venerdì 30 ottobre 2009

TERRA vs Co2





Ieri mi sono avvicinata all'internet con la voglia di perdere l'intera giornata davanti allo schermo: fuori il tempo non invitava a fare altrimenti, la mia giornata era sgombra d'impegni fino alla sera, quindi il computer serviva a cazzeggiare e soprattutto, ad allontanarmi dall'asse da stiro che chiedeva vendetta.
Piazzata l'asse da stiro proprio davanti alla scrivania - così che i sensi di colpa della casalinga perfettina si sono
scatenati acquietati quel tanto che basta per non irrigidirmi tutta - mentre si scaldava il ferro- seeeee - ho fatto una rapida incursione sulle prime pagine dei giornali on line e vi ho trovato un test promosso dal WWF, che servirebbe per calcolare il nostro impatto di emissione di Co2, sull'ambiente circostante. Che figata!
Certa di risultare da primina della classe, la coccola della maestra,l' antipatica di turno, mi son messa lì, incurante della Luisa che dentro gridava che era tempo di fare le cose, non di perdersi alla ricerca di domande che hanno già risposte conosciute. Sorda come non mai al richiamo al dovere ho cominciato.

Il test parte con la ferale domanda: "Quanti siete in casa?". La risposta secca è uno, visto che non credo che il gatto conti e non posso inserire nessun decimale per quel mezzo che ci starebbe proprio bene: un uomo, purché latitante ce l'ho...
Poi si passa ai ragguagli sulle bollette - luce, gas - e consumi sul riscaldamento. Scopro che il pallets non è compreso e metto il tonnellaggio dei consumi sotto la voce "legna".
Poi le abitudini di guida. la potenza della macchina, i chilometri percorsi e quanti gli occupanti del veicolo: efficiente, che significa che non faccio rally e Igno mi prende in giro dicendo che ho una guida da pensionato, media, circa 4000 annui messi giù senza aver dati certi in mano, e infine, miseramente uno. Anche qui i decimali non sono previsti, ma almeno uno 0,4 me lo meritavo, perché se è vero che sono sola, a volte viaggio con amici a cui non piace la mia guida, raramente con l'omo, più spesso con mia sorella.
Viaggi aerei espressi in ore di volo: metto tutti quelli che mi servono per raggiungere l'uomo a 1000 km di distanza e aggiungo un'intercontinentale all'anno per visitare mia sorella. Scordo - di proposito - i voli interni del mio ultimo viaggio in Canada: quella era un'occasione speciale, mica vado in giro per il Canada tutti gli anni, no?!
Col treno me la cavo un po' peggio: metto una cifra tot, tanto per dire che il treno lo prendo, ma non tanto spesso.
Reparto cibi: "Sono vegetariano?"... MA DDE CHE!!!! Avanti ancora per scoprire che mangio carne di mucca due volte a settimana - mai calcolato prima - e che la carne di mucca prima di arrivare al bancone della macelleria produce Co2 in quantità impressionante; qualche volta sbrano animali da cortile e maiale che invece ne producono meno, stessa cosa per insaccati. Alla voce formaggi e latticini mi lancio sulle decine: se devo contare tutte le tazze di latte che mi prendo prima di andare a dormire, quelle da sole fanno almeno 7 a settimana. Poi c'è il cacio sui maccheroni - anche quello conta? - e ce lo metto, la crescenza bio che non manca mai in frigo e la feta per l'insalata. Orrore: la produzione di formaggi riscalda il pianeta più o meno come la carne di vitella... Il computer mi fa sentire una merda... Ma che devo fare? E' vero!
Alla fine le verdure e la frutta: "Compro solo verdura di stagione?": più o meno sì. "Solo prodotti locali?": ci sto attento e mi rifornisco dal produttore. "Sto attento agli imballaggi?": certo!
E così avanti fino alla fine del test.

Quando arrivo in fondo ho la certezza di essere molto bravo nei riguardi dell'ambiente, totalmente biologico/ecocompatibile, quindi quando vedo il risultato che supera i

16

mi viene da ruzzolare per terra dallo sconforto. La media nazionale supera di poco i

9

quindi io sono una DEBOSCIATA/INQUINATRICEDIMERDA/PAZZAEINCONSAPEVOLE!!!!!


