martedì 28 luglio 2009

INCXXXATO

Sparito il caldo torrido della giornata mi preparo a quello di domani: MARE!!!!
Lo aspetto da mesi, ma l'occasione si crea solo ora. Toccata e fuga in spiaggia nudisti; per una seconda volta si vedrà. Niente è più sicuro in questo solleone.

Parto con la notizia che viene da Torino (AH!!! Mia amata!!!), di un gruppetto di ragazzini con tendenze criminali, che per svariate notti ha rubato alcolici nel chiosco che si era rifiutato di distribuirglieli durante l'orario di apertura, perché gli stronzetti erano troppo giovani per poterli acquistare. Allora loro che fanno? Non si arrendono e eseguono furti a ripetizione una notte via l'altra, tanto che le telecamere dei carabinieri riescono a riprenderli mentre, la testa coperta dai cappucci delle felpe, fanno la spesa... Nei due servizi che ho seguito in tv, si è dovuto dire che tutti quanti sono ragazzi di buona famiglia. E meno male! Pensa un po' se erano di famiglia disagiata, che facevano? Sparavano al proprietario perché, ahimé, è uno che rispetta le regole?

La definizione mi irrita. Senza fare del misero moralismo, vorrei capire cosa distingue una buona famiglia da una cattiva famiglia, se poi i figli si danno a reati. Perché di questo si tratta. Significa che il padre e la madre sono incensurati? Che devolvono l'otto per mille alla ricerca scientifica votata alla protezione delle piante carnivore del Borneo? Vivono in appartamenti o villette a schiera, invece che in tuguri? Vanno a messa tutte le domeniche e non impiccano la nonna all'albero di Natale? Hanno la possibilità di proseguire gli studi mentre gli altri devono andare a lavorare e farsi un culo così? Non so, datemi una definizione! Certo si tratta di errori di gioventù, ma invece di tirar sassi alle lucertole, questi svaligiavano i banchi frigo. E non per necessità, solo perché non possono accettare di uscire perdenti di fronte alle regole.
Bene, queste brave famiglie ci hanno regalato un mucchio di stronzi che pensano di poter ottenere tutto quello che desiderano, non importa come. Ora se lo prendessero indietro e li raddrizzassero un po' da soli, visto che da quello che emerge dal servizio questo gruppo di mentecatti, tornava spesso e volentieri a casa, a tarda notte, completamente fatti di alcolici.
Allora? Lo devo dire io? Ma questa brava famiglia dov'è? Loro, dov'erano? Tutti a far turni di notte a Mirafiori?

Non ho figli, quindi adesso qualcuno potrebbe dirmi che non è facile crescerne uno. E sono certo che è così. Non voglio dire che questo è un mondo di M. ma a volte gli somiglia. Ma posso dire che quello che appare, è la mancanza totale di valori, di rispetto per le regole e per gli altri. E queste si imparano con la famiglia e con la cultura. E i branchi contano fino ad un certo punto: non sono mai entrato in un branco in cui non mi trovassi bene.

Ma se alla fine tutto deve essere giustificato, scaricato sulle solite spalle di: "Società", "Televisione", "Disagio", bene fatelo voi, ma non pronunciate più le parole buona famiglia. Evitate, che la figura che ci fate è meschina, misera, degradante. Dite "normale famiglia che ha perso il controllo". Allora vien voglia di dargli una mano. Come? A colpi di sovrani calci in culo ai loro figli, che focalizzino il disagio sul fondoschiena ogni qualvolta si debbano sedere. Quello è vero disagio!

Bene, mi sono sfogato. Ora posso andare al mare. Se affogo capirete da soli da chi arrivano le maledizioni.
A presto.
M.

giovedì 23 luglio 2009

QUALITA'

Lo so, fa caldo, lo sento anche io e la notizia è che non posso farci nulla.
Da anni contrario all'aria condizionata, ho coibentato la mia casa per stare più fresco d'estate e più caldo d'inverno. E quando i materiali non reggono l'onda d'urto di questo clima del ca@@o, che si ostinano a farci sapere non essere cambiato, soffro in silenzio, ma la pompa non l'attacco.
Piuttosto mi mangio un gelato in più o esco la sera per disperdere il calore del corpo. Bevo acqua e solo quella, e aspetto che arrivi la sera, l'autunno, l'inverno, che ad una certa età è la stagione del cuore. Nel frattempo mi godo quello che offre l'estate cittadina. Ieri sera Musica, con la M, non la m.


Non servono grandi cose per fare uno spettacolo musicale. Basta avere la musica dalla propria e la capacità di riproporla.
Certo servono anche i testi: più fanno leva sul cuore, sul vissuto del pubblico o sulla sua realtà e più hanno presa.
Certo non guastano le luci ed un palco sufficientemente grande per accogliere gli strumentisti, ma va bene anche non essere costretti a proporre effetti visivi da altri mondi della galassia.
Certo serve una voce quando si canta, e se si ha uno strumento poderoso che porta fuori la voce da sonorità inaccessibili ai più, rendendo all'orecchio un fiume caldo, potente, fermo, intenso va meglio che allo Zecchino d'Oro.
E certo serve la voglia di fare musica e dare emozioni attraverso quella, la voglia di divertire ed emozionare con qualcosa di reale e tangibile. Qualcosa che il pubblico, qualunque esso sia percepisce ed apprezza.

