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No, davvero... Lo so che son vecchio e parecchio rinco, ma è mai possibile che quando cerco di entrare nel presente blog per postare, sempre più raramente purtroppo... Ogni volta che cerco di entrare, dicevo, mi trovo di fronte ad una nuova pagina da AGGIRARE, DRIBLARE, EVITARE ed infine SALVARE, prima di arrivare a quella dove posso riversare i miei pensieri attraverso i tasti?
Una fatica inaudita. Per alcuni inutile.
Mi ricorda quando, tanto tempo fa, incastrato in un sistema operativo odioso, mi svegliavo all'improvviso la notte, con la soluzione ai problemi di uso del computer che non ero riuscito a risolvere durante il giorno.
E tutto questa fatica, quest'intralcio perché dalla direzione generale della piattaforma del blog vogliono il mio numero di cellulare, che manco morto che te lo do.
Tutte le volte la stessa storia: entro nell'account, metto la password, scalo le difficoltà, salvo, passo ad altra pagina, torno all'ultimo post pubblicato e da lì, finalmente, posso cominciare a lavorare su di una pagina bianca dove il trattino verticale che lampeggia significa che finalmente ce l'ho fatta ancora una volta....
Ma non è questo che mi angustia adesso. E soprattutto non è questo che mi fa soccombere sotto nuvole di polvere e roba da selezionare, imbustare e caricare in macchina. Bensì il trasloco verso la natia città, che dopo 5 mesi di lavoro ci sta anche.
Per me non ci sta perché io qui sto come un Papa, ma per chi ha deciso che così doveva andare ci sta eccome!
STOP alle polemiche, PLEASE.
E mi rendo conto che di roba ne ho accumulata un bel po'. Troppa per la Patty. Se si esclude il libro catalogo della mostra di Mc Currey a Genova che è l'unica aggiunta che ho fatto ultimamente, più un paio di braghe da corsa invernali, ma queste son leggere, la roba è quella con la quale son partito da casa a maggio, né più né meno. Solo un po' di carta da archivio in più che andrà smaltendosi mano a mano che passeranno i sei mesi dalla sua stesura, tempo richiesto di conservazione della documentazione del lavoro. Ma giusto per pararsi il culo... OPS! L'ho detto.
Son quindi qui che scartabello e scopro che di roba inutile da conservare ne ho in abbondanza. Ieri ad un primo attacco un paio di etti di cartacce son finite al riciclaggio.
Il dubbio mi assale: ma la quintalata di pezzi di vetro lavorati dal mare che ho raccolto in Sicilia la porto o la riciclo qui? La porto. E il nido di vespe che ho combattuto per mezza estate, vale la pena o lo metto anche lui nella carta? Vale la pena. E l'Hello Kitty luminoso da notte? Lo porto, lo do in beneficienza?
Lo porto.
Quindi inscatolo, metto insieme tutte le cose che abbiano un'utilità o una destinazione comune e poi trasporto tutto nell'ingresso di casa che da qui a domani pomeriggio sarà invaso da scatoloni e valige dei due pellegrini transumanti: un tempo si seguivano le greggi per le valli, ora le opportunità per le autostrade.
Da aggiungere a quanto precedentemente portato qui, anche un'uniforma nuova che per ironia della sorte, riusciamo, io e il socio, a ritirare soltanto oggi a sole trentasei ore dalla fine del contratto. Prendiamolo come un buon auspicio. Come l'augurio che prima o poi servirà di nuovo. Mi consola l'aver perso una taglia rispetto a due anni fa, questo sì.
I saluti son fatti: tutti si dispiacciono della partenza e ne siamo commossi. E pure un po' incazzati, perché negarlo? Il tesserino del parcheggio aeroportuale è stato riconsegnato così da non aver la tentazione di restare ancora in giro da 'ste parti.
Domani si carica e si va via. O dopo domani, dipende dalla voglia e dalla fretta. Decido più tardi. Ora non ho un foglio turni da rispettare.