martedì 17 novembre 2015

GAND (GENT)



fotomiafattadame


Buongiorno, qui Bruxelles. 
Doveva essere una giornata grigia, ventosa, piovosa invece esco in strada e quasi fa troppo caldo col piumino. E non ho le caldane. Allora, per prendere un po' di sano freddo fiammingo, un po' di quel vento gelido che non sai se sia solo freddo o anche un po' umido, qualche goccia di pioggia sparata qua e là, prendo il treno e vado a Gand. 

Ho già provato ad arrivare qui. Presi un volo all'inizio dell'anno ma il mio aereo fu dirottato ad Amsterdam per nebbia e quindi finì per girare in Olanda con in mano la guida del Belgio e Lussemburgo...
Vidi per la prima volta il bellissimo ed appena restaurato Rijks Museum e la sera, stanco ma felice, sempre con la guida del Belgio in mano, riguadagnai Milano certo che la giornata non fosse andata sprecata. 
Ma a Gand dovevo arrivare. 

Della città che si rivela deliziosamente costruita, deliziosamente sciatta e deliziosamente vivace non m'interessa granché: il mio obiettivo è un altro. DEVO VEDERE QUELLA TAVOLA. 

Così appena sceso dal treno - manco a dirlo delle due stazioni cittadine ho scelto la più lontana dal centro città... - mi metto in marcia e dopo un paio di chilometri, percorrendo i quali ignoro volutamente ogni scorcio che possa rallentarmi, giungo alla Cattedrale di San Bavone; nessun commento sul nome, please.

Soli quattro euro mi separano da uno dei più bei dipinti mai visti, da una delle più belle, particolareggiate, colorate, complesse rappresentazioni del divino che abbia mai visto. È il 1432,  la città è potente e fiorente ed il borgomastro ordina un'opera di devozione a nome suo e della sua sposa; finiranno ritratti sul retro dei pannelli laterali che, mobili, chiudono il polittico e da chiusi ne diventano il davanti ed i protagonisti. Che tutti ricordino!
Chi chiamano a dipingere l'opera? Un paio di Van Eyck: Jan ed Hubert. Così, i primi che passano. 

Se non conoscete il "Polittico dell'Agnello Divino" date un occhio in internet o al film "The Monuments Men". Ne vale la pena. Vale il viaggio. È enorme, emozionante, ti trascina in un mondo così speciale e leggiadro dove anche i martiri, castamente divisi in gruppi di martiri maschi e martiri femmine, sembrano felici e rigogliosi, dimentichi delle pene inflitte e sbandierano le loro palme che pare una parata. 
Anche gli eremiti son gagliardi, e gli ebrei, i dottori della Chiesa, i soldati della Fede. 
In due parole: è bellissimo. A meno che non piaccia solo l'astrattismo non c'è verso di essere smentiti. 
L'opera ha così tanto da mostrare che resto dentro la cappella per più di venti minuti: ogni volto un ritratto, ogni gesto un modo umano.  Un censimento sterminato di persone vi aspetta dietro i vetri della teca. 
Poi, soddisfatto, esco a vedere la chiesa che trovo davvero bella. 

All'interno della Cattedrale è proibito a tutti fotografare tranne agli italiani, che consci di essere esonerati non si preoccupano neppure di togliere il rumore dello scatto dalle loro complesse apparecchiature. Non so con quali altre culture condividiamo l'idea che le regole le debbano rispettare solo gli altri, ma è certo che per molti di noi è così. 

Fuori la città si districa su canali importanti. Le facciate delle case sono rigogliose di dettagli. Il suo passato di polo tessile di importanza continentale si evince dalla ricchezza delle costruzioni. Passeggio quindi ammirato e piacevolmente sorpreso di scoprire che "il contenitore" è quasi bello quanto "il contenuto". 
La città, per fare un facile esempio, è una specie di Bruges più grande e più viva. Una città vera, non così "perfettina" ed a volte un po' parco giochi come la collega dei merletti e della "Madonna Con Bambino" di Michelangelo, vedi solito film. La si vive con meno circospezione e si può immaginare addirittura di vivere e lavorare qui. È piena di gente, di giovani, di bici e di tram che, alla faccia dei fiorentini che han fatto una guerra spietata alla loro tranvia, passano a fianco di tutti i monumenti della città. 