Bene, ieri sera tutto questo era in scena all'Arezzo Play Festival, mentre sul palco sovrastava la figura pagana della regina Tracy Chapman.
Unica dominatrice del palco, accompagnata da tre strumentisti, con lo sfondo degli alberi che circondano il giardino del Prato, pochi e semplici, non banali gli effetti visivi delle luci, nessun cambio d'abito, niente lustrini e stivaloni, niente ballerini, solo il cambio continuo di molte chitarre, e la sensazione costante di un dominio completo del palco e della band.

Ho amato la sua musica in tempi non lontanissimi, ma certamente non recenti, da quando con l'uscita del suo primo album - lavoravo in una radio locale allora- sbagliai in maniera ridicola la presentazione del cd affermando che non riuscivo a capire perché l'autrice avesse apposto una sua foto da bambina sulla copertina del suo primo lavoro, intitolato  appunto "Tracy Chapman"...  Non si trattava di una vecchia foto, ma di un suo ritratto in sepia assolutamente recente: ne ebbi conferma assistendo ad un suo concerto, poco tempo dopo, sulla spianata della Chiesa di S. Margherita di Cortona - AR . Figuracce di gioventù, cavolate espresse con leggerezza per riempire i troppi vuoti di silenzio di una trasmissione radiofonica pomeridiana. Cercai di perdonare me stesso passando il più possibile quel disco con i pezzi che diventavano via pia più noti al grande pubblico: "Talkin' bout a revolution", Baby can I hold you", "She's got the ticket" e gli altri, la cui notorietà credo adesso di confondere con i miei ricordi personali.
Le mie emozioni personali invece: non posso negare che a quel primo disco sia legata una delle storie sentimentali più intense e importanti della mia vita. Ed una delle considerazioni più razziste e feroci che abbia mai sentito uscire dalla bocca dei miei nipoti. E' per questo che conosco ogni parola di molte delle canzoni contenute. Ieri sera una cara amica mi ha chiesto se avevo studiato vedendomi cantare in contemporanea: no, bastava lasciar volare libera la memoria.

Ieri sera il repertorio è stato un misto di nuovo - l'ultimo cd è uscito nel 2008 -  ed estremamente famoso, dal passato dei suoi 8 album pubblicati.
E' comunque emozionante sentire la sua voce piena, che col passare degli anni ha acquistato una chiarezza di pronuncia sconosciuta all'inizio della carriera, uscire e riempire l'aria.
Emozionante ascoltare una musica semplice, chiara, acustica, resa con vigore, rigore ed energia da tutta la band.
Emozionante vedere chi ballava al ritmo dei successi incontestabili e delle canzono spaccacuore ma non melense.

Certo per chi non la conosceva e si fosse avventurato fino in cima alla città con l'aspettativa di uno spettacolo tutto glittering la delusione deve essere stata grande: uno degli appuntamenti con Paris Hilton su MTV potrà servire da consolazione.
Si consoli comunque con il prezzo misero del biglietto: 12 euro se comprato in loco. Se penso che la soddisfazione di vedere Rettore mi è costata 50 centesimi un più...

martedì 21 luglio 2009

HAS BEEN

Andare a vedere un concerto con una diva passata o futura della musica nazionale, lo sento quasi un must: quelle presenti non mi danno stimoli, ci vanno tutti! Specialmente se il posto designato per l'esibizione è una sagra paesana, con tanto di orchestrine che nei giorni precedenti hanno strimpellato tempi da ballabili da balera.
Ecco quindi che con questa filosofia non mi sono perso le cantate di Orietta Berti, Iva Zanicchi, Marcella e Gianni Bella. Adesso era la volta di Rettore - la Donatella che non c'è - a Ruscello, Ar. Chiunque non la conoscesse basta che immetta il nome nel motore di ricerca di You Tube e capisce chi e cosa intendo.
Accompagnato da un intenditore della cantantessa, un fan di vecchia data che ancora naviga nei blog, nei fan club a lei dedicati, un collezionista dei suoi album che si dichiara però ormai distaccato dal fenomeno, parto alla volta dell'amena località a me nota per un portentoso "sugo d'ocio" che accompagna le tagliatelle servite durante la festa, armato di tanta buona volontà e di una spessa felpa. Il freddo che sentirò mi darà ragione.

Lo spettacolo comincia con una cantantessa dalla voce strepitosa che riscalda l'atmosfera, in vero in po' moscia delle prime file, dove i tavolini per assistere al concerto costano 30 euro per quattro persone. La bottiglia di spumante dolce è compresa. Più dietro si sta seduti per cinque euro; fuori, appoggiati alle recinzioni, gratis. E' brava la supporter, per me canta due delle cinque canzoni concessele in play back, e con fare pomposo alla fine annuncia l'arrivo sul palco della vera protagonista della serata: Rettore!!!!!
Arriva e canta, a volte dal vivo, a volte si ha la netta sensazione che la parte vocale sia resa dai nastri, anche se la musica è dal vivo. Non sono l'unico a pensarla così.
E' molto bella da lontano, un miracolo della natura o della mano dell'uomo, ma bella. Occhi semi chiusi, come da un eccesso di tiraggio. Magra come un chiodo, zompetta incerta sui ritmi che tutti gli spettatori conoscono e che cantano con lei. I vari gruppi dei Fan club, riuniti in prima fila ascoltano, canticchiano, riprendono l'esibizione con videocamere. La cosa incredibile è che non si rivolgano la parola tra di loro, neppure uno sguardo. Il mio esperto accompagnatore dice che non si sopportano l'un l'altro. C'è sempre chi si ritiene più figlio prediletto dell'altro.

