martedì 30 novembre 2010

WHAT A SHAME



SHAME

di Robbie Williams


Well there’s three versions of this story mine, yours and then the truth

And we can put it down to circumstance, our childhood, then our youth

Out of some sentimental gain I wanted you to feel my pain, but it came back return to sender

I read your mind and tried to call, my tears could fill the Albert Hall, is this the sound of sweet surrender?


What a shame we never listened

I told you through the television

And all that went away was the price we paid

People spend a lifetime this way

Oh what a shame...


So I got busy throwing everybody underneath the bus

And with your poster 30 foot at the back of Toys-R-Us

I wrote a letter in my mind, but the words were so unkind, about a man I can’t remember

I don’t recall the reasons why, I must have meant them at the time, is this the sound of sweet surrender?


What a shame we never listened

I told you through the television

And all that went away was the price we paid

People spend a lifetime this way

And that’s how they stay

Oh what a shame.


Words come easy, when they’re true

Words come easy, when they’re true


So I got busy throwing everybody underneath the bus

And with your poster 30 foot high at the back of Toys-R-Us

Now we can put it down to circumstance, our childhood then our youth.


What a shame we never listened

I told you through the television

And all that went away was the price we paid

People spend a lifetime this way

And that’s how they stay

Oh what a shame.


People spend a lifetime this way

Oh what a shame

Such a shame, what a shame


ADIEU


Leggo di Mario Monicelli proprio ora che sto per andare a dormire.
Ha scelto un modo arcaico di andarsene, un modo romantico e drammatico insieme. Non voglio neppure disquisire se si tratti di disperazione o disprezzo o ineluttabilità: le scelte vanno rispettate. Chi non è d'accordo lo dica.
Di lui non ricordo le grandi cose..., a parte le decine di volte che ho visto e riso con "La ragazza con la pistola" e "Speriamo che sia femmina", lo sgomento provato alla fine di "Parenti serpenti". In quest'ultimo film una delle battute più fulminanti l'ha riservata ad Alessandro Haber che interrogato su quando si fosse accorto di essere gay, risponde "Da quando mi sono accorto che mi piace il ca@@o"!
Ricordo invece e soprattutto i suoi occhi, uno sguardo duro e intenso, mai disperso.
E ricordo le sue partecipazioni da innamorato del cinema: silenzioso in "Sotto il sole della Toscana", la sua sola voce ne "Il ciclone".

Non capisco perché di fronte al tripudio di notizie che circola in questi giorni, che poi alla fine sono "non-notizie", sapevamo tutto, sapevamo già, l'abbandono del regista mi intristisca così.
Forse perché chi entra in casa tua con il cinema e ti fa sorridere, ridere o riflettere diventa, più di tanti altri, uno di casa.

sabato 27 novembre 2010

RATTO-RATTO




Come spiegare l'impressione che ho da tempo di avere la testa tra le nuvole?

Con l'esempio.

Ieri sera, avendo bisogno dell'auto onde evitare il congelamento agli arti inferiori, per arrivare alla lezione di yoga ho cominciato a svuotare la scatola delle chiavi, per trovare il telecomando del cancello del garage. Non c'era. Strano, ma non troppo.
"L'avrò lasciato in macchina", mi son detto.
Arrivo al garage e non solo il cancello era sbarrato, ma dalla saracinesca aperta potevo ben vedere che la macchina non c'era.
Furto? Non mi è neppure passato per l'anticamera del cervello: la Patty, la macchina, soffre ormai di età avanzata senza essere una macchina d'epoca, ha la carrozzeria tutta bombata senza essere stata disegnata così, non offre allettanti strumenti di alta precisione tranne quelli che vennero forniti di serie. E il Tom Tom lo tengo in casa.
Allora DOVE poteva essere?

Rapido riepilogo dei giorni di uso della stessa:
l'avevo usata il giorno prima per andare dal meccanico e a fare la spesa.
Ora, siccome ero certo di essere ripartito dal meccanico e di essere tornato a casa - era lì che avevo dormito anche la notte prima - ho immaginato di averla lasciata fuori per scaricare la spesa. Ma dove?
Rapido giro dell'isolato, intorno ai parcheggi che a volte uso perché troppo pigro per agire su telecomandi e saracinesche, ma della Patty nessuna traccia.
Il vuoto della memoria più assoluto. La testa ovattata che non riusciva a visualizzare un'immagine di parcheggio altrove. Diciamo che era colpa del freddo, va!

Tra le varie ipotesi... E se l'avessi lasciata al parcheggio del supermercato?
Potevo benissimo essere arrivato in macchina e tornato a casa a piedi.
E se fosse stato così, come fare con lo scontrino d'ingresso all'interrato che a quel punto non avrei avuto più?

