Il blocco del rientro. Anzi, posso affermare con un minimo d'autorità di essere ancora sotto shock da rientro.
Pensavo che una volta fatte risalire le tragiche, lunghissime scale a tutte le mercanzie riportate da Milano la cosa si sarebbe risolta. Del resto si trattava di sole cinque valigie, svariati sacchetti di carta Ikea e di una pentola a pressione: una volta trascinate le cose su per la ripa, il fisico avrebbe chiesto perdono e pietà e la mente si sarebbe acquietata ed in fine predisposta ad un fluire semplicistico delle mia vita.
Avevo persino notato come in mia assenza il gatto aveva ripreso una vitalità a me sconosciuta: ma stava per morire solo pochi mesi prima... Scatenò una giungla infinita di sensi di colpa alla mia partenza...
E le piante grasse, le mie adorate "grassone"? Avevano raggiunto dimensioni ragguardevoli, alcune penzolanti sui vasi ormai troppo poco profondi per il loro peso. Il cactus arrivato direttamente dal deserto U.S.A. era finalmente decollato in crescita, dopo due anni di immobilismo perfetto.
Il ficus affidatomi da Pips era nel pieno del rigoglio...
Insomma, tutta la casa aveva continuato a vivere di vita propria. Anzi, ne aveva guadagnato in prosperità.
L'unica cosa che non era cambiata era la montagna di "panni da stirare" che mi aveva atteso paziente, immutabile dentro l'armadio in cui l'avevo lasciata fine maggio. Ecco, lì un auspicabile miracolo di cambiamento non si era avverato.
Deluso e anche un po' irritato da tutta questa capacità dell'universo di sopravvivere alla mia assenza, dimentico della frase appiccicata sul frigo - Dio esiste e non sei tu, quindi rilassati - avevo creduto che il creato sarebbe imploso se solo avessi cercato di distrarmi dal mio compito di ferreo controllore, oppure avrebbe fatto il passo definitivo verso l'evoluzione attesa, mi ripromettevo di mettermi a sfogare le parole scritte non appena finito di sistemare un po' di quella vita che andava riavviata.
Invece non va così. Mentre il mio dirimpettaio
Certo che il blocco non viene dalla macchina stessa, ma dalla consapevolezze di quanto il mondo non sia cambiato in mia assenza o grazie alla mia assenza. Un po' quello che scrisse Titina a commento di un post pubblicato esattamente il giorno del "grande furto di Peschiera": "Mi si nota di più se vado o mi si nota di più se non vado?"... Di morettiana memoria.
Torno, quindi, e ritrovo tutte le solitudini e le incongruenze di sempre. Nessuna di queste che abbia avuto la decenza di risolversi autonomamente. E la stasi m'impietrisce.
Ecco perché mi sono buttato nello stirare freneticamente per sperperare le scorte. A mettere in fila libri, CD e DVD rientrati alla base. A pagare tutti i bollettini restati in sospeso, non per evitare di restare senza luce/gas/telefono, quanto per ristabilire l'ordine, riprendere il controllo; avvantaggiarmi di quella sensazione conosciuta che tanto tempo fa ho lasciato per l'ignoto programmato. Ero euforico alla prospettiva dell'ignoto. Ma se l'evoluzione del mondo abbandonato deve non essersi compiuta, allora una bella rassettata agli spazi e la "solita" minestra, son meglio dell'abbandono, della solitudine, e dell'inconcludenza che ho ritrovato non appena messo piede qui e che stavano per travolgermi come il treno dei fratelli Lumière.
"Stop in the name of love!
Before you break my heart baby"
2 commenti:
NONONO!!!! Niente funghi, solo delle pieghe dure come il marmo che ho dovuto usare lo scalpello per appianarle, ma si sa... E' la triste verità della casalinga disperata.
Quanto al cambiamento in qualcosa che viene abbandonato... Io me lo spettavo, davvero. Il tempo passa e scorre e cambia tutto e per tutto, perché allora esistono delle bolle di spazio tempo immobili? O che almeno cambiasse un po' il mio modo di convivere con l'immobilità.
Non so se mi sono capito, vero!?...
bisogno che tu me la spieghi meglio sta storia dei cambiamenti, un pomeriggio mentre raccogliamo le olive....
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