insoddisfacente.

È la pioggia il fatto, la pioggia che stamani, dal finestrino del treno, mi ha sorpreso a Firenze e mi ha fatto pensare: «Oddio, piove!».

La pioggia e il colore del cielo piovoso al mattino che non vedevo da mesi. Mesi.

E quanto stupore, quanta infinita tristezza nell'accorgersi che quello che un tempo era (per certi versi, quelli pratici) addirittura fastidioso, adesso è un evento raro. Augurabile. Ora che vivo a Milano la pioggia è così sporadica che non ci si porta dietro neppure un ombrello; nei giorni dal cielo così così si va, tanto anche se piove piove così poco che basta un cappuccio a ripararti. Nessun diluvio, nessun rientro a casa coi piedi bagnati, i pantaloni inzuppati, la messa in piega distrutta. Abbiamo disimparato le imprecazioni relative, impoverendo il nostro vocabolario.

Abbiamo imparato a definire bel tempo solo le giornate col sole, senza pensare che in questo preciso momento il vero bel tempo a Milano sarebbero una serie prolungata di giorni di pioggia, almeno una cinquantina dicono gli esperti, magari non consecutivi, per evitare che da uno stadio di siccità si passi a uno di alluvione, che da uno di serenità ad avere tendenze suicide.

E comunque non ero qui a parlare di quanto la pioggia mi piacerebbe programmata e a piacimento, senza bombe d'acqua, alluvioni e disastri: a chi non piacerebbe così?

Sono qui a raccontare della sorpresa che ho provato, come di fronte a un evento nuovo, un panorama bellissimo e inaspettato, vedendo piovere stamani a Firenze. Fa tristezza invece capire che questo non può che essere la prova provata che qualcosa non funziona, che qualcosa sta andando storto, che il meccanismo perfetto di rigenerazione si è inceppato. Lo diceva Al Gore che sarebbe accaduto e gli dettero un Nobel per la pace a rafforzare la sua idea. Nel 2007. Abbiamo avuto 16 anni di tempo, eppure... Perché il Nobel, la scienza, i pareri autorevoli, non contano mai abbastanza.

Ah, ma ora il Governo sta studiando un Piano Siccità! No scusate: lo stanno studiando ora dopo che se ne parla da anni? Ma del resto perché preoccuparsene? Magari se ci mettiamo a pregare un giorno il tempo cambia e anche in Lombardia inizia a piovere. Magari anche per quest'anno io speriamo che me la cavo. Magari ci pensa il Governo che verrà, lasciamogli 'sta gatta da pelare. Magari. Ma magari non basta.

Resto in attesa. Più che degli interventi intelligenti aspetto il caso, il passaggio inatteso di una o più perturbazioni. Perché ho capito ancora meglio, sapere lo sapevo già, che veder piovere è bello. È riposante. Rigenerante. E magari si rimedia anche l'acqua per far la doccia.

Nel frattempo...



domenica 12 febbraio 2023

SANREMO IN COMPAGNIA 2

 

fotomiafattadame

È fatta, finita, da riporre armi e attenzione fino all'anno prossimo. Posso rimettermi a guardare la TV senza quel particolare rigore che le ho riservato all'ultima settimana.

Che poi non è che ci sono state così tante cose da tenerci svegli, se si eliminano un paio di baci in bocca (uno spudoratamente con la lingua), un po' di vasi devastati da furia chimica, qualche ritorno che poteva stare dove stava, ma per il resto è stato un Festival prevedibile. Del resto quando quello che è il favorito vince la qualunque, di adrenalina ce n'è pochina. Bravo Mengoni, ma come hanno scritto sul Corriere, perfetto e prevedibile come la bella copia di un programma televisivo in HD: senza sbavature. Un professionista che ha fatto bene il suo dovere. Stop. Preferivate un cialtrone? E poi, come mi hanno domandato in privato: quale altra canzone poteva vincere? La sua era perfetta.

