È da tempo che porto in tasca una pietra.
Anzi, preciso: per un po' la mia collezione di piccoli sassi era restata appoggiata sul mobile dell'ingresso, ma da pochi giorni ho ripreso la buona abitudine di metterne uno in tasca ad inizio giornata. I sassi li ho raccolti per strada, lungo un fiume, nelle spiagge siciliane con il medesimo intento, magari a sostituire d'urgenza la pietra preferita dimenticata a casa. Ad alcune ho disegnato occhietti e una bocca sorridente, perché diano il buonumore solo a guardarle, altre sono nude e crude, così come le ho trovate.
L'abitudine di passeggiare con questo piccolo, gradevole peso nella tasca era saltata fuori dopo la visione di un film che raccomandava la necessità di essere costantemente in uno stato d'animo di gratitudine, per accedere a tutti gli altri benefici che la vita è lì pronta a darci. Poi, sopraffatto dall'abbondanza di cose che mi stavano capitando, avevo messo da parte il bizzarro uso di viaggiare zavorrato.
Ma arriva sempre la necessità di riprendere in mano le proprie abitudini, almeno quelle che non ci fanno che bene. Di ribadire il concetto che in qualche modo ci ha cambiati, di fissare l'attenzione su quel nome che accompagna la Pietra e sviscerarne al contatto il significato. Suo proprio e all'interno della propria vita.
Perché al di là del valore del ricordo che ho attribuito al sasso c'è tutta una parte tattile che arricchisce l'argomento, di pensieri che si fanno sulla materia che aumentano la voglia di portare il "ricordatore" con sé.
Le dita che scorrono sulla superficie ruvida e porosa ne trasmettono, dai polpastrelli al cervello, le infinite variazioni di forma e di temperatura.
La materia poi è antica, più che preistorica. C'era prima di me, si sarà dopo. Viene da sommovimenti e pressioni e temperature e alchimie inimmaginabili. Solo questa considerazione da il valore di questa piccola scheggia che viaggia con noi.
Nei momenti di ansia ne ricavo la certezza di un mantra che le ho collegato da giorni, che inizia con un "ti amo", concetto già di per sé significativo, per approdare attraverso altri pensieri, alfine, ad un "grazie" sentito. Ed il mantra aiuta, soprattutto nella parte che riguarda l'amore.
In più. Nella distrazione della giornata fermarsi a riflettere sui concetti di "pietra angolare", colei cioè che sorregge le costruzioni nei suoi angoli, o "pietra miliare", per indicare un fatto che ha in sé un'importanza storica, di svolta, o ancora "mettere/rci una pietra sopra", come dire: "adesso si cambia strada, ci si rinnova, si lascia quello che c'è ora per raggiungere il futuro", può riportare la mente nella giusta direzione richiesta dalla necessità di tranquillità.
Certo può. Non deve. E non oso pensare che la scelta di viaggiare con una pietra in tasca possa essere condivisa da tutti.
Ognuno sceglie la propria varietà di campanello di guardia: può andar bene tutto e i più bravi usano il respiro per ritornare al centro. Altri la preghiera. Ancora molti altri bracciali, ninnoli, campanelli. Ma alla fine in molti hanno bisogno della simbolica presenza di qualcosa per riassestare il proprio umore ed il proprio animo.
Io uso un sasso. Una pietra. E andrò avanti così per parecchio.