L'atmosfra si scalda quando partono canzoni come "Kobra", "Lamette", che costringono la gente ad alzarsi e a scatenarsi in un tripudio di danze sotto il palco. Lo scorno per chi ha pagato il tavolo per godersi lo spettacolo in prima fila comodamente seduto è grande: quella gente in piedi costringe anche loro ad alzarsi se vogliono godere della parte visiva dello show. Tutti cantano, tutti sanno le parole delle canzoni, come si può sentire quando Rettore passa il microfono alle masse scatenate che tendono le mani per salutare e toccare la cantantessa. Lei adesso salta sicura, dal primo cambio ha notevolmente diminuito i centimetri dei tacchi.
Ho perso nel frattempo il mio amico che si era avvicinato per fare delle foto, e che viene risucchiato della folla verso il proscenio. Ad un tratto le sento cantare al microfono, capisco che c'è ancora e che è salvo... Non lo vedo ma ne ho la prova.

Insomma, un ora e mazza di musica e canzoni, due lunghissimi ed inutili cambi d'abito, discorsi fatti al microfono assolutamente imbarazzanti: possibile che tutti gli artisti sentano la Toscana, anche il posto più sconosciuto, come la loro seconda patria? Non parliamo poi della finta cadenza fiorentina utilizzata dalla signora che rasenta il lecchinaggio e il ridicolo per pronunce forzate e inattendibili. Urla che ci ama, che è la mamma rock di tutti gli italiani; dice qualcosa su Madonna che non capisco, e che in tempi remoti ha accusato di copiarla... No comment.
Ma le canzoni fanno irrimediabilmente parte della mia adolescenza, quindi posso dire di averle cantate tutte. Le so tutte!

Ho saldato un debito d'onore contratto tanti anni fa, era il 1979, quando lei stava facendo il botto per diventare un fenomeno che non è durato a lungo, alla stazione di Firenze SMN. La incontrai lì, con il fidanzato batterista, adesso marito Claudio Rego, dopo aver preso un caffè. Vestita come una rocker, o almeno come lei pensava si vestissero le stelle della musica, cioè conciata da paura, e la fermai per farci due chiacchiere. Le dissi che avevo il suo disco, ma mentii spudoratamente. Le dissi che le canzoni mi piacevano tutte, ma non le avevo ascoltate, a parte il titolo di testa che tirava il disco: "Splendido Splendente". Le feci i complimenti e quelli erano sinceri. Non so se mi fece l'autografo, certo se me lo fece ora non ce l'ho più. 

Il giorno dopo a casa comperai il disco e davvero mi piacque: era, anzi è ancora rosso intenso, invece del classico nero degli LP. Lo trovavo già allora un po' squinternato, ma nella totalità era gradevole all'ascolto. Una bugia era rimediata. 
Per quello che mi riguardava, la canzone più bella era "Divino Divina" e sabato sera non l'ha cantata. Via due.
Tre - al concerto sono stato ma non ho avuto la possibilità di chiederle l'autografo.
Molto più morigerato e vergognoso dei fans che l'hanno assalita anche mentre condiva su un vassoio d'acciaio l'insalata della sua cena - ora capisco perché è così magra - ho atteso pazientemente che dopo il concerto finisse di nutrirsi: mi aspettavo almeno una foto insieme. Invece, tra barzellette sconce del divo locale, un signore che interpreta un contadino grave che viaggia con un ocio sotto il braccio, il cui nome è Pier Silvio, dell'ocio intendo; tra la giusta lentezza di una cena dopo il lavoro, tra il freddo e l'umido che erano calati sulla festa e non consentivano riparo, io e il mio amico ce ne siamo andati via dopo una lunga attesa. Tra l'altro le barzellette che sentivamo erano agghiaccianti, e non potevo credere alle mie orecchie quando il signore si è dato alla descrizione di pratiche erotiche numerali... C'era davvero bisogno di altro imbarazzo? Il completo di pelle pantalone extra corto, giacchino borchiato color giallo canarino indossato come secondo cambio di scena, non era abbastanza?

Insomma prendiamo la macchina, accendiamo il riscaldamento al massimo per scoprire una volta usciti dal parcheggio ormai deserto, che lei si era alzata da tavola subito dopo e che le macchine che ci precedevano di pochi metri erano occupate da Rettore e dalla band. L'abbiamo seguita per un po', ma non dirigeva verso nessuno degli hotel cittadini. All'imbocco della strada Casentinese abbiamo mollato l'osso.
L'autografo sarà per la prossima volta. Lo prometto.


PS: ocio=maschio dell'oca


W. H. AUDEN


IX


Stop all the clocks, cut off the telephone,
Prevent the dog from barking with a juicy bone,
Silence the pianos and with a muffled drum
Bring out the coffin, let the mourners come.

.......


He was my North, my South, my East and West,
My working week and Sunday rest,
My moon, my midnight, my talk, my song;
I thought my love would last for ever: I was wrong.

