lunedì 26 novembre 2012

NUDI O VESTITI


IT.PAPERBLOG.COM

In segno di protesta un signore con un bel fisico sale sopra ad un monumento di Whitehall a Londra, completamente nudo. O forse completamente fuso. O tutt'e due.
Fatto sta che mentre sta accovacciato sul pennacchio del cappello del tipo a cavallo che involontariamente lo sorregge, così accovacciato da nascondere le vergogne alla vista del pubblico dei giornali, un piede si alza e la sequenza fotografica perde dell'intensità erotica/animale che poteva trasmettere fino allo scatto precedente: il piede mostrato è completamente nero. Sporco. Lercio. Inguardabile.

E se è pur vero che nella nostra vita tutti abbiamo almeno una vota desiderato qualcosa che non profumava di lavanda, quel piede nero-nero-nero trasforma lo show di un elitario dimostrante, nell'esibizione di un ubriaco da osteria.

Non ho indicazioni sull'identità presunta o reale del signore ritratto, se sia un vero barbone dai capelli unti o un bizzarro ingegnere nucleare che protesta per i tagli alla cultura, ma è certo che il particolare del piede fa raccapriccio. Tanto per tornare a dar forza al concetto che, alla fine, l'apparenza è sostanza, che la valutazione, la percezione che il mondo ha di te, seppur sbagliata, dipende da quello che di te mostri.
Lui un piede annerito.

Mi diverto ad osservare in questo giorno grigio. E facendo "due passi due" verso uno di quei mercatini dell'usato dove sedicenti furbi cercano di spostare le cose inutili dalle loro soffitte verso le soffitte di altri più sprovveduti, noto i volti e le espressioni di chi trafelato mi passa accanto. C'è la certezza di trovare qualcosa di prezioso che gli stolti che lo hanno preceduto non hanno saputo individuare. C'è la consapevolezza di saperla lunga, di avere un occhio critico superiore alla media e la fortuna più sfacciata persino di quella, proverbiale, del neofita.

Si aggirano, la testa bassa tra i banchi, in silenzio, tesi, scattanti, andando dritti alla zona che conoscono e che sanno contenere gli oggetti del loro probabile desiderio. Se viaggiano in coppia mariti e mogli si dividono e come segugi circondano la preda pronti a sferrare l'attacco finale, per riportare il cimelio più grosso nel proprio garage.

Molti escono a mani vuote. Quasi tutti, perché detto tra noi, neppure le decorazioni di Natale di seconda mano sembrano valere la pena della caccia.
Altri caricano velocemente il furgonato con qualcosa, qualsiasi cosa gli faccia gridare il cuore di trionfo. Ma gli unici che sembrano rilassati in questo gioco sono i gestori dell'attività.

Per quel che mi riguarda non trovo nulla che mi piaccia. Neppure una misera tazzina da caffè che sempre riesco a trovare interessante e che lascio lì solo perché so di averne già abbastanza.

Salgo in macchina mentre un'altra autovettura aspetta che mi tolga di mezzo per occupare il mio posto nel parcheggio. La giudatrice ha già indossato lo sguardo da segugia e non mi guarda in faccia, neppure mentre le transito accanto per andarmene. Come una giocatrice di poker ha paura che possa carpire il suo segreto desiderio, la sua sensazionale scoperta.

Invece me ne torno a casa. Carico di impressioni da jungla. Impressioni che mi riportano al signore sul monumento e con i piedi neri.
Lui almeno la faccia e il deretano li ha mostrati, si è levato gli abiti della civiltà volendo dimostrare un qualcosa che non so e che alla fine mi pare poco importante. Ma ha usato lo strumento primordiale del corpo e in una civiltà di bacchettoni impauriti dall'istinto animale, dal primordiale, dal naturale è finito sui giornali.
Invece, nascosti dai civili abiti e dalle confortevoli auto, noi nascondiamo i nostri istinti più selvaggi, le nostre bramosie più animali e non finiamo sui giornali.

mercoledì 14 novembre 2012

GRANELLA E NONO DENTE



tuttofare.tgcom24.it


È chiaro, evidente, prevedibile e scontato.  


Se parti per andare a fare l'igiene dentale è bene che eviti i cioccolatini alla nocciola.  

Lo so che il cioccolatino infonde coraggio e quello che lo ha preceduto è l'ultimo caffè che ti sei ripromesso di ingerire in vita tua per non macchiarti mai più i denti...