Però, forse, non abbastanza maledetto da farci vincere anche l'Eurosong Contest, dove gli piacciono maledetti, qualunque accezione va bene basta che siano maledetti. E quei completini di pelle ecologica mi sa che mica bastano. Servono calze smagliate, petti nudi e tatuati, urla scoordinate. Potremmo organizzare un flash mob discinto per rinforzare la caratura del nostro.

E poi che c'è stato? Paola e Chiara deliziose, anche quando hanno sbagliato a prendere più di una nota, impalate nei balletti, deliziate dalle tre date annunciate del loro nuovo tour estivo (coraggiose e volenterose), dal successone che il brano sta avendo in radio e dalle pancerine metalliche della prima apparizione. Ma si sa che con loro io perdo obiettività. C'è stata Ornella Vanoni priva di freni inibitori, ma glielo perdoniamo. Poi c'è stata Giorgia, l'altra data per certa per la vittoria che non si è piazzata neppure tra i primi tre... che con a disposizione uno strumento vocale da paura, si è presentata con una canzone non all'altezza. Certo nel duetto con Elisa ha fatto venire i brividi, ma neppure quello le hanno riconosciuto. Infatti l'ultima sera si è spesa pure il jolly del santino col volto di Amadeus. Che non è servito. E poi c'è stata Oxa, che piuttosto che fare il duetto con una persona vera, l'ha fatto con un violoncello, su una sua canzone.

Che poi anche questa nuova moda di cantare le proprie canzoni nella serata dei duetti, mica mi pare così sana. Fa così tanto autopromozione; fa: vi ricordate di chi sono? So' tanto bravo eppure ancora qua sto.

E comunque è finita. E fino all'anno prossimo non se ne riparla, com'è giusto che sia. È solo Sanremo. Fatto benissimo ma solo Sanremo.

Un'ultima curiosità: ma tutti quei tatuaggi che ci sono stati mostrati li fanno un tanto al chilo? Oppure servono per il riconoscimento nella salma nel mucchio? Perché a volte mi sono sembrati un po' invasivi, ecco.

Vabbè, sono vecchio. Infatti sono andato a letto che ancora mancavano otto cantanti alla fine e i risultati li ho cercati su Instagram stamani alle 4:00 quando mi sono svegliato. Da bravo vecchietto.


PS: eravamo in due anche ieri sera ma il Festival l'ho visto da solo. Che si sia trattato di un caso di autoprotezione? Glielo chiederò.




mercoledì 8 febbraio 2023

SANREMO IN COMPAGNIA




 fotomiafattadame
non c'entra niente perché è Palermo, ma la scala c'è


E comunque, più guardo Sanremo, e io Sanremo lo guardo perché nella sua enorme sovrastruttura di pochezza è la rappresentazione della liberazione da una vita da turnista (quando ero turnista, anche se di lusso, non riuscivo mai a vederlo); più lo guardo, dicevo, e più mi convinco che Sanremo si guarda in compagnia. Se sei da solo guardi un film.

Non è neppure detto che la/le persona/e che ti sta/stanno vicina/e sia/siano cosciente/i. Basta ci siano, che il loro corpo giaccia, vivo preferibilmente, al tuo fianco. Ieri per esempio io ero sveglio e lui dormiva della grossa, però c'era. Sarebbe stato meglio che fosse anche cosciente per potersi scambiare opinioni sui massimi sistemi che si riflettono senza via di scampo sulla manifestazione, mi sarei divertito di più:

i vestiti di Ferragni;

Blanco;

Outfit dei Cugini di Campagna, questi i massimi sistemi.

Ma l'importante era non essere solo.

Altrimenti Keanu Reeves mi aspettava su Rai2. Di sicuro.

Com'è finita? Bene: dopo il disastroso intervento dei Pooh ho deciso di averne abbastanza e sono andato a letto, per delicatezza nei loro riguardi. Senza però dimenticarmi di guardare, stamani appena sveglio, tutte le esibizioni che mi ero perso su RaiPlay. Evviva la tecnologia!