Prima di tutto urgeva un'ispezione al possibile luogo di abbandono veicolo. Mi avvio con passo rapido mentre, all'altro capo della città, ormai la mia lezione di yoga stava per cominciare.
Scendo la scala di servizio senza passare per il supermercato e nel deserto dello spazio vuoto occupato da colonne e file di carrelli solitari solo lei, Patty, l'unica auto parcheggiata, aspettava paziente dal giorno avanti di poter tornare a casa.
Gelo. Ma ormai che son lì devo portarla via. Magari senza sfondare la sbarra o dare imbarazzanti spiegazioni al banco di assistenza clienti. Che poteva essere ormai chiuso, vista l'ora.
Guardo intorno e non c'è anima viva, solo le telecamere di sorveglianza. In lontananza la sbarra d'uscita è aperta.
Mi calo il berretto sulla fronte, mi avvicino ratto ratto alla portiera, faccio scattare la serratura e mi infilo dentro, metto in moto e con una sgommata mi precipito all'uscita eccezionalmente non controllata per lanciarmi nella fuga.
Una volta fuori, libero, mi rilasso e guido fino alla mia destinazione finale, con la sensazione di aver commesso un atto illecito.

Nei nastri delle telecamere di sorveglianza, ho lasciato l'indelebile immagine di un omino imbottito nel piumino, le spalle un po' curve, il berretto calato, una coperta in mano, che con fare sospetto porta via dal parcheggio una macchina che non oppone nessuna resistenza all'apertura: un genio del furto d'auto! Spero non mi abbia riconosciuto nessuno. Difficile da sperare visto che tutti i giorno son lì a far la spesa...
A piedi.

mercoledì 24 novembre 2010

LA MARCIA DI RADETZKY





Giornatone di natura. Immerso. A volte nel silenzio, altre con la compagnia di poche ma valevoli parole.

Iniziamo dal silenzio. Quando ti arriva un meteorite addosso, oltre che a scansarti, puoi provare a limitare i danni con l'uso del casco. Non integrale altrimenti ti arrestano per tentata rapina al tabaccaio da cui stai acquistando un pacchetto di sigarette.
Il mio casco è stato il cercare di fare ordine ai pensieri che galoppavano al ritmo della marcia di Radetzky facendo quello che da sempre mi riesce meglio: camminare. Nel sentiero scelto, sempre quello, ho incontrato nell'ordine:
1- nessuno;
2- nessuno;
3- un camminatore come me accompagnato da due cani che non mi hanno filato di pezza;
4- un mountain biker che non poteva fare a meno di parlare al cellulare e pedalare;
5- un topolino di campagna morto;
5 bis- nessuno;
6- uno stormo di uccelli migratori che scendevano a sud nella bellissima formazione a V;
7- ed il canale, che procedeva verso il fiume con l'acqua impetuosa delle piogge ed un rumore sublime, regolare, sedante.
Il verde, il sole ed i colori autunnali hanno fatto il resto. E se non ho le idee più chiare, almeno ho stimolato la digestione.

Ed ecco le parole: raccolta di quel magico frutto che sono le olive, che più dell'uva soddisfa la mania dell'ordine di un povero control freack quale sono. Una passata e il ramo resta netto, il lavoro fatto e le mani quasi non si imbrattano. I frutti multicolori - neri, verdi scuro, gialli, verde brillante - cadono nella rete ed uno ad uno vengono raccolti: senza sprechi, senza sbavature. Le mani non restano impiastricciate dal succo degli acini dell'uva, appiccicose, macchiate; restano invece pervase da un odore di campagna che non può non richiamare ricordi d'infanzia, quando questo lavoro mi sembrava una tortura e di certo era un'imposizione. Quasi un odore di stufa nella casa dei nonni.
Poche le chiacchiere, il lavoro incombe, la stanchezza pure, ma va bene così: quel demi-silence, il verde che faceva risplendere la giornata intorno, il panorama mozzafiato dell'alto Casentino e l'anima si prende una pausa, sapendo che ricevo molto di più, ma molto di più di quanto do.

Chiusura finale: voglio andare anch'io al concerto di Capodanno a Vienna!

lunedì 22 novembre 2010

UNO QUALUNQUE


Ogni tanto curiosare qua e là fa bene.
Non solo tra i calendari e le docce.
Non che la curiosità sia il sale della vita, ma ho fatto un giro partendo da aNobii e sono arrivato ad un blogger http://unoqualunque-unoqualunque.blogspot.com/ che mi ha incantato con la semplicità della sua domanda: quanto e come accade che ad un certo punto ci si trovi completamente spettatori di se stessi narrati attraverso un libro altrui?