Inevitabilmente la malefica nocciola si incastrerà, meglio si cementerà tra il dente e la gengiva, che per non fare la solita figura dello zozzone con l'igienista, ti eri spazzolato con maschia efficacia prima di uscire di casa.  

Del resto anche la bocca ha una sua intimità e restare con le fauci spalancate davanti ad una quasi sconosciuta, può apparire imbarazzante: quel ponte reggerà come un tempo, la gengiva apparirà turgida o molliccia alla vista? Quindi che lo spettacolo introverso di me stesso sia almeno uno spettacolo di possibile freschezza! E senza residui alimentari.

Ma poi il nervoso ti prende, perché ti prende sempre quando vai dal dentista: è un fatto. E fai la sciocchezza di fermarti in un bar a bere il caffè, l'ultimo della tua vita, e vuoi accompagnarlo con un magnifico cioccolatino che occhieggia dai pressi della cassa.
E lì il dado è tratto. E sei fottuto.
 
Perché per non porre fine al peggio - che proverbialmente non ha mai una fine - oltre al pezzetto incastrato tra i denti, un minuscolo disco di granella si va ad installare sulla corona del molare, formando un tappo pervicace tra gli scogli di smalto addetti alla masticazione. 'Na cozza sullo scoglio, insomma...


A quel punto che fai? Oltre a maledirti per esserti inflitto l'ennesima umiliazione facilmente evitabile, che fai? Perché dal bar sei ormai uscito... Quindi a chi chiedi uno stecchìno, un cure-dent, an toothpick, un palito d'emergenza? 
Nessuno ti potrà mai salvare, tranne il signor Pips che viaggia sempre con un paio di stecchini nello zaino. Lo so perché me li propone sempre ad ogni fine pasto fuori casa. Ma lui OGGI non è con te, quindi...

Infili con aria indifferente il mignolo nella caverna e attacchi a ravanare con l'unghia sperando che solo metà del quartiere noti che stai ravanando col mignolo in bocca, con aria indifferente  nella speranza che nessuno ti noti?

È quello che faresti già da subito se un minimo di calcolo e di freddezza ritrovata, non ti facesse ricordare che tra non molto arriverai allo studio medico dove una buia e poco frequentata scala - Dio benedica gli ascensori - darà albergo alla smania di ritrovare una dignità dentale quasi perduta. 

Nell'affrettare il passo cominci ad esercitare una pressione della lingua a paletta, tesa a scalzare l'intruso dalla corona. A quel punto, le mascelle scostate e le labbra serrate mentre faccio compiere alla lingua una serie di movimenti ritmici, devo apparire a chi m'incontra come la brutta copia della maschera di "Screem", solo con la bocca chiusa.

Per l'intruso laterale - dente v/s gengiva - eserciti dei risucchi striduli tesi a spostare con la forza del vuoto quello che il dito non poté. Una cacofonia di suoni e spazzolate con risultati mediocri che ti consentiranno però, di assomigliare ad una notte nel caravanserraglio del circo Orfei. Quale? Uno dei tanti.

Ma la maledetta non se ne va.

E neppure nel raggiungere le scale ti senti in salvo, perché anche l'unghia del mignolo non riesce a fare bene il suo lavoro. Lo senti. Lo percepisci, lo sai che farai comunque una figura meschina.

Ed in sala d'aspetto ti metti a meditare per cercare di risolvere la questione in maniera dignitosa. Fingere la sorpresa mentre la signora alzerà la visiera per mostrarti il blocco enorme, stile meteora, ch'è riuscita ad estrarre durante il lavoro, chiedendoti se eri intenzionato a lasciarle "un presente"? Se ne dichiarerebbe obbligata mentre con schifo, lo getterebbe nel cestino. Non prima però di averlo fotografato e pubblicato sulla pagina Facebook delle Studio.
Oppure dichiarare all'igienista la propria debolezza e sperare nella di lei clemenza?