Vincitrice assoluta della prima serata ELODIE vestita da uccellessa nera, con uno sguardo e una voce che ammalia.

Stasera vincono Paola e Chiara. E non si discute. Giorgia arriva seconda, non se ne abbia a male, ma al primo Pride della mia vita c'erano loro due. E io non dimentico.



venerdì 7 ottobre 2022

FACCIAMO RIPARTIRE L'ATTESA


fotomiafattadame Ospedale Paolo Pini, MI




Ci eravamo tutti portati sul lato assolato della giornata, eravamo andati a capo, attraversato la strada, sull’altro marciapiede, in attesa che il cielo si rovesciasse sulla città. Almeno quella parte del cielo, divisa netta da quella chiara ed estiva. Come insetti frenetici avevamo fatto tutto quello che doveva essere fatto prima che piovesse, veloci veloci: eravamo stati al mercato, al supermercato, eravamo corsi in panetteria, in lavanderia, avevamo portato il cane a far pipì e i bambini a scuola, per evitare di fare lo slalom tra le pozzanghere e i discorsi degli altri genitori, si fa in fretta, si deve rientrare, a casa, a scuola, in negozio. Tutti in strada ora, tutti di corsa, vai, in tanti, che poi magari non si riesce più a fare. La periferia suturata per atto amministrativo alla città, brulicava. Stamani di corsa, a imitare quelli giù al centro, a sistemare le cose, le merci, le persone.


E poi ci eravamo messi in attesa, a guardare dalle finestre per controllare se quel cielo grigio si decideva o no a mollare un po’ di pioggia, ché le piante non ne potevano già più, l’erba non ce la faceva a nascere, ché la terra era ormai in polvere, e anche se fosse andata via nel tombino era bene che cadesse lo stesso. A interrompere i giorni di sole, mai così tanti, che ti sembrava di aver comperato la casa in quel sud che ci sei stato solo in vacanza, bello eh, ma non ci vivresti mai.

Avevamo trattenuto il respiro a lungo e nessuno ne era morto: apnea finta, a orologeria. Come dei lemuri in piedi dietro ai vetri, aspettavamo di vedere la prima goccia per dare l'allarme e in un urlo di gioia. Sperando che fosse la volta buona: noi i panni li avevamo ritirati, i vasi messi al loro posto, aspettavano acqua vera, quella che annaffia: i riti tutti compiuti. Avevo rimesso a posto il secchio con cui annaffiavo gli alberi del viale, dandogli quell’acqua di transizione tra un acquazzone e l'altro, lontano dei mesi. Ogni mattina un secchio a questa, un secchio a quella, presa dalla fontanella che tanto spisciola uguale, regala acqua alla fogna, meglio qui su ‘ste radici. E la sciura che si era unita e mi dava il cambio, sono pensionata, son libera, è vero, ci dovrebbe pensare il Comune, ma se non ci pensa facciamo noi. Facendo una selezione, scegliendo noi al posto del cielo chi e quanto annaffiare, che tutte quante non era possibile, il viale è troppo lungo, la schiena, la fatica. Non ci arrivo.


Poi la pioggia non è arrivata. Il cielo grigio è scorso sopra la città, ci ha illuso, come un amante che non era per noi se n'è andato altrove da quelli più fortunati, da quelli che sanno godersi la vita. Altrove, dove piove, accidenti a tutta questa pioggia che non sembra nemmeno estate.

Nel refolo di vento che mi aspetto caldo, ha nel mezzo una lama sottile, quasi impercettibile, infilata nello spessore, mi annuncia che altrove il rito è compiuto. Amen. La preparazione è andata a buon fine. Amen. I tempi e le aspettative sono stati rispettati. In un qualche posto, non lontano, ha piovuto. Qui invece facciamo ripartire l’attesa, ché arrivi la volta buona. Riprendo il secchio e mi preparo all'alba di domani. Per l’erba, per l’aria, per gli alberi che non ne possono più. E per chiudere quest’estete che non ne può più neanche lei.




giovedì 28 ottobre 2021

Poteva andare peggio: poteva piovere,


e a Roma se piove forte è un disastro per il traffico. Invece alla fine tutto si è concluso con uno scroscio di applausi. O meglio: scroscio di applausi e urla di giubilo alquanto scomposte. Più adatte ad un matrimonio al castello del Boss che alla severa aula del Senato.