Ma non finisce qui!!! La schermata mi spiega anche con un tono falsamente istruttivo, che se tutti inquinassero come me, ci vorrebbero 13, dico TREDICI Italie per poter smaltire la massa del mio Co2. La stessa stronza mi spiega che sarebbe meglio confrontare questi dati con i miei amici, così da renderli edotti che sono amici di una bastarda che io consumo parecchio e loro potrebbero insultarmi a morte indicarmi la strada per consumare più consapevolmente. MANCO MORTA!!!!! Questo è un segreto che morirà con me. Puoi giurarci, carina!

Meglio se stiravo e stavo lontana dallo schermo maledetto.
Mi piazzo dietro l'asse e sento dentro di me la voce della Luisa che sghignazza. Passo e ripasso un lenzuolo, che se non la smetto cuoce a puntino, pensando che ci dev'essere un errore di fondo.
Ma non sono io quella che ha isolato tutta la casa per evitare le fughe di calore col sughero naturale? Non sono io quella che ha cambiato tre finestre per metterci i vetri isolatissimissimissimi? Non sono io quella che ha riempito le intercapedini dei muri esterni con l'argilla espansa? Non sono io quella che ha preteso il pannello solare per avere l'acqua calda a impatto zero? Non sono io quella che usa una stufa a pallets perché il pallets è fatto con gli scarti del legno e non con le foreste equatoriali? Non sono io quella che ha scelto un parquet proveniente da foreste ecologicamente sostenibile? Non sono io quella che ha voluto che tutti i materiali per la ristrutturazione venissero dall'Italia
anche se con quello del bagno mi hanno fregato alla grande, per non inquinare troppo con i trasporti? Non sono io quella che ha messo la cassetta per recuperare l'acqua piovana e innaffiarci i fiori, senza sprecare quella potabile? Non sono io che come Igno, recupero l'acqua fredda della doccia per farci i lavaggi in lavatrice?
IO, quella che si è comprata la pallina di ceramica per usare meno detersivo! IO, quella che ricicla da quando ci sono i bidoni e tutti la prendevano per le mele! IO, che spengo il motore della macchina quando mi becco i rossi che so essere troppo lunghi! IO, che rompo le scatole al supermercato se trovo i limoni argentini e le frutta spagnole! IO, che se devo scegliere tra un prodotto e un altro valuto provenienza, imballaggio prima degli ingredienti e del prezzo!

Incazzata come una biscia ho finito di stirare. Fancù, crepassi qui se faccio un altro test!
Firmato: Melinda, la Vs amica che rilascia... Co2

martedì 27 ottobre 2009

IL RENO NON ESONDA

Secondo P. saper parlare e scrivere correntemente tre lingue diverse significa essere "di lingua facile". Secondo R. destreggiarsi solo con una significa essere "di lingua difficile".
Io sto nel mezzo e non mi lamento.

Comunque. Le due lacrime previste fin da prima della partenza ci sono state. Ma sono state calde di commozione e di gioia per un momento importante nella vita di due cari amici. Sono state silenziose e piene, senza singulti. Son colate sul colletto della camicia senza che nessuno, tranne P. se ne accorgesse, poi si sono dissolte nel freddo della mattina tedesca, quando mi hanno portato fuori dalla sala del Comune dove si era celebrato il MATRIMONIO, per fumare ed attendere gli sposi. Il vento freddo asciuga come il caldo di una giornata d'agosto.