Mentre ti avvii allo studio opti per la seconda ipotesi: meno pericolosa. Ti sdrai e comincia il lavoro di rimozione. Niente di così imbarazzante viene estratto, per fortuna. Almeno per ora.
Perché il pezzo di granella non è nulla d'imbarazzante rispetto alla notizia che da oggi puoi considerarti un fenomeno da baraccone: ti scoprono in bocca una collezione di noni denti. Noni denti? Ma che dice signora!? 
Mentre i più sfarzosi si fermano all'ottavo, detto dente del giudizio, tu vai oltre... Vai a ravanale nelle caratteristiche ancestrali del genere umani. Sei un residuato della preistoria???? 
E non è finita qui: l'ultimo di questi denti dello stra-giudizio sta uscendo ora... A cinquant'anni!!! Venghino siori, venghino, non c'è trucco e non c'è inganno!!!!

Ed io che mi preoccupavo per la granella... Che fesso!
Notte!

domenica 4 novembre 2012

BLOCCO DI COSE




Il blocco del rientro. Anzi, posso affermare con un minimo d'autorità di essere ancora sotto shock da rientro.
Pensavo che una volta fatte risalire le tragiche, lunghissime scale a tutte le mercanzie riportate da Milano la cosa si sarebbe risolta. Del resto si trattava di sole cinque valigie, svariati sacchetti di carta Ikea e di una pentola a pressione: una volta trascinate le cose su per la ripa, il fisico avrebbe chiesto perdono e pietà e la mente si sarebbe acquietata ed in fine predisposta ad un fluire semplicistico delle mia vita.

Avevo persino notato come in mia assenza il gatto aveva ripreso una vitalità a me sconosciuta: ma stava per morire solo pochi mesi prima... Scatenò una giungla infinita di sensi di colpa alla mia partenza...

E le piante grasse, le mie adorate "grassone"? Avevano raggiunto dimensioni ragguardevoli, alcune penzolanti sui vasi ormai troppo poco profondi per il loro peso. Il cactus arrivato direttamente dal deserto U.S.A. era finalmente decollato in crescita, dopo due anni di immobilismo perfetto.

Il ficus affidatomi da Pips era nel pieno del rigoglio...

Insomma, tutta la casa aveva continuato a vivere di vita propria. Anzi, ne aveva guadagnato in prosperità.

L'unica cosa che non era cambiata era la montagna di "panni da stirare" che mi aveva atteso paziente, immutabile dentro l'armadio in cui l'avevo lasciata fine maggio. Ecco, lì un auspicabile miracolo di cambiamento non si era avverato. 

Deluso e anche un po' irritato da tutta questa capacità dell'universo di sopravvivere alla mia assenza, dimentico della frase appiccicata sul frigo - Dio esiste e non sei tu, quindi rilassati - avevo creduto che il creato sarebbe imploso se solo avessi cercato di distrarmi dal mio compito di ferreo controllore, oppure avrebbe fatto il passo definitivo verso l'evoluzione attesa, mi ripromettevo di mettermi a sfogare le parole scritte non appena finito di sistemare un po' di quella vita che andava riavviata.

Invece non va così. Mentre il mio dirimpettaio scrittore-conclamato scrittore esercita la sua arte con piccole pause trascorse a fumare in terrazza, io rimango immobile davanti allo schermo, peraltro bellissimo, della mia nuova macchina da scrivere.
Certo che il blocco non viene dalla macchina stessa, ma dalla consapevolezze di quanto il mondo non sia cambiato in mia assenza o grazie alla mia assenza. Un po' quello che scrisse Titina a commento di un post pubblicato esattamente il giorno del "grande furto di Peschiera": "Mi si nota di più se vado o mi si nota di più se non vado?"... Di morettiana memoria.
Torno, quindi, e ritrovo tutte le solitudini e le incongruenze di sempre. Nessuna di queste che abbia avuto la decenza di risolversi autonomamente. E la stasi m'impietrisce.

Ecco perché mi sono buttato nello stirare freneticamente per sperperare le scorte. A mettere in fila libri, CD e DVD rientrati alla base. A pagare tutti i bollettini restati in sospeso, non per evitare di restare senza luce/gas/telefono, quanto per ristabilire l'ordine, riprendere il controllo; avvantaggiarmi di quella sensazione conosciuta che tanto tempo fa ho lasciato per l'ignoto programmato. Ero euforico alla prospettiva dell'ignoto. Ma se l'evoluzione del mondo abbandonato deve non essersi compiuta, allora una bella rassettata agli spazi e la "solita" minestra, son meglio dell'abbandono, della solitudine, e dell'inconcludenza che ho ritrovato non appena messo piede qui e che stavano per travolgermi come il treno dei fratelli Lumière.

"Stop in the name of love!
Before you break my heart baby"