Rientro a Bruxelles dopo aver fatto un ultimo giro nel Begijnhof, deliziosamente restaurato in bianco, nero e rosso. Credo di aver visto parecchio, anche se la guida che ha impropriamente viaggiato in Olanda, ha delle piantine cittadine da denuncia: anche un calligrafo cieco riuscirebbe a rendere meglio la planimetria. Non faccio una foto per carità cristiana, ma per capire che quei segni erano delle piazze ci son dovuto cadere dentro. 

Bon voyage. 




Inviato da iPhone di Giampiero Pancini

lunedì 16 novembre 2015

UN POPOLO FIERO



Il mondo è una lente personale, un'ottica fotografica attraverso la quale visualizziamo le nostre emozioni e, se siamo abbastanza svegli, attraverso esse riusciamo a percepire almeno i nostri personali contorni. Fatti, avvenimenti eclatanti, tragedie sono gli spunti per mettere a fuoco chi siamo. O forse soltanto cosa proviamo. 


Degli attentati di Parigi tutti abbiamo colto la ferocia, la determinazione ad uccidere. Ma ognuno visualizza questa malvagità attraverso un fotogramma pubblico che diventa privato e resta incastonato a ricordare l'evento, forse, per sempre. Il massacro. 


Per quanto mi riguarda questo momento sarà rivissuto per sempre attraverso l'immagine sgranata della ragazza e del ragazzo appesi al di fuori delle finestre del teatro Bataclan, lei con i piedi infilati nelle grate della finestra sottostante, lui appeso e basta, come un animale pronto al macello. Una fuga disperata verso il fuori, lì dove anche una parete esterna è FUORI.

Il simbolo della disperazione di quei momenti per me è e resterà questo. Non importa per quanto ancora le immagini ci bombarderanno e forniranno altri spunti. 


Si contano i morti e si piangono. Si celebrano i loro nomi mentre le ferite dei corpi risarciscono. Si parla o si sceglie di stare zitti per non prendere nessuna posizione tranne quella del cordoglio. Per non alimentare l'una o l'altra delle fazioni del: "te l'avevo detto". Perché parlare è rischioso, parlare può suggerire al cervello muove immagini che allenterebbero il ricordo. 


Se un paradiso esiste è lì che si trovano i morti, e potrebbe avere l'aspetto di questa giornata di sole sul mare di Alghero. 

Questo è il mio augurio per i morti di quel Popolo fiero che si fa unione, Nazione, si fa coraggio ad uscire da uno stadio attaccato cantando l'Inno Nazionale. 

Chapeau. 





Inviato da iPhone di Melinda

giovedì 5 novembre 2015

A-NOSTALGICO



fotomiafattadame


Torino non è propriamente assolata quando vi arrivo dopo un viagio 
durato appena quarantacinque minuti, su un treno super veloce che accorcia ferocemente le distanze ed ha avuto tempi migliori negli arredi. 
È la prima giornata di freddo e cielo grigio dopo le ultime di sole ed aria così cristallina da godersi anche le montagne, le bellissime Alpi, come sipario. 

Passeggio, anzi passeggiamo, alla ricerca di un ristorante ed ora come allora trovo Torino bellissima. Interi palazzi stuccati fanno sì che ci si ricordi che è stata una capitale, forse la più elegante del Regno. Il contrasto col ruvido spessore delle facciate in mattoni resi scuri dall'umido del giorno, non ne sminuisce l'imponenza, anzi li trasforma in fortezze. Le piazze dalle forme sghembe, come gli alberi che le animano, fanno contrasto con quelle meno intime dalle ferree angolature geometriche. Ma la forza di queste prospettive rimanda al comandamento che richiede a chi vuole godere di una grande città, la necessità di alzare gli occhi per scoprirne le strutture, nascoste, invisibili a chi guarda solo a terra. Un contrasto di luoghi, lussi e desolazioni rendono questa impeccabile: perfetta così com'è. 