La mattina era fredda e brillante all'inizio e ci eravamo svegliati con un buon anticipo per tutte le operazioni di accurata toilettatura canina che si addicevano a due che si erano portati dietro un'intera valigia di abiti. Fuori c'era il sole e dalle finestre della camera i tetti bassi di Colonia erano bagnati dall'umidità della notte. Dalle finestre delle case vicine non protette da nessuna tenda, nessun movimento percettibile. Le cucine sono ancora vuote. Il profumo del caffè nella sala colazione mi ha rimesso in piedi: pane-burro-marmellata e poi di corsa a lavarsi i denti.
Le strade che percorriamo in tre - io, P. e la cugina di uno degli sposi - erano ancora vuote il sabato mattina alle otto e trenta. Aperte le panetterie che accumulano tonnellate di bomboloni in banchini esterni e sfilze di pane con tutti i cereali possibili e immaginabili. Il profumo del pane da voglia di fermarsi e veder cadere i pezzetti di crosta da quelle forme colorate, mentre ci affondo i denti.
Le strade già pulite. Le panchine vuote e le vetrine serrate a chiusura mattutina. Guido il gruppetto tra le strade pedonali, unico possessore di piantina cittadina e di un vago senso dell'orientamento. Camminiamo veloci. Le chiacchiere son poche e vertono sul freddo che ci fa stare rinchiusi in noi stessi in pose rigidissime, mentre l'argomento matrimonio non viene sfiorato: scaramantici forse, di fronte all'immensità della promessa alla quale andavamo ad assistere.


Gli sposi arrivano subito dopo di noi, in netto anticipo rispetto all'orario comunicato per l'appuntamento, così entriamo nell'accaldata sala del Comune - Rathaus - senza aver avuto neppure il tempo di una sigaretta con calma. Ma da quel gelo bisogna scappare. Seguiamo i bouquets che entrambi gli sposi hanno in mano ed i oro abiti grigi ed eleganti, le loro facce eccitate, gli occhi brillanti e un po' stanchi. I parenti e gli amici subito dietro. C'è posto per i cappotti e mi libero del mio come di uno scafandro.
Strette di mano, incontri e re-incontri, chiacchiere, affidi di amici ad altri amici, lingue diverse che si incrociano - spagnolo, olandese, italiano, inglese, israeliano - su di tutto il tedesco, la lingua ospite. E foto, foto, flash.
E sorrisi ancora di più dei flash. Non ho pensieri particolari in quello stanzone con file di sedie allineate in forma di convegno che ci trattiene dalla sala vera e propria dove si celebrerà in matrimonio. Mi sembra lontana anni luce la frase. "Farà di te
una donna un uomo onesto con questo matrimonio". Sbriciolata nell'esplosione dei luoghi comuni, delle convenzioni che QUI non servono più. E ci lasciano liberi di respirare e a me e P., di camminare mano nella mano, forse per la prima volta nei primi otto anni della nostra storia. Nella mia testa di forma a tratti il pensiero di essere finito nel paese del Bengodi. Non è così. Ma almeno ci rassomiglia e fa di tutto per non perdere quest'immagine. Altre immagini non ci sono: non penso all'Italia, da lì non mi appartiene con tutto il suo repertorio di cazzate clericali.


Attraverso un bel chiostro veniamo introdotti nella medievale sala delle cerimonie. Siamo alla base di una torre. C'è un tavolo dove si accomoderanno l'Ufficiale del Comune da un lato, gli sposi, i testimoni, la traduttrice per coloro di lingua difficile, che sono arrivati da fuori.
C'è un pieno di volti sorridenti tra le persone che assistono. Essendomi accomodato a ridosso del muro per poter vedere i volti degli sposi non ho accesso alle espressioni di coloro che sono seduti davanti a me, ma quelli che stanno in piedi e di G. che farà da traduttrice per tutto il tempo, e ad un certo punto mi prenderà come punto fisso da osservare per sopperire alla mancanza di spavelderia e non soccombere alla timidezza, degli altri dicevo, vedo la serenità e la gioia.
Primo attacco di lacrime quando G. traduce una poesia che la Delegata del Sindaco legge agli sposi una breve poesia che parla di frazioni di tempo da dedicare all'altro. Di quelle schegge di attenzione lanciate là nel corso della giornata che alla fine della settimana fanno dire: "Sì, sono importante per questa persona". G. mi guarda negli occhi mentre traduce: è come se lo dicesse solo a me. E mentre lei si fa forza con me, io mi faccio forza per non far crollare lei dopo di me. Mi trattengo mentre cancello dalla memoria della macchina fotografica tutta una parte del discorso appena ascoltato, per aver abbastanza spazio per tutte le altre foto.
Stringo la mano di P. e si arriva all'internazionale: "Vuoi tu etc. etc.".