The stars are not wanted now: put out every one;
Pack up the moon and dismantle the sun;
Pour away the ocean and sweep up the wood;
For nothing now can ever come to any good.

Aprile 1936, 

UNA RUOTA DELLE OPPORTUNITA'

Avete mai provato ad usare uno del tasti che stanno sulla barra degli strumenti nei blog di "Blogger"?
Alzando gli occhi sullo schermo stanno in alto a sinistra. Uno di questi, l'ultimo, il più centrale è "post successivo", e ad attivarlo ti scaraventa in un mondo elettronico così variopinto e variegato che non si può immaginare senza una prova.
Per farlo in diretta apritevi un nuovo pannello della schermata di internet, richiamateci un blog che conoscete, anche questo va bene, e cliccate senza paura.
Prima di tutto non sai mai dove vai a finire: i blog successivi variano, cioè non sono mai lo stesso. Non so se sia dovuto al fatto che le pagine dormienti vengono cancellate o se il successivo è in qualche modo correlato ad un qualche aggiornamento degli stessi. Fatto sta che se aprite un terzo pannello di internet e partite dallo stesso blog, non avrete mai la stessa pagina a seguire.
Adesso per esempio, successivi alla mia pagina, ci sono un blog comunitario che non ci ho capito assolutamente nulla, ma ci sono immagini di imbottiture di reggiseni, la cui didascalia chiede se gli uomini sono davvero così "demanding"; segue un altro in cui si dichiara che "non posso portarlo a casa tua", - ma che? - scorrendo ancora un genio della computer grafica mostra le sue costruzioni 3D.
Torno al mio blog ricaricando la mia pagina per segnalarvi i link, clicco nuovamente su "Blog successivo" ed è tutto scomparso: stavolta segue il mio un blog in lingua araba...., spingo ancora, appare un gruppo di maschi "manzi" che si dichiara "futbal cubano"- però che sorprese...-  a seguire "ilustracion" con bei disegni, una pagina che vende pelletteria, un'altra macchinari per industrie, Gingerpixels con le sue illustrazioni e la sua vita trasformata da suonatrice di piano a disegnatrice. Infine cinema e novità sul grande schermo mi bloccano la strada: i creatori del blog hanno rimosso il pulsante dalla barra del loro sito quindi il viaggio si interrompe.
Potrei ricominciare, ma è ora di pranzo. Certo è che questa scoperta mi entusiasma. Con un semplice bottone mi lancio, mi inserisco in una ruota delle opportunità, che forse, ripeto forse, mi mette in contatto con realtà sconosciute, apre spot su mondi vissuti in maniera differente dal mio.
Carino. Alternativo al semplice sfogliare pagine sempre uguali ogni giorno. Per riemergere dalla noia delle solite schermate.
Provare per credere. Diceva quel signore in tv.

mercoledì 15 luglio 2009

SEMINA


Lo so che non si dice e non si fa. Lo so che dovrei già essere a letto. Lo so che la vita riserva sempre delle sorprese. Anche bune, per carità.
Ma stasera ho sassolino dalla scarpa (ahi!), che mi fa tanto tanto male (ahi!), batto il piede in giù, batto il piede in su, giro, mi rigiro sembro Belzebù. E allora me lo tolgo.

Mi chiama una delle mie più care amiche e mi dice che l'hanno appena licenziata. Con una mail. Oddio, sempre meglio che con un sms...
La voce è rotta, affaticata da quest'ultima preoccupazione che va ad aggiungersi ad un periodo non dei più semplici. Ha un suono un po' preoccupato, un po' stupito. Lievi accenni di rabbia, contenuti dalla buona educazione impressa nel DNA.
In un attimo ho rivisto la mia stessa situazione, che del resto ancora vivo: altrimenti perché questo blog si chiamerebbe così?
Rivivo la delusione di una vita votata al lavoro fatto bene, con cedimenti umani, ma sempre contenuti dalla capacità di attingere ad energie coltivate dalla dignità di chi lavora "in un certo modo". Rivivo la sorpresa della lettura di una e-mail che cambia inesorabilmente la tua vita e che non sempre ti da lo spirito dell'avventuriero alla conquista dei galeoni carichi dell'oro spagnuolo: piuttosto ti fa l'effetto contrario. Rivivo la coscienza di aver dato tanto e il sapore della delusione che sale dal basso come un temibile effluvio. Rivivo la rabbia - lo so la rabbia è un sentimento inelegante, ma io ce l'ho, sarà che son cafone! - che non ribolle, acceca e stende come una cura da cavallo per combattere un raffreddore. E rivivo la solidarietà che avrei voluto trovare e non ho trovato. 
Non so neppure se sono riuscito io stesso a trasmetterla con le stupide parole che mi venivano in mente.
Però dico, che fregatura essere accumunati anche da una sfiga, oltre che da idee e passioni.