Cosa si celebrava lo sapete bene. Come già dalle prime righe capite da che parte sto. E non vedo da che altra parte si potesse stare.

Invece è andata così. Anche a dispetto di quello che sembrava il sentire popolare prima della votazione. In un sondaggio del quotidiano Repubblica del mese di luglio il 62% degli intervistati si dichiarava favorevole al testo ZAN, solo il 24% nettamente contrario.

Ora, cosa sia accaduto da luglio a ottobre è un mistero, perché tra fluttuazioni e ripensamenti gli schieramenti non potevano finire per essere tanto diversi da questi dati. 62 più 24 fa 86. Il che vuol dire che se pure il 14%, gli indecisi, si fosse riversato nelle file dei contrari, considerato pure qualche ripensamento, non si poteva scendere al di sotto del 55%.

Non lontano da questa percentuale, il 54% erano ancora favorevole in un sondaggio BiDiMedia, il 14/10. E quindi? Perché è andata così? Vorrà dire che in 13 giorni ci hanno ripensato, direte voi.

Quello che invece mi pare evidente è che ci sia uno scollamento tra chi vota le leggi e la base. Una incapacità di ascoltare il basso e portarlo nelle aule della Politica, tanto sono convinti di saperne più di noi, perché noi povera massa, non vediamo il disegno globale. E lo trovo arrogante.

Comunque è andata. Tra le grida di giubilo, è andata. E visto che l'odio è stato sdoganato, qualche Neanderthal crederà di aver maggior diritto di menare visto che la legge specifica è stata cestinata, bene anche io mi avvalgo della facoltà di portare un minimo di rancore. E anche qualche linea di disprezzo. Mi fate proprio cacà, si dice dalle mie parti. La traduzione non credo che serva. Nel frattempo ringhio come il cagnotto della foto, che mi scuserà se lo paragono a me.



Vi lascio con l'applauso che Drusilla Foer ha regalato ai social oggi, che è la reazione più elegante che ho potuto vedere.






mercoledì 27 ottobre 2021

OOPS I DID IT AGAIN


Sì, è accaduto di nuovo.
Non ci potevo credere ma gli incastri astrali che hanno portato alla creazione di questo blog anni fa, credo 12, si sono ripresentati e quindi posso dire a ragione, che la ciclicità del mio sculo personale va di dozzina in dozzina. Nel senso che non dura una dozzina d'anni, ma si ripresenta secco e impassibile a sconquassare tutto una volta ogni tot di anni.
Stavolta il botto fatto dalla compagnia per la quale lavoravo pare definitivo, tanto definitivo che le hanno pure cambiato nome. Possibilità di risorgere come una Fenice – la metto maiuscola perché a partire da Henry Potter anche per i bambini, e molti adulti con loro, chi rinasce dalle proprie ceneri ha una sua identità ben precisa –, pari a zero. Qualcuno userà il suo nome, ma pare solo fino a che non si sarà potuto mettere le mani su qualche centinaio di barattoli di vernice. Poi ciao. Arrivederci e grazie. In fondo anche scomparire è una forma d'arte, facciamole allora i complimenti più sinceri.

Quindi niente: dimostrato che certi umani sono più simili a virus che a persone – Matrix docet –, allo scadere dei 12 anni si ritorna in pista e su questi schermi. Sempre ammesso che ritrovi una parvenza di voce.

Un applauso per la mia nuova eroina:







Avrei una lista cara Jessica, ma te la comunico in privato. E ancora auguri per i tuoi splendidi 96.