Stringo la mano di P. con forza e lui ricambia. E tra un semplice "Ja" e un "Ja, lo voglio", detto dallo sposo tedesco, come a farci sapere a noi lenti di lingua che le sue intenzioni sono serie e si prenderà cura di R., alla fine scoppia l'applauso liberatorio. Al quale non partecipo perché con una mano stringo la mano di P. come a sorreggermi, con l'altra la macchina fotografica che continua a filmare il momento. Solo dopo saprò che il film è venuto decentemente, perché non so voi, ma io attraverso lacrime ed occhiali non vedo bene.


Mi ricompongo, abbraccio gli sposi e vengo trascinato fuori a fumare e a non dare spettacolo di me stesso.
E' finita? No. Prima ci sono il lancio del riso, il lancio dei petali di rosa, il dono di un bimbo che consegna una deliziosa tavoletta di compensato colorato su cui ha attaccato due sposi LEGO che si tengono per mano. E tanto altro ancora.
C'è il suonatore di organetto che gira la ruota per riprodurre il suono della marcia nunziale.
Ci sono le altre coppie che escono dallo stesso comune ma da cerimonie altrui.
C'è il nostro prossimo rifugio: la casa le caffè del Museo di fronte ad offrirci rifugio e rinfresco.


Restano i ricordi nella testa e quelli in formato elettronico con le immagini.
E la certezza di aver vissuto il matrimonio più emozionante a cui abbia mai assistito.
A mezzogiorno, dopo una colazione, ci separiamo sotto un cielo che promette pioggia.
I soliti tre si avviano verso le stanze d'albergo prima di una incontro pomeridiano con gli sposi, una passeggiata, un aperitivo e a finire, una cena tipica.


Ha piovuto, ma né la pioggia, né le mie lacrime hanno gustato la giornata o fatto esondare il Reno. Risalito dalle sue chiatte, il fiume non ha assistito alla rovina di nessuna famiglia perché due uomini si sono sposati. Nessuno è rimasto ferito, nessuno è corso a presentare istanza di divorzio, l'ira divina non si è scatenata. LOL. Tutti hanno invece gioito. Ho un ricordo di gioia dentro di me. Quello che voglio conservare. Mentre il fiume continua indifferente a scorrere.

domenica 18 ottobre 2009

RIENTRO


La sora Lella che cerca disperatamente
di mettere sottovuoto il mio piumino.
Non le riuscirà.



Il giardino dietro casa, quello deforestato è ancora incolto, brutto, abbandonato ma un po' più verde. Bramo di sapere quando inizieranno i lavori della piscina, ma ancora nessuna ruspa in primo piano. Che poi non è detto che ci facciano davvero una piscina. E' solo che me lo immagino io, quindi una piscina ce la dovranno fare.
Mentre l'autunno cala su di me con i suoi pomeriggi accorciati, mi viene da sorseggiare un FERNET BRANCA, magari miscelato con Coca Cola, come lo bevevo un tempo in Argentina. Quando annuncio il tipo di bevanda vedo la gente che ha i conati di vomito, ma non è poi così male. Mannaggia, mi sono dimenticato della Coca Cola!
Le mezze stagioni mi deprimono un po', come i film d'amore. Ma mentre i secondi mi fanno versare un po' di lacrime, le prime mi si piazzano sull'umore come ippopotami paralitici. Ci vorrebbe un imbalsamatore di buon umore, per levarmi il peso della bestia da sopra. Così insieme alla cacciagione alle pareti si potrebbero attaccare risate scroscianti per i mesi di passaggio.
L'anno non è finito, gridano le temperature che si sono abbassate. Se questo è vero, come è vero, ora che mi affaccio alla finestra vedo i lampioni accesi e mi sento strano, come se fossi capitato all'interno del film di Shrek senza abito di scena. Mi sento fuori contesto.