Ma mentre ascoltavo le sue parole mi saliva dal basso, insieme alla delusione, la rabbia, la paura una canzoncina che ho ascoltato in Canada dal CD di mio cognato. No, non è un successo da Hit Parade, non è un brano da cantautore impegnato. E' un brano della tradizione Toscana, della sua musica contadina.
Qui la raffinatezza non c'è. Se non una qualche traccia nella sequenza di parole che colpisce l'ascoltatore di sorpresa. Soprattutto l'ascoltatore non Toscano, quindi poco uso alla nostra trivialità, popolarità che scaturisce in stornelli e barzellette, non propriamente da raccontare in Canonica. Anche quello che sa che nella musica popolare le parafrasi sono ridottissime di numero e potenza ha un secondo di interdizione. Ma rende l'idea. E in più colloca il risentimento ad un livello più alto. Sfoga questo fiume di detriti che vanno depositati in cambio del mantenimento della salute del soggetto che li cela dentro di se'. Provoca la catarsi senza bisogno del coro da tragedia.
In poche parole SANA - voce del verbo-.
La trascrivo, vorrete scusare le eventuali inesattezze che in verità saranno poche. E la dedico di cuore ai miei ex datori di lavoro e a quelli della mia amica. Insomma, agli stupidi che non sanno vedere la pochezza di chi si tengono stretto, e l'abbondanza di chi allontanano.
Non serve a nulla, ma almeno scarica e crea il mio personale delta. E ora che ci vadano a cercar anguille!


"HO SEMINATO UN CAMPO D'ACCIDENTI
SE LA STAGIONE ME LI TIRA AVANTI
CE N'HO PER TE E TUTTI I TU' PARENTI"

lunedì 13 luglio 2009

SCAMBIO DI SGUARDI

Prima di rimettermi a studiare, e LO DEVO FARE, provo a buttare giù qualche riga, avvalendomi del pensiero di Ignominia che dichiara che anche nella scrittura "l'appetito vien mangiando".
Avete presente quando ad un certo punto il cervello si resetta, le idee non fluiscono più e il vivere minuto per minuto, senza programmazione alcuna, è l'unica cosa che si riesce a fare? Credo che capiti a tutti prima o poi, a me è capitato un paio di giorni fa. C'è un motivo, un fattore scatenante naturalmente, un interruttore che ad un certo punto viene spostato su off(inito) - la difficoltà sta nel riuscire a trovare la voglia di rimetterlo su on(iziato) -. Migliore esempio di quest'ultimo è la funzione salvavita nel pannello di controllo elettrico: prima che si bruci l'intero cordame di cavi è meglio lasciare tutti al buio. Per la persona comune, o almeno per QUESTA persona comune, l'azione salvavita viene svolta da lunghi periodi di nero pece che mi lasciano inebetito e passivo.
So che non devo forzare in qui momenti: l'attività riprenderà da sola quando le emozioni si saranno raffreddate e il circuito non sarà più in pericolo.
Così ho spento il computer, non ho cercato nessuno, non ho controllato la posta.
Così mi sono sentito in questi due giorni passati, e neppure la scrittura che di per se PRETENDE che le idee ci siano, o almeno fluiscano, è riuscita a rimuovere il blocco. Amo le parole, ma occorre che almeno a se stesse, al loro significato siano collegate, per osare sfruttarne le assonanze. Ecco perché non ho postato.
Ero adagiato in una morbida sensazione di nero, di vuoto impertinente che ridacchia di chi la subisce. La sola certezza è che c'è il nulla dentro la tua testa. I pochi pensieri che spaziano sono lontani tra loro e seguono orbite a spirale che non fanno che allontanarli ancora di più l'uno dall'altro. In due parole: il panico.
Non me la sto tirando da colui che ha pensieri per ogni occasione, sublimi afflati di tensione elettrica del cervello, neuroni in buoni rapporti di vicinato che non fanno che ricordare e rielaborare parole, idee, discorsi altrui. E non voglio neppure pensare che ci sia qualcuno che muoia dalla voglia di sentire le parole che scaturiscono dalla mia personale tempesta elettrica: i miei sono solo pensieri normali.
E' che invece, spaventa me questo vuoto. Non mi è comune.

Ma tutto passa e scarico dal mio personale disco rigido l'unica cosa per la quale avrei voluto postare in questi giorni: Obama e Signora in Vaticano. Era appena finito il G8: Obama era in partenza per l'Africa, i Francesi si scandalizzavano per l'inutilità di quella riunione, gli Inglesi un po' di meno.
Guardo la tv e vedo l'incontro con il Papa: il Presidente e la First Lady sono in nero, belli, eleganti, sorridenti; lei ha educatamente coperto la testa in segno di rispetto. Il Santo Padre invece è tutto un rigoglio di rossi e bianchi, teli e merletti, coperto da così tanti strati di abiti, che un ometto mingherlino come Benedetto XVI, finisce per apparire un appesantito signore della terza età. Un Papa Giovanni XXIII, piuttosto che un Paolo VI per intenderci.
E mentre le immagini scorrono, e non preannunciano niente di eccezionale, tra l'altro le seguo senza audio per evitare di dover ascoltare le minchiate dei commenti, c'è un moneto in cui osservo uno sguardo che la coppia presidenziale si scambia. E che c'è di strano!? Sono marito e moglie, si potranno pur guardare, no?
No, non è la presenza dello sguardo che mi imbarazza o sorprende. Ma il contenuto complice di quell'occhiata. 
Prendete l'uomo e la donna che con la loro sola presenza hanno cambiato in maniera indelebile la storia del più potente e influente Paese del mondo. Prendete due giovano genitori, che hanno sempre lavorato, che conoscono questo tempo come le loro tasche (se non fosse così Mr. Obama non sarebbe mai arrivato dov'è). Due esseri umani intelligenti, colti, affascinanti, svegli, e soprattutto belli. Bene, prendete questi due e metteteli nel coup de théatre, nella scenografia rinascimentale, in alcuni punti barocca che il Papa ha preparato per loro nel Palazzo Apostolico. Fategli vedere che c'è ancora qualcuno che per riceverli si veste come in un ritratto di Raffaello, fagli vedere che la guardia d'onore lavora ancora con l'elmo, fategli scoprire che nell'attesa il Papa si è seduto sul suo TRONO. Fate fare a questi due, insomma, un viaggio nel tempo di qualche centinaio di anni. Come in un'attrazione di Disneyworld.
Non era possibile che non ci fosse una reazione. Altrimenti avremmo dovuto constatare che non avevano colto il senso del ridicolo di quella situazione. No, scusate, non della situazione, ma della scena.
Ecco allora che agli occhi miei, i due si riabilitano scambiandosi uno sguardo ironico d'intesa. Come a volersi comunicare: "Ma dove siamo finiti? Non azzardarti a ridere, altrimenti esplodo anche io". Una supplica, ecco.
Come una vera coppia, i due complici si sono dati manforte e gli strumenti per superare con decoro, la ridicola parata di un Regno che fu, che era loro stata preparata.
Questa è classe, questa è l'eleganza innata.