Troviamo una trattoria dai tratti rivisitati da una modernità senza la spina dorsale della tradizione e, naturalmente, ne usciamo scontenti. Tanto da rifugiarci in un dessert consolatorio in un posto poco lontano. 

Dopo il mio impegno in città proseguo la passeggiata da solo. Potrei infilarmi al Palazzo Reale per scampare al freddo ed all'umido che ricalano di sera. Non lo faccio e continuo a passeggiare in questa città che amo, è indubbio, ma che finalmente mi risulta a-nostalgica. La necessaria fatica di estraniarsi ad un posto in cui non si vive più e in cui non si vivrà di nuovo è finalmente fatta. Il distacco necessario a far sì che io la possa vivere senza affanno, è arrivato. La vita vissuta altrove e che mi fa amare altri posti e ancor di più i miei luoghi, impone di continuare a nutrire rispetto, ammirazione ed affetto per questo posto che è stato fondamentale per me. Ma finalmente metabolizzato il distacco, si placano gli attaccamenti. 

Non potendo pretendere di vivere in più luoghi contemporaneamente tutto questo era dovuto. Un grazie al mio Caronte, ai miei vari Caronte che mi hanno traghettato fino qui. 




Inviato da iPhone di Giampiero Pancini

lunedì 2 novembre 2015

DOPO LA CHIUSURA LA RICERCA



icturraneo.it


Giusto per dare una codina veloce al post precedente. Giusto per imprecare ancora una volta alla memoria della tua libreria preferita che chiude. E per cercare di far pace con quelle che restano aperte e non te ne spieghi il perché.

Perché è particolarmente stimolante - mai aggettivo fu più usato a sproposito - recarsi in libreria per cercare dei libri che si sanno ancora reperibili, non trovarli perché, ti dicono, stampati per la prima volta anni fa. Chiedere se si possono ordinare e sentirsi dire che no, non è possibile recuperarli perché troppo vecchi...

"E la bibbia, rispondo io? Non mi pare sia proprio l'ultimissimo di Camilleri, eppure ne avete un bel po' di edizioni in esposizione".

Evito la rissa ed esco, con in mano un sacchetto con un libro che probabilmente nella mente della libraia rappresenta, per la sua edizione dell'inizio del 2015, una rarità da collezionista: del resto ha dietro di sé ben sedici pubblicazioni nella stessa collana.
E mi domando perché mi ostino: i libri che cercavo li avevo già trovati in internet, sapevo che era possibile averli dal sito bello, confortevole, pratico e facilmente navigabile della casa editrice; perché quindi mi ostino a vestirmi ed uscire a cercare di acquistarli in luoghi reali con persone vere?
Perché son pirla. Sognatore ed idealista, con tendenze al pirla.

Tornato a casa ho aperto il computer, mi sono registrato, ho fatto l'ordine, ho pagato, so già che l'ordine è stato approvato. Forse me li spediranno tra poco. In realtà non lo so perché la casa editrice non funziona come Amazon dove ti comunicano anche se il primo dei volumi è in ritardo perché ha il raffreddore, ma ho speranza che nel giro di pochi giorni il corriere me li consegni.

Molto più facile fare questo che sapere se a bordo di un aereo ho dimenticato gli occhiali da lettura ed un altro volume di poco valore che non trovo più: il numero telefonico dell'azienda che gestisce gli aeroporti, è un muro invalicabile di informazioni "premi il tasto uno per l'italiano, due per il greco-cipriota", info che non calzano mai al caso proprio. Ed il numero di telefono squilla a vuoto. E la mail da spedire pretende una registrazione anche lei: la faccio ma poi anche da registrato non posso accedere nell'immediato al modulo previsto per sapere se son stato pirla a dimenticare gli occhiali o a pensare di ritrovarli...

Per fortuna arriva la sera che tutti gli uffici chiude e pacifica fino al giorno successivo.

Ah, dimenticavo: la spedizione dei quattro volumetti è compresa nel prezzo di listino. Non dico altro.