Non so se a me è capitato, perché la domanda presuppone tutt'altro che il mero, seppur meraviglioso rapimento estetico da parte di un'opera letteraria. La domanda va a scavare nei meandri della rappresentazione ideale di sé che tutti coviamo, di quella realtà interiore di noi che vorremmo fosse la realtà reale e che si scontra, ahimé, con la realtà che gli altri percepiscono di noi. Non credo di doverlo spiegare ma è un po' come quando finisci per giustificarti per tutte le piante grasse che riesci a far secche in piena stagione estiva, quando si sa bene che le piante grasse per farle fuori le devi mettere sotto un'incubatrice di napalm... E allora ti disperi e giustifichi e la vocina che urla da dentro e non raggiunge la bocca pare dire: "IO SONO MEGLIO DI COS!'!!!!!".

Ma forse sì, anche a me è capitato quando affrontavo, timoroso e quasi di nascosto, i romanzi minimali di David Leavitt e avrei voluto gridare al mondo che lì dentro c'era una parte di me enorme, inconfessabile: c'era una mia via d'amare.
Oppure quando molto più recentemente ritrovavo quella capacità d'amare assoluta che so appartenermi, nella storia sempre uguale dei romanzi della Austen.
Ancora: la capacità salvifica dell'ironia che non riuscivo ad esprimere e che invece leggevo nelle righe di Benni, poi di Camilleri e oltre di Moore ( Christopher ); l'amore per il volo che esprime un innato afflato verso la libertà dei libretti di Bach; la necessità di capire che spinge a viaggiare e chiedere dei contrapposti Fallaci vs Tersani.

Come un pout-pourri delle mie qualità, più che un capolavoro di rappresentazione del me stesso totale attraverso un solo volume. Un po' qua e un po' là, piccoli pezzi per la composizione del mosaico di una personalità.

Ora che questo indichi "cosa" non lo so. Potrebbe semplicemente voler dire che arrivato a quest'età non ho ancora trovato un qualcosa che mi rappresenti totalmente; o che la rappresentazione totale di me sia impossibile non avendo ancora compiutamente macinato il percorso verso il socratico "Conosci te stesso" che da millenni ci viene raccomandato; o forse che la mia è una personalità frammentata... Esplosa... O che forse non è ancora stato pubblicato QUEL volume.

O meglio ancora, che fin qui, 2010 agli sgoccioli, non ci ho capito un ca@@o.......................

lunedì 8 novembre 2010

MEMORIA BREVE


Se è vero che la casa nasconde ma non ruba, allora qualcuno sa dirmi dove sono le mie foto?
Ho cercato dappertutto, mi manca solo di salire in soffitta ed effettuare uno scavo archeologico in piena regola, ma se non sono lassù, e sono quasi certo che non ci siano, DOVE SONO LE MIE FOTO di quando avevo 25 anni? O meno?
Visti i pochi mesi passati da quell'evento dubito che la carta possa aver subito danni irreparabili o essere stata mangiata da non so quale insetto rompiscatole; del resto se dall'antico Egitto ci sono giunti i papiri con tutti i loro racconti a fumetti, non vedo perché un po' di classica carta Kodak non abbia potuto resistere a... Più o meno 276 mesi, settimana più, settimana meno? Forse qualcuno in più perché io all'epoca dello scatto guidavo ancora una Fiat 1100 giardinetta, bianca, cambio al volante, portellone posteriore ad apertura laterale e portapacchi. La prima automobile nuova sarebbe venuta MOLTO dopo. All'epoca avevo fatto solo due voli in tutta la mia vita, e tutti e due verso il Canada e lavoravo in tabaccheria.
Domani mi vaccino contro il tetano e salgo col caschetto da minatore. E se la trovo magari riesco pure a pubblicarla. Forse...

La spasmodica ricerca è iniziata oggi, quando con una mia cara amica, l'amica di più vecchia data che io abbia, abbiamo nominato un figuro di cui siamo certi avere una foto. E siccome io mi ricordo il tipo ma non la faccia ci siamo messi alla ricerca. Niente. Abbiamo trovato di tutto ma non quella che cercavamo...
Gli strano scherzi della memoria: posso ricordare l'evento, i partecipanti ma di alcune persone non la faccia. E dire che proprio quella sera il motorino del tipo in questione fu caricato sul portapacchi della mia macchina per un'impossibilità a guidare data dalle pesanti libagioni del soggetto. Fu riaccompagnato a casa, il motorino nel frattempo aveva colato tutta la miscela sul tetto della macchina e tanti saluti. Mah!
Per consolarmi la mia amica mi ha detto che se lo incontrassi lo riconoscerei di sicuro, visto che il volto pare sia stato graziato dallo scorrere del tempo. Possibile. Ma solo se ricordassi la faccia dell'epoca.