Questo scrivevo qualche giorno fa prima di involarmi per la Sicilia poi per Roma.
Ora il gelo si è piazzato sopra casa mia e dopo un'assenza di 10 giorni, ho trovato la temperatura interna a 13,7°. I pinguini avevano il raffreddore, le renne strappavano le pellicce agli orsi polari. Babbo Natale se la prendeva con gli elfi. Per riscaldare la casa ci ho messo tutta la sera a forza di un lavoro di squadra tra pallets e termosifoni, altrimenti ancora congelavo. Mi sono arrampicato su in cima all'armadio ed ho prelevato il meraviglioso piumino di seta comperato a Zhouzhuang. Bardato il letto ho rivisto la mia vita in prospettiva: il freddo non mi avrebbe vinto.
Ma le prime cose che ho notato rimettendo piede a casa sono state:
1- il gatto mi ha riconosciuto dal rumore della valigia sul marciapiede e quando sono arrivato era già lì che si massaggiava la pelliccia al cancello. E poi dicono dei gatti... ;
2- (questo solo per chi ha seguito da quest'estate) la sospetta piscina è.... UNA PISCINA!!! Una colata di cemento sotto il livello del giardino, lievemente angolata, fa bella mostra di se nello sterrato incolto. Se tutto va bene una radice dell'albero centenario è rimasta sotto il cemento e risalendo naturalmente verso la luce spaccherà il piano artificiale. Formerò per la prossima estate un comitato di accoglienza per le famiglie delle zanzare profughe, che qui otterranno asilo. Potrei usare quello che avevo messo in piedi per salutare gli alberi abbattuti.

Non ce l'ho con le piscine in sé e per sé: è solo che preferisco la frescura degli alberi rispetto a quella delle vasche clorose: profumano di più e consumano di meno. E l'aver visto e previsto fin dal primo momento lo scempio di quel giardino non può rendermi assolutamente felice.
Adesso mi faccio una torta e mi butto sul dolce... Meglio di no: l'abito per la cerimonia di sabato prossimo è già stato allargato al limite delle sue possibilità: DIETA!!!!!

sabato 17 ottobre 2009

CHE LUSSO...


Serata a teatro a Roma.
Che chic mon cheri!
In un minuscolo teatro vicino al Teatro Marcello, dopo una fetta di pizza in quello che un tempo era il Ghetto, ci avviamo verso la serata prenotata mesi prima per esser certi di avere i posti.
In scena: "Oddio, mamma!", atto unico a due voci epistolari, mamma e figlio, con Franca Valeri e Urbano Barberini.
Ci riuniamo, io e Ros, alla mia amica Elena in un bar prima di entrare in teatro.
Dopo aver lottato col cameriere cingalese che voleva servirle amica un bitter bianco anche se era stato chiesto rosso, perché lui lo aveva già versato, prendiamo posto in sala.
Si spengono le luci e si accendono le mie risate. Il testo è fulminante, crudele. La veridicità della poca azione scenica è pacchiana e esasperata, ma vera fino al dolore. Dolori di frasi, giudizi che chiunque ha sentito da uno dei propri genitori. Loro le dicevano senza pensarci, noi ci facciamo i conti anche dopo trent'anni.
Finisce tra gli applausi e ci precipitiamo in camerino. Io e Ros ci siamo forniti di un supporto particolare per farci fare l'autografo dalla signora Valeri, mega icona di quello snobbismo crudele che mi fa tanto ridere: ci siamo quindi procurati dal giorno prima due copie del DVD "Piccola Posta", un film di Steno del 1955 che ci fa morire del ridere. Lei ne è la protagonista insieme a Sordi.
Ci mettiamo in coda davanti alla porta della signora Valeri e dopo una breve attesa siamo introdotti.
Complimenti di rito, strette di mano, richiesta di Ros di poter fare una foto con la protagonista femminile: "Come a Luordes...", dice per acconsentire.
Ros afferma di essere venuto giù dalla Germania per vedere lo spettacolo, ed è vero. Ma non provoca reazioni.
Richiesta di autografi sul supporto Versatile: "Che lusso...", spara inforcano la penna.

Colpiti e affondati dall'ironia che siamo andati a cercare.

giovedì 1 ottobre 2009

CON CALMA, PLEASE



Stamani mi sono presentato al mio non lavoro di raccoglitore con tutte le energie, la volontà e l'adrenalina che la forzata inattività infilano nel corpo di un essere umano. Più che Melinda sembravo LUISA, quella che comincia presto, finisce presto e di solito... Avevo tutto: zaino con borraccia d'acqua, altrimenti Igno m'infama, forbici da potatura quasi nuove e certamente affilate ed abiti campestri: pantaloni vecchi che appena si chiudono in vita e quindi si sono fatti un po' cortini sulle scarpe, maglietta bucata in varie parti. Sembravo Scarpantibus.
Mi aspettavo del lavoro duro, pesante, anche se veloce, ero l' action man de noartri. La versione milanese del contadino precisino.
Ma c'è sempre un MA che può sorprendere.

La vita va vissuta con lentezza e ne ho avuto una dimostrazione.
Arrivo alle 8,30, mi presento praticamente con le forbici in mano e mi fanno parcheggiare con garbo. Un nugolo di cinque cani mi abbaia tutta l'indignazione per l'intrusione. Magari li ho pure svegliati.
Poi ci si siede a prendere il caffè, visto che colazione l'avevo fatta e non necessitavo di carboidrati. I cani entrano in casa e mi odiano profondamente.
Poi, con calma, molta, magari aspettando che la giornata cominci ad asciugare i grappoli dalla brina, si fa un giro d'ispezione per il terreno, con spiegazione di coltura e beghe varie col vicinato. Visita al pony, pollaio, orto, serra. assaggio di un frutto legnoso, forse una giuggiola, che mi fa schifo.
Solo molto più tardi si inizia a cogliere. Senza pause.
Ma a mezzogiorno abbiamo finito.
Pausa sigaretta.
Chiacchierata sulla sedia, io che cerco di rendermi utile alla padrona di casa che sta di pignatta, portandole la legna per il forno. Rilassati Mel!
Altra chiacchierata, visita della casa e altro orto con pomodori e ficaie.
Altra chiacchierata con i cani che finalmente si fidano di me e si precipitano in tre su di me.
Pranzo dall'una alle due, primo, secondo, contorno, frutta, caffè finale e sigarettina con calma.
Verso le due e mezza si passa alla frangola per mettere il mosto nei tini d'acciaio.
Alle quattro è tutto finito, persino un accenno di pulizia ai macchinari e alla cantina è stato fatto: i padroni di casa provvederanno al resto... domani. I graspi sono nella carriola e non sono stati allontanati dalla cantina, le cassette sono tutte da passare con l'acqua. Qui il fantasma perfettino di mio padre avrebbe già avuto un ictus non potendo ripetere l'infarto che l'ha creato: ancora lo ricordo che sbraita mentre dirige le operazioni di pulizia dei materiali usati, dei macchinari usati, delle forbici usate che vanno contate come in sala operatoria, del carrello del trattore usato e intima a coloro che si occupano dei graspi, di portarli il più lontano possibile nel perimetro del campo, altrimenti il vino inacidisce, i moscerini raggiungono il mosto. Ci mancava solo che ci chiedesse di dare la cera alla carrozzeria del trattore alla fine della vendemmia. E se non lo faceva era solo perché non aveva la cera per trattori.

Ma torniamo ad oggi. Altra seduta in giardino, altra chiacchiera pacifica sui massimi sistemi: gli infissi.
Alle cinque, dopo aver ringraziato - IO, sì io ho ringraziato per questa giornata - risalgo in macchina e mi avvio a ritornare in città: ho uova fresche nel paniere, un bottiglione di vino tra l'atro buono, e dei pomodori cuore di bue che ho affettato stasera sulla schiacciata con crudo che mi sono imbandito per cena.
Un sogno.
Vivere con lentezza.