mercoledì 8 luglio 2009

YES WE CAMP



Stavo per mettermi a pulire le ultime due persiane rimaste luride dall'inverno, e quando dico luride intendo MOLTO LURIDE, un po' per unificare l'aspetto esterno della casa, un po' per fare un del sano movimento, un po' perché non so che fare, quando ho deciso di dare un'occhiata alla posta e alla stampa via computer. Questo attrezzo magnifico, "ce truc" direbbero i francesi, non passa mai inosservato.
Apro il sito de "La Repubblica" e ci trovo questo
Davvero quando c'è lo scontento, puoi fare tutti cordoni che vuoi, dipingere dei colori dell'arcobaleno le zone intorno al quella sensibile, ma alla fine da qualche parte salta fuori.
YES WE CAMP, dicono le lettere adagiate sul pendio. Un grido fatto forse di lenzuola, che non può passare inosservato. A nessuno può sfuggirne il significato, quindi è inutile mettersi a disquisire sui perché e i percome.
Forse, nel tripudio dell'informazione che ci viene data sul dopo terremoto, qualcosa è sfuggito al commentatore. Forse, e dico forse, la vita, le condizioni e le speranze di chi vive da tempo sotto una tenda, sono diverse da quelle che ci vengono riportate. Forse le rassicurazioni non sono pari alle aspettative, o ancora, le rassicurazioni cozzano con la realtà dei fatti.
Comunque, chi ha pensato alla scritta è dotato di un tale senso dell'umorismo che una medaglia la meriterebbe. Battuti dal maglio delle scosse Mercalli sì, ma non piegati.


Portato al Patty dall'elettrauto. La Patty è la mia auto, era cieca da un occhio, forse la cataratta, vista l'età. Invece aveva un cosetta da niente, da soli cinque euro (naturalmente senza scontrino). Mentre il signore lavorava e non rispondeva alle mie domande, mi sono accorto che mancava il liquido del radiatore. Finita l'operazione al faro sono corso all'Iper per procurarmi un po' di liquido. Ce ne ho messo troppo, quasi debordava, ben oltre il limite massimo...
Cosa ho fatto? Ho tappato il condotto e ho fatto finta di niente. Del resto mica potevo rovesciare la macchina per togliere il di più!
Qualcuno sa cosa cosa rischio? Solo notizie liete, grazie. Se si tratta di un'esplosione tenetevela per voi.


Oggi Carlo fa le bizze e il fracasso delle sue grida di neonato sale su dal pozzo di aerazione del palazzo accanto al mio. A nulla valgono le canzoni della madre per farlo tacere. La signora improvvisa icone della musica leggera quali: "Con un poco di zucchero", "Ci vuole un fiore". Ma non sa le parole!!!!!!!!!!! 
Secondo me Carlo continua a piangere per protesta.

PUBBLICO PERCHé MI FA TROPPO RIDERE

DA "COME UNA TIGRE DI CARTA", altro blog da seguire

Giampino sei ancora sveglio e al computer? 
correggi prima che ti veda il resto del mondo: è Jet Lag  perchè non si riferisce alla gamba del Jet bensì al Lagging behind del ritmo circadicohttp://www.wordreference.com/enit/lag vedi qui che Lag è un restare indietro un ritardare....:-) RImarrà un segreto fra noi...

TI mando un Tylenol PM per dormire ! Tesoro mio bisogna drogarci non ce molto da fare altrimenti ti dura un casino. Con una pillolina per sera in 3 notti sei tornato umano, con l'altro sistema ci vogliono 10 giorni.  PErò se trovi da meditare e scrivere i blog quando ti alzi alle ore immonde va bene cosìm no?

ti commento domani sul MJ memorial sono daccordissimo e rompe anche a me il parlarsi addosso tronfio (Perchè tanto gli antri non capiscono....tanto vale che ce lo facciamo annoi il soudetrackke!) dei nostri presentatori, comunque le menate che raccontano quelli che hanno avuto "il privilegio" di conoscerlo di persona, non sono da meno. Questi fenomeni li guardo con occhio critico, forse perchè lo spettacolo non mi ha mai affascinato un granchè...

JET LAG




In una serata strana, nella quale non riesco a decidere che cosa fare, come provare a superare questo fuso infame che mi sta spezzettando le notti e uccidendo i pensieri, accendo la tv e 
naturalmente finisco fagocitato dalle immagi del Memorial di Michael Jackson trasmesse da Los Angeles, riemesse da Italia 1. Che trasmissione noiosa! Le traduzioni e i commenti in studio sovrastano le parole di chi è salito sul palco dello Staples di L.A. per raccontare un po' della sua vita col mito.  Soprattutto se i volti che parlano non sono famosi in Italia. Quindi mentre si ascolta la traduzione incerta delle parole di Brooke Shields in doveroso silenzio, si fa un doveroso casino sopra le parole della delegata del Congresso, venuta lì a porgere il cordoglio di quella Nazione. Che pena. Come se le chiacchiere fatte in studio fossero più interessanti. 
Parlano così tanto impedendo di ascoltare che alla fine giro su MTv, dove il tributo al Re del Pop è una serie di video, interviste, brani televisivi, tanta musica e, soprattutto, dove le traduzioni hanno la decenza di scorrere alla base del video.
Resto stupito. Quante note ascolto che conoscevo bene, quante ne ho passate per radio a Radio Effe; quante volte ho visto quei videoclip tappezzati di celebrità e quanto mi sono piaciuti. Incredibile la quantità del mio tempo che ho passato con la sua musica. Me ne accorgo solo ora che tutto viene concentrato in pochi minuti di televisione a ripercorrere una carriera, quando nello scorrere degli anni vissuti tutto sembrava dilatato, staccato - nel senso di non continuo - tanto da non apparire così frequente e di peso. 
Adieu.


Disincronosi Circadiana - Descrizione della notte appena trascorsa: a nanna alle 23, addormentato alle 24, sveglia all'1 e 45, letto "Emma" fino alla 4, mangiato qualche fetta di melone alle 4 e 30, poi sonno fino alle 8 per la prima sveglia, riaddormentato fino alle 9 per la seconda sveglia. Se continua così mi trovate sotto un treno la prossima settimana! 
Mai avute tante difficoltà a rientrare nel fuso orario giusto. Sarà che prima non perdevo mai il mio. Sta a vedere che la devo farla finita con gli omeopatici che aiutano il sonno e per riprendermi devo farmi drogare dalla farmacopea del mio medico curante. Per ora resisto, non mi piace l'allopatia, ma se continua così, sarò costretto a cedere.
Per cercare di stancarmi ho pulito le persiane di casa: lavoraccio. Soffro di vertigini ma soffro ancora di più a vedere qualcun altro che si arrampica sul davanzale. Mi si bloccano addirittura le mani... Quindi faccio da me, che è meglio.
Se domani continua mi guardo "Lost in Translation" e potrò gridare:"AMICO!!!!".


Ieri con Niki visitata interessante mostra fotografica organizzata con materiale proveniente dalle mitiche Polaroid. E' a Bibbiena - Ar- e si dipana nella vecchia prigione cittadina, tra corridoi e celle. Alcuni pezzi interessanti, compresi quelli della mia accompagnatrice - complimenti - altri decisamente noiosi, soprattutto le istantanee di corpo nudi. L'osservazione della mia amica che è molto più facile fare una bella foto ad un bel corpo, che rendere bello un pomodoro marcio, non fa una piega. Sorprendente la qualità della grana degli ingrandimenti dalle minuscole foto autosviluppanti. Per chi come me pensava che fossero di bassa qualità... 
Al ritorno conosciuta la mitica Titina del blog "Come una tigre di carta". Una pizza ci attende a fine mese.

Per finire copio una frase da "Emma", di J. Austen, capitolo 39, che mi piace così tanto da averla pubblicata anche sul profilo di Facebook: "tutti e tre si riunirono presto nell'atrio, e Harriet, crollando immediatamente su una poltrona, si affrettò a svenire".

venerdì 3 luglio 2009

BUONGIORNO


Sì, lo ammetto, mi mancavano.
Dopo la pochissima televisione di questi giorni trascorsi in viaggio, riaccenderla qui, anche solo per vedermi Blog, Agro Dolce, La Signora in Giallo e le altre cose che cerco, la mia scorpacciata di tette e culi me la sono già fatta.
Rigenerato dalla totale mancanza del corpo fisico che si avverte nelle pubblicità d'oltreoceano, dalla ricerca della battuta per la risata, dell'espressione buffa piuttosto che della seduzione, mi sono ritrovato immischiato fino al collo in collosi montarozzi di carne più o meno coperti, scodellati a tutte le ore. Ne ho già visti abbastanza fino ad un altra partenza che spero prossima. Culi e tette necessari anche per vendere un tonno inscatolato, yogurt, gelati, assorbenti igienici? Quando li scodelleranno per la linea dei 4saltiinpadella, avremo grattato il fondo. Che gran noia.
Oppure c'è il politicamente scorretto. Quello dell'atra, quella nuova, con la famiglia che sta pazientemente in coda davanti al frigorifero spalancato per scegliere il gusto dello yogurt in piena estate... Ma la porta del frigo, non deve stare chiusa il più possibile? Si può fare ancora una pubblicità che mostra l'allegria dello spreco energetico? A quanto pare sì. Io li punirei con il mancato successo della stessa, ma sono più che certo che l'ho notato solo io e pochi altri.
Lo so, sono un rompiscatole, ma visto che il problema degli sprechi rimena, quello dell'approvvigionamento dell'elettricità resta, quello dell'ignoranza delle abitudini marce ancora sta lì, forse questi grandi geni che scrivono i copioni per gli spot, quelli che se la tirano da matti perché: "sono un pubblicitario", dovrebbero essere un po' più responsabili di quello che mostrano in tv. Il frigo VA TENUTO CHIUSO! Capito? Si prende quello che serve e poi un bel colpo alla porta e tanti saluti.

Comunque buongiorno. Non ho avuto un attacco di pierinismo di prima mattina. Mi sto solo facendo forza per trovare il coraggio di uscire. Troppo caldo. Ma a meno che non mi voti al digiuno purificante, mi tocca farlo. Il frigo è vuoto, mannaggia.


giovedì 2 luglio 2009

OUI, JE SUIS ARRIVé

Tornato in Italia vengo accolto da:
1- un aeroporto sporco, ma sporco da vergogna, soffocante e che porge il peggiore dei benvenuti a chi viene in Italia;
2- un "porco dd@@", di due addetti ai bagagli che parlano animatamente tra loro;
3- un annuncio che comunica che il trattato di Shengen è stato sospeso per i lavori del G8, e che quindi sono stati ristabiliti i controlli alle frontiere, detto in un inglese che "manco Alberto Sordi";
3- dall'estate che è scoppiata monotona, sempre uguale, accasciandosi sulle temperature e sulle copertine delle riviste in vendita in edicola.
Anzi, sempre uguale no. A parte le varie copertine dedicate a Michael Jackson che stampano foto di così tanti anni fa da renderlo irriconoscibile a chi ne conosceva solo l'immagine di oggi, questa tragedia è successa adesso e non si potrà ripetere, le altre sono improntate sui corpi più o meno belli delle stars nostrane che sono al mare. Per me ci vanno per farsi fare il book fotografico. E chi li conosce? Per uno che sta fuori dai circuiti televisivi di questa bruttissima televisione, riuscire a capire che siano questi sorridenti giovani dai nomi banali e sconosciuti, è quasi come vincere un terno al lotto. 
Esco dall'aeroporto e mi fumo la meritata sigaretta dopo una notte insonne. Non dormo in aereo, non ce la faccio e non ce l'ho fatta mai, quanto meno da passeggero. Mi sono finito di vedere "Shall we dansu", e l'ho trovato delizioso e decisamente più divertente della copia americana, ma non mi conciliato il sonno.
Sono così stanco che non ho neppure fame, mi avvio verso la stazione e mi imbarco su un lungo treno verso casa.


Adesso ci sono dentro e questo è buono. 
Oddio.... Che sia tanto buono non so, ma per ora ci sono e vediamo che cosa riserva il futuro. Tutt'al più chiederò anche io di poter fare la Velona - velina passata d'età - e questo avrà di buono che mi costringerà a mettermi a dieta.
Di trasferimenti ancora non si può parlare: la crisi economica mondiale creata da sti geniali banchieri provoca licenziamenti dappertutto, quindi non è neppure il momento di cambiare aria. Poi vedremo.


Fino al mio rientro al lavoro mi godrò l'estate - chissà se anche altre stagioni? - mostrando le chiappe al mare, sperando che qualcuno mi ci porti.


In chiusura una lode ed un ringraziamento alla mia valigia trolley, quella nera grande, che già in precario stato di salute alla partenza, ha saputo resistere e mantenere altro il suo orgoglio, fino al mio arrivo a casa. Dopo mesi di avanti e dietro per lavoro, durante i quali nessuna perdita di cerniera - zip - le era stata evitata; e dopo questo viaggio per il quale era partita in non già perfette condizioni psico-fisiche, ieri, a cento metri da casa, ha perso definitivamente e irrimediabilmente una delle due ruote. Oggi verrà salutata per l'ultima volta mentre il camion dell'immondizia se la porta via. In verità durante il viaggio, a Lethbidge per la precisione, ne avevo cercato e trovato la sostituta: praticamente identica, con un marchio più prestigioso, ammiccava dallo scaffale dei sessanta dollari, prezzo strepitoso per quella dimensione e apparente qualità. Ma non ho avuto il coraggio di farlo. La trolley, che stranamente per me che do nomi a tutti gli oggetti non ne aveva uno suo, era partita con me e sarebbe tornata con me.
Trascinata quindi a viva forza per gli ultimi metri, l'ho tirata su per le scale e svuotata.
A me quando butto una valigia prende la sindrome da segugio: sono assalito dalla paura di lasciarci qualcosa dentro di estremamente importante. Mi viene la certezza di averci nascosto qualcosa di così importante, che lo devo trovare a tutti i costi. Così la giro e la rigiro frugando in ogni tasca, sollevandone addirittura la fodera. Di solito non salta fuori nulla, ma questa ricerca, questo cavity check, serve a me da rassicurazione. Costretti a scegliere, della vita e meglio dar via il contenitore, non